Il papa torna alla carica per addomesticare la laicità
dello Stato
di Maria Mantello
Il 9 dicembre, papa Ratzinger, in occasione del convegno dei giuristi
cattolici, è tornato a parlare di “sana laicità”. Una connotazione
aggettivale che nella Chiesa viene da lontano. Quando sani erano i
cristiani apostolici romani, e i non sani erano i dissidenti, gli
eretici, gli apostati. A cominciare dagli ebrei, che venivano visti come
propagatori di infezioni e pestilenze. E non solo nel lontano medioevo.
Per rinfrescare la memoria, basterebbe una consultazione degli scritti
antisemiti di Civiltà Cattolica a cavallo dell’800 e del ‘900. Dopo
gli ebrei, fu la volta dei catari, che addirittura ordivano alleanze con i
“perfidi ebrei”, come scriveva ad esempio papa Alessandro V intorno alla
metà del Trecento. Il gruppo dei “malati” si andò ingrossando con le
“streghe”: “le amanti di satana”. Poi arrivarono i protestanti. Poi i liberi
pensatori, i giacobini, i liberali, i massoni, i socialisti... Insomma tutti
coloro che dissentivano o rifiutavano il sistema ideologico ecclesiastico.
Oggi, per la Chiesa il pericolo è la visione laica del mondo nel suo
valore più alto di diritto-dovere per ciascuno di sperimentarsi e di
progettarsi liberamente, autonomamente e responsabilmente al di fuori di
appartenenze precostituite. Sul piano statale, questo significa autonomia da
ogni confessionalismo. Libero Stato in Libera Chiesa (chiese). E poiché il
processo di secolarizzazione e di laicizzazione è nei fatti, e con esso più
pressante l’esigenza di legislazioni conseguenti, la Chiesa cerca di
addomesticare la laicità per non perdere ulteriore terreno.
Così chiama i suoi fedeli a raccolta: “È compito, allora, di tutti i
credenti, in particolare dei credenti in Cristo, contribuire ad elaborare un
concetto di laicità che, da una parte, riconosca a Dio e alla sua legge
morale, a Cristo e alla sua Chiesa il posto che ad essi spetta nella vita
umana, individuale e sociale*”.
In verità, nello Stato Italiano la Chiesa non ha affatto un ruolo
secondario. Istituzioni ed iniziative ecclesiastiche possono trovare ampia
diffusione ed abbondante sostegno economico, grazie al Concordato e alla
miriade di leggi e leggine. La visibilità poi, non è certo occultata. Anzi,
spesso, è addirittura amplificata ed osannata in tanti servizi e programmi
delle reti televisive pubbliche. A lamentarsi semmai dovrebbero essere i
laicisti. Ma questi, oltre ad essere assai tolleranti, non hanno a
disposizione per le loro rimostranze altrettanti spazi e fondi. Ma il papa
sa bene che i laici (senza aggettivi) ci sono.
Così, vuole per la sua Chiesa sempre maggiore spazio: “lo Stato non
consideri la religione come un semplice sentimento individuale, che si
potrebbe confinare al solo ambito privato. Al contrario, la religione,
essendo anche organizzata in strutture visibili, come avviene per la Chiesa,
va riconosciuta come presenza comunitaria pubblica*”.
Il papa, riconosce tuttavia l’autonomia dello Stato (“realtà terrene*”),
ma precisa che non si può credere che “le cose create non dipendono da
Dio, e che l'uomo può disporne senza riferirle al Creatore*”.
Insomma, Istituzioni statali e Governi rientrando necessariamente nel
disegno provvidenziale divino, devono ascoltare la voce dell’interprete: “Non
si tratta, infatti, di indebita ingerenza della Chiesa nell'attività
legislativa, propria ed esclusiva dello Stato, ma dell'affermazione e della
difesa dei grandi valori che danno senso alla vita della persona e ne
salvaguardano la dignità. Questi valori, prima di essere cristiani, sono
umani, tali perciò da non lasciare indifferente e silenziosa la Chiesa, la
quale ha il dovere di proclamare con fermezza la verità sull'uomo e sul suo
destino*”.
Non è solo libertà di pensiero che il papa rivendica. Questo diritto,
conquistato dal laicismo, lo ha già. La Chiesa vuole piuttosto che
catechismo e legge statale coincidano.
Maria Mantello
* Ratzinger, udienza del 09.12.2006 ai
partecipanti al convegno dell’unione giuristi cattolici italiani "La laicità
e le laicità".