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LAICITÀ
che forse troppo “SANA” non sembra
di Marcello Vigli
Il crescendo in questi giorni del presenzialismo papale e la
durezza degli interventi della Curia e dell’Osservatore romano,
che l’hanno accompagnato, non hanno solo indignato i cittadini,
disorientati dall’accelerazione nella deriva confessionalistica
della vita sociale politica, e sconcertato i cattolici
conciliari, per la progressiva mondanizzazione dell’istituzione
ecclesiastica, ma stanno imponendo inquietanti interrogativi sul
salto di qualità nel rapporto stato chiesa in Italia di cui sono
espressione.
Se papa Benedetto, apparso timoroso e conciliante a Istanbul,
diventa tracotante e bellicoso a Roma dove evidentemente sa di
non trovare oppositori nei rappresentanti delle istituzioni
repubblicane. Debole con i forti si fa forte con i deboli, sa
che non solo non deve misurarsi con Cavour, ma neppure con il De
Gasperi oppositore di Pio XII.
Può permettersi di sentenziare: La ‘sana laicità’ comporta
che lo Stato non consideri la religione come un semplice
sentimento individuale, che si potrebbe confinare al solo ambito
privato. Al contrario, la religione, essendo anche organizzata
in strutture visibili, come avviene per la Chiesa, va
riconosciuta come presenza comunitaria pubblica. Legittima
con ciò quanto scrive l’Osservatore romano: Con l'annuncio
dell'impegno del Governo a produrre un disegno di legge sulle
unioni civili si è ribadito nuovamente il carattere ipocrita di
queste iniziative che mirano esclusivamente ad accreditare una
forma alternativa di famiglia.
Il giornale della Santa Sede non esprime solo un legittimo
dissenso nei confronti del voto parlamentare e dell’iniziativa
governativa, ma li delegittima e li contesta con un pesante
giudizio morale.
Per di più chiama in causa le pubbliche autorità per non aver
impedito lo spregevole volantinaggio che ha intercettato
il corteo papale diretto alla tradizionale manifestazione in
onore dell'Immacolata Concezione. Non avrebbero difeso
sufficientemente la persona del papa e la dignità di una
manifestazione esclusivamente religiosa da una legittima
manifestazione di dissenso che in Turchia ha avuto ben più
violenta manifestazione !
Queste affermazioni e questi comportamenti sono la conseguenza
dell’aberrante autoreferenzialità dell’integralismo cattolico,
ben sintetizzata nelle parole del papa che condannano senza
appello
“.. una visione a-religiosa della vita, del pensiero e della
morale: una visione, cioè, in cui non c'è posto per Dio, per un
Mistero che trascenda la pura ragione, per una legge morale di
valore assoluto, vigente in ogni tempo e in ogni situazione”.
Se così stanno le cose, di questa morale e di questo valore non
può che essere garante l’autorità ecclesiastica, magari insieme
alle altre autorità religiose, e di essi non possono che essere
simboli quelli religiosi primo fra tutti il crocefisso e, in
subordine, il presepe.
Non può che essere ovvia l’alleanza nella loro difesa con chi
blandisce tale autorità e difende tali simboli pur sfruttando il
prossimo, fabbricando armi, inquinando l’ambiente, speculando
sui farmaci, promuovendo consumi inutili e dannosi, soffocando
le voci critiche e diffondendo incultura e disinformazione.
Questa concezione impedisce al papa e ai cattolici di
selezionare chi persegue i loro stessi obiettivi di pace e di
giustizia: impone esclusioni, che indeboliscono la loro domanda
di giustizia e di pace, e non favorisce inclusioni che la
rafforzerebbero.
Scrive il papa nel suo messaggio per la Giornata mondiale della
pace 2007: "Per quanto concerne il diritto alla vita, è
doveroso denunciare lo scempio che di essa si fa nella nostra
società: accanto alle vittime dei conflitti armati, del
terrorismo e di svariate forme di violenza, ci sono le morti
silenziose provocate dalla fame, dall'aborto, dalla
sperimentazione sugli embrioni e dall'eutanasia. Come non vedere
in tutto questo un attentato alla pace? ".
Se i cristiani anziché seguire l’invito di Benedetto XVI ad
inventare una laicità “sana”, s’impegnassero a rinnovare quella
“autentica”, fondata sul riconoscimento dell’autonomia
dell’umano imparerebbero a cogliere le differenze, che
l’integralismo confessionale induce a nascondere, distinguendo
fra Bush, guerrafondaio di carriera e crociato antiabortista di
complemento, e chi nega i diritti dell’embrione, ma promuove la
pace.
Devono, perciò, convincersi che accettare la formula di Grozio
etsi deus non daretur non significa rinnegare la loro
fede nel Dio di Gesù, anzi li aiuta a vivere meglio il suo
messaggio. Facendosi uomo, calandosi cioè nella storia ha voluto
significare che i suoi seguaci devono coinvolgersi nei percorsi
degli uomini e delle donne non per imporre le loro idee, le loro
leggi, i loro valori in nome di Dio, ma per promuoverle alla
pari con gli altri in una “sana” dialettica democratica.
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