Filosofia e Spiritualità dello Stato Laico
di Luigi Lombardi Vallari
Distinguo una visione laica del mondo e una visione laica dello Stato,
tra loro indipendenti.
La prima si contrappone alle visioni del mondo
rivelate da una specifica religione, la seconda si contrappone alle
visioni dello Stato come ordinamento religiosamente integralista ed ha
due versioni: lo Stato laico-laicista, che impone ai cittadini una
visione del mondo laica; lo Stato laico-liberale, che non impone ai
cittadini una specifica religione e nemmeno una visione laica del mondo.
Lo Stato integralista e lo Stato laicista sono (in senso popperiano)
“chiusi”; lo Stato liberale si contrappone ad entrambi come “aperto”.
Il laico in quanto individuo sta con lo Stato nei seguenti due possibili
rapporti: è per lo Stato laicista (lo chiamerei “laico laicista”) o è
per lo Stato liberale (lo chiamerei “laico liberale”). L’uomo di
religione -preferisco questo termine a “credente”- sta con lo Stato nei
seguenti due possibili rapporti: è per lo Stato integralista (lo
chiamerei “integralista”) o è per lo Stato liberale (lo chiamerei “uomo
di religione liberale”). Come si vede, il laico può essere sia laicista
che liberale, l’uomo di religione può essere sia integralista che
liberale. Tra i laici e uomini di religione può esserci convivenza
armoniosa solo se entrambi sono liberali e solo in uno Stato liberale;
non se uno è laicista e l’altro integralista, non in uno
Stato laico-laicista o in uno Stato integralista. Tra i due uomini di
religione appartenenti a religioni diverse può esserci convivenza
armoniosa solo se entrambi sono liberali e solo in uno Stato liberale;
non se uno dei due vive in uno Stato integralista tributario
della religione dell’altro. Quindi possono esserci uomini di religione e
laici che vogliono lo stesso Stato, mentre possono esserci uomini di
religione che vogliono ognuno uno Stato inaccettabile per l’altro.
Tutti gli Stati che hanno ratificato il Patto ONU sui diritti civili e
politici del 1976 sono Stati laico-liberali; tutti hanno anche
Costituzioni laico-liberali, come quella indiana del 1948 o la ancora
in itinere Costituzione europea.
Io –cresciuto in una famiglia profondamente, pubblicamente cattolica-
ho da una quindicina d’anni una visione del mondo laica e da sempre,
come forse tutti nella mia famiglia, una visione dello Stato
laica-liberale. Vorrei spiegare meglio cosa intendo con visione laica
del mondo e quali possono essere gli argomenti filosofici a favore dello
Stato laico-liberale.
Il laico, per me, non è uno schierato, un militante; è uno realistico,
nel senso non riduttivo della parola. Il realismo intellettuale lo
obbliga, con forti argomenti, a giudicare inaffidabili le religioni sia
come fonti di notizie su stati di cose, sia come fonti di
valutazioni etiche; a non riconoscere loro autorità decisiva né in
campo logico ed ontologico, né in campo assiologico. Sui problemi ultimi
il laico non approda ad idee chiare e distinte, ma a quello che Bobbio
ha chiamato senso del mistero e che io preferisco chiamare apofatismo:
approda al koan, all’inecidibile/inspiegabile/irrapresentabile;
con Budda e con Kant. Questo non toglie nulla al suo amore per tutto il
reale e per tutto il possibile/inventabile. Il laico è un meravigliato e
un appassionato del mondo; ed è un intrinsecista, nel senso che vede le
cose nel valore loro proprio, non mutuato da uno dei sopramondi asseriti
e in esperimentabili, gigantescamente fantomatici, che proiettano le
religioni.
In quanto filosoficamente uomo dell’esperienza, il laico non si chiude
alle esperienze; si lascia prendere da quelle che io chiamo “le sorelle
maggiori dell’anima”, le supreme possibilità (e promesse) di incontro
col significativo. Si può parlare correttamente di spiritualità o di
mistica laica, da Wittgenstein o Musil, fino al raja yoga o al
tantrismo, da Lucrezio o Goethe o Leonardo fino a Messner o Nono o
Bruno. Io stesso mi etichetto sempre più volentieri “professore di
mistica laica”.
Come fondare lo Stato laico-liberale? La fondazione utilitaristica in
senso buono è evidente: ci si sta molto meglio. Ci puoi interagire
liberamente con persone diverse da te e quindi interessanti.
Ci puoi scambiare opinioni senza rischi di scomuniche o licenziamenti.
Ci puoi fare molto di più quello che ti pare e godertela vista di altri
che fanno altrettanto. Un animo nobilmente sensibile può sceglier come
fondazione la non violenza: è brutto esercitare violenza (fisica: rogo,
prigione; intellettuale: indottrinamento infantile, condizionamento;
economica) su esseri senzienti. Buona, ovviamente, ma forse tautologica,
la fondazione sui diritti umani. Qualcuno fonda la tolleranza sul
relativismo o sul noncognitivismo, come se riconoscere una verità forte
e certa rendesse per necessità logica intolleranti. Non credo. Il laico
non è un relativista, è sicuro del fatto suo; se non è laicista è perché
preferisce uno Stato della coscienza a uno Stato della verità. Più
precisamente, il sacro per lui non è solo , non è ancora la verità, è
l’incontro coscienza – verità. Ho detto incontro e non coincidenza:
non gli basta che un cervello umano coincida con, o contenga, la verità;
chiede la coscienza in senso pieno, duplice, come consapevolezza e come
convinzione, dunque come non socioculturalmente, forse addirittura come
non bio-algotmicamnte determinata. Quest’ultima è la scoperta
incandescente che mi sembra di avere fatto proprio oggi pensando al
problema: se il sacro, la cosa sacra, fosse la fattuale coincidenza con
il vero, l’uomo verrebbe pensato materialisticamente, o meglio
riduzionisticamente, come un robot. Ora, il laico sembrerebbe dover
essere quasi per definizione riduzionista se non addirittura
eliminativista, dover ridurre l’anima, e la stessa mente a software
cerebrale. E invece no. Il suo rispetto sacro per l’incontro
coscienza – verità, e comunque per la coscienza anche quando non
incontri la verità, questo principio supremo della “ragion pratica”
laica-liberale presuppone, sul piano della “ragione teoretica”, che
vengano realmente “visti”, con un’intelligenza cosciente, significati,
non solo riconosciuti (a livello di pattern recognition) significanti; e
presuppone non-determinismo, libertà. Preferire uno Stato della
coscienza ad uno Stato della verità è spaventosamente
spiritualistico. Lo Stato della verità, caro agli assolutismi religiosi,
presuppone una “ragione teoretica” materialista-riduzionista in
antropologia: basta la coincidenza/conformità. Allora, il laico è
spiritualista, e il papa no?. Sì. O almeno: se vogliamo, per motivo
storici, mantenere al papa la qualifica di spiritualista, dobbiamo dire
che come si può essere più realisti del re, così qualcuno –il laico
liberale- è più spiritualista del papa. Magari gli dispiace; ma lo è.