Vivere in una dimensione religiosa è
garanzia di alta spiritualità? Molti lo
credono. Ma è proprio questa aspirazione a
costituire il formidabile limite per
l’estrinsecarsi della umana spiritualità.
L’aspirazione verso il divino, infatti,
pregiudica il pieno sviluppo dell’individuo,
che chiuso nel blocco psichico della sua
sacralità religiosa, non si rende conto di
quanto questa sia solo il frutto della
propria immaginazione.
Il Dio non è altro che una creazione umana,
dunque, una pura idea, oggettivazione della
speranza di trovare risposte alle paure,
alle ansie del vivere. Un dio che il
credente immagina Padre buono,
attribuendogli il ruolo di grande
consolatore che vede e provvede. Un
dio onnipotente, dunque, e quindi anche
dominatore, signore e padrone di chi a Lui
si affida.
Ed è proprio questa onnipotenza presupposta
a generare un sentimento di sudditanza e di
dipendenza che ostacola l’individuo.
L’autore, ripercorrendo le filosofie
dell’alienazione religiosa, costringe allora
il lettore a riflettere, a fare i conti con
se stesso e con le illusioni della fede
religiosa, affinché si renda conto che
proprio abbandonando “ le protezioni magiche
del sacro”, si assuma la responsabilità
della propria libertà di agire, nella
consapevolezza che la ricerca di scopi
superiori e di provvidenzialismi non fa
altro che costringerlo nella gabbia
ideologica della divinità rivelata,
impedendogli di pensare ed agire sgombro dai
soffocanti pregiudizi dogmatici che il
potere ecclesiastico elabora ed impone.
Roberto Sabatini ci aiuta insomma a renderci
conto di come l’aspirazione all’infinito
deve divenire aspirazione ad essere capaci
di intervenire ed agire in questo mondo,
finalmente non più viatico per un ineffabile
altro mondo.