Una unitaria trama affabulatoria lega le poesie
di questa raccolta, che chiama ad una
riflessione etico-esistenziale, dove
l’assunzione della responsabilità assume il
carattere di ontologia possibile in un mondo
ipocrita e falsificato dalle scusanti mitiche
del teismo e dei suoi opportunisti teocrati.
Rosalba Sgroia invita ad aprire un varco nella
contiguità narcotizzante della
deresponsabilizzazione indotta dalle credenze
provvidenzialistiche. Vuole che finalmente
ognuno rompa il cerchio concluso dove domina il
nero assenso dell’acquiescenza collettiva. Un
assenso passivo, nero, senza la speranza della
luce che solo il sano dubbio porta, perchè
finalmente impone a ciascuno il coraggio di
pensare per costruire e progettare la propria
vita individuale per il valore che essa.
E perché ciò accada, Rosalba Sgroia invita a
dare foggia all’esplosione del libero
pensare, impugnando lo scalpello del
coraggio.
Un’esplosione di pensiero, dunque, contro la
comoda zona grigia del pensiero unico.
E la denuncia diviene ancora più forte di fronte
al chiaro disegno di pianificazione religiosa
fin dalla culla. Liberarsi dalle spire di chi
pretende di essere depositario di un Bene
Universale Eterno Assoluto, per riappropriarsi
del proprio sé, destrutturandoci per
strutturarci come possiamo e vogliamo,
finalmente liberi di poter essere nulla per
poter essere finalmente l’individuo unico che
vogliamo. E’ una riflessione al disincanto,
dunque, dove la verità si fa inganno,
e l’assoluto s’annienta …Verso la vita ritrovata.