Periodico dell'Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

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RECENSIONI

Jean Meslier, “il MEMORIALE di un prete rivoluzionario nella Francia del Re Sole”, introduzione, scelta dei testi e traduzione di Francesco Tanini, 2006, Generoso Procaccini editore.

 

Recensione di Maria Mantello

Un preziosissimo testo ritorna in circolazione grazie all’impegno della casa editrice Procaccini. Si tratta del Memoriale di Jean Meslier (1664-1729), tradotto e commentato da Francesco Tanini.

Questo libello, che cominciò a girare manoscritto col titolo di “Testamento” intorno al 1735 attraverso gli scritti di Voltaire e di altri famosi illuministi come d’Holbach, fu stampato per la prima volta solo nel 1864. Perchè tanta riluttanza? A cominciare del resto da quella del suo stesso autore? Questi, un oscuro parroco di campagna, si guardò bene dal render pubbliche le sue idee durante la sua vita. Aveva piena consapevolezza della loro portata rivoluzionaria. Temeva le vendette dei potenti. Aveva paura per la sua stessa esistenza. Per questo ha taciuto. Ma non si è potuto sottrarre al dovere morale di diffondere il suo pensiero. Di qui il Memoriale, che vuole essere la sua “testimonianza di Verità” per liberare le menti dalla “grande impostura” entro la quale egli stesso afferma di essere stato costretto a mascherarsi. Ne scaturisce una condanna senza appello della religione nella sua funzione di controllore delle coscienze per mantenere i poteri costituiti, di cui essa stessa è parte integrante. Potere religioso e potere politico anche quando sembrano in lotta, “si trovano invece abbastanza d’accordo – scrive Meslier- una volta che abbiano contratto tra di loro un’alleanza (...). Infatti da quel momento si difendono e si sostengono reciprocamente. La religione sostiene il governo politico, per quanto cattivo questo possa essere. A sua volta il governo politico sostiene la religione, per quanto essa possa essere vana e falsa. Da un lato i preti raccomandano, con la minaccia di maledizione e di dannazione eterna, di obbedire ai magistrati, ai principi e ai sovrani in quanto destinati da Dio a governare gli altri e, dal canto loro, i principi fanno rispettare i preti. Fanno dare loro dei buoni stipendi e delle buone rendite”. La religione come imbonitore delle coscienze in nome di “un Dio immaginario” è dunque il forte strumento di controllo politico sociale, che mantiene il potere a chi lo detiene ed offre la consolazione del cielo alle masse, che per giunta sostengono anche il peso economico di tutta questa “impostura”.

Un testo da leggere (o rileggere), questo scritto polemico di Meslier. Non solo per il suo valore storico; ma anche perchè può offrire spunti attuali per la riflessione: di fronte all’aumentato divario tra ricchi e poveri e al ritorno non casuale del “sacro”, sotto le cui ali protettive sembrano porsi tanti politici. Allora, se all’abate Meslier, la religione (quella cristiana in particolare, perchè con essa doveva fare i conti) appariva come l’immenso inganno da cui liberarsi per fondare una società più giusta, razionale ed umana, forse non è tanto infondato pensare che l’emancipazione dalle fedi sia prioritaria per l’affermazione delle libertà individuali e collettive ancora oggi... Liberandosi magari anche dagli odierni surrogati delle decime.

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