Periodico dell'Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

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RECENSIONI

J. S. Mill, “Saggio sulla Libertà”

NET, 2002 (pp. XXII - 133, euro 7.80)

 

Recensione di Maria Mantello (pubblicata su Lettera Internazionale, n° 90)

 

La Libertà degna di questo nome è quella che persegue il nostro bene. E alla nostra maniera! Sempre che non priviamo gli altri di questo stesso diritto, impedendo loro di perseguirlo. Ciascuno è il vero custode della propria salute fisica, mentale o spirituale”. Così scriveva J. Stuart Mill, di cui quest’anno ricorre il bicentenario della nascita. In verità l’evento è stato poco ricordato, forse perchè questo filosofo continua ad essere scomodo al liberalismo teologizzato di oggi, ma anche a certi residuali marxismi, urticati dalla sola parola liberale (troppo borghese!). Eppure la più nota opera di J. S. Mill, “On Liberty”, è di non poca attualità. Pubblicata nel 1859, essa è soprattutto una denuncia della “dittatura dell’opinione pubblica” e dei condizionamenti socio-culturali che essa è in grado di esercitare sugli individui. E’ la pressione sociale del gruppo, infatti, ad ostacolare quel sano anticonformismo che è alla base della libertà di pensiero e di autodeterminazione. Libertà diviene allora “protezione di  sè”, per garantire la propria singolarità, anche in contrasto con pretese appartenenze identitarie, che vorrebbero fare dei singoli i replicanti di usi e costumi di un gruppo-clan. Difendere una tale Libertà significa emancipazione dalle appartenenze omologanti. Significa, come sosteneva J. S. Mill, un secolo prima della Scuola di Francoforte, liberarsi dalla “oppressione del potere spirituale”. Ovvero dalla pretesa delle religioni di controllare la mente (spirito). Il problema della libertà, condizione per l’esercizio della volontà, diviene allora una questione  di civiltà. Questa, infatti, contrariamente a quanto le religioni di casa nostra e d’importazione stanno cercando di affermare, non si identifica con l’appartenenza ad una fede, ma nel riconoscimento della reciprocità di esercizio responsabile di libertà. Un esercizio che non si acquisisce cercando l’accordo tra le religioni e con le religioni, ma educando semmai i fedeli e i loro capi al rispetto  delle Costituzioni laiche e democratiche. Questo significa, come già aveva ben capito J. S. Mill, che non solo la libertà individuale è garanzia della civile convivenza democratica, ma significa anche che il singolo e la collettività devono difendersi da quelle azioni poste in atto per “danneggiare” la libertà di ciascuno. “Il principio –scrive Mill- è che l’umanità individualmente o collettivamente, è giustificata ad interferire con la libertà di azione di alcuni suoi membri soltanto al fine di proteggersi; perché il solo scopo per cui si può esercitare un potere su qualche membro di una comunità civilizzata, contro il suo volere, è quello di evitare il danno ad altri” (cap. I).

Pertanto, se l’applicazione della libertà diviene il denominatore comune nel principio del non danneggiare nessun altro: Come può un gruppo imporre proprie regole, che fa derivare da supposti libri sacri? E magari pretenderne l’imposizione per legge, onde garantire la sopravvivenza del proprio dogmatismo?

Una questione di grande attualità, viste le pretese dei fondamentalismi di imporre alla collettività la loro libertà di oppressione, soprattutto sul corpo e sulle menti delle donne. E che, non a caso cercano di ostacolare ogni forma di emancipazione. E per questo pretendono loro scuole, loro oratori.... Insomma loro ghetti. E magari anche con il finanziamento dello Stato. O peggio, intimidendo tutti con un terrorismo  minacciato e praticato. Forse, per trovare qualche ispirazione a tutela delle democrazie, tanto faticosamente conquistate, varrebbe la pena, leggere o rileggere “On Liberty”.

 

Maria Mantello

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