Angela Picca, PIETRO GIANNONE
storico, avvocato, giureconsulto,
(1676-1748)
edizioni Esagramma,
2009, euro 25.00
Attraverso i serrati dialoghi di
questo straordinario testo teatrale, Angela
Picca riporta all’attenzione contemporanea
Pietro Giannone. Uno dei nostri più grandi
intellettuali, apprezzato e tradotto in Europa,
ma spesso colpevolmente dimenticato in Italia.
L’autrice fa rivivere la vicenda storica ed
umana dell’ “avvocato napoletano” all’interno di
una sapiente affabulazione drammaturgia, che è
un formidabile esempio di teatro civile.
Attualissimi sono infatti gli spunti di
riflessione che questo libero pensatore,
perseguitato dal potere ecclesiastico, offre a
tutti noi, ancora costretti a lottare contro le
ingerenze di un clericalismo d’assalto che cerca
di restringere libertà e diritti, minando la
laicità dello Stato. Quella che Giannone
auspicava. E che Angela Picca ricostruisce dallo
studio dei suoi scritti: dall’Istoria
civile del Regno di Napoli, del
1723, a quel
Triregno, che è stato ufficialmente edito
solo nel 1895.
Giannone
coraggiosamente denunciava i soprusi perpetrati
da un clero che occupava tutta la sfera civile,
sociale, politica ed economica. E se nell’Istoria
civile del Regno di Napoli il problema è
visto nella prospettiva dell’educazione alla
coscienza storica, nel Triregno,
diventa il grido del filosofo del diritto, che
fonda il senso dalla giurisdizione statale
sull’emancipazione e sulla libertà degli
individui dall’ingerenza dei chierici: ”avendosi
costoro posto in mano la norma del giusto e
dell’ingiusto, dell’onesto ed inonesto, e resi
giudici della bontà e verità delle azioni umane,
decidendo quali fossero le buone ed innocenti, e
quali al rovescio le ree e colpevoli, che ci
facevano precipitare nel tartaro; quindi gli fu
facile porre sotto il giogo e sotto la loro
censura non pur i popoli, ma i principi stessi”.
Giannone vuole allora, che lo Stato laico
eserciti la sua giurisdizione riappropriandosi
finalmente di quanto la sfera ecclesiale gli ha
illegittimamente sottratto: la gestione della
cosa pubblica. Così per le verità che
denunciava, per quella separazione tra Stato e
Chiesa che auspicava, dovette lasciare Napoli,
in fuga dall’Inquisizione. Il testo di Angela
Picca ripercorre tutte queste vicissitudini che
intrecciano la storia di Pietro Giannone con
quella delle corti europee che lo ospitarono,
fino a quando nel 1736,
attirato con l’inganno nel Regno di Sardegna
venne arrestato e consegnato agli inquisitori.
Passò ben 12 anni nelle fortezze
piemontesi, dove morì nel
1748, in quella della
Cittadella di Torino.
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