Eugenio Lecaldano
UN'ETICA SENZA DIO
Laterza, 2006, pp. 118, euro 12
Recensione di Maria Mantello
“Questo è un libro filosofico, interessato a
influenzare niente altro che le riflessioni. Non ambisce
a portare a termine l’impossibile cerimonia di
seppellire Dio, né vuole assumere un ruolo diretto sul
piano politico o giuridico e neanche presentare dogmi
nei quali si possano riconoscere gli atei per costituire
la chiesa di coloro che sono senza chiesa. Questo libro
muove dalla fiducia che la civiltà del nostro paese
permetterà di accogliere le idee di coloro che
sostengono esplicitamente che la morale e i valori sono
qualcosa che non solo può unire credenti e non credenti,
ma esige da tutti noi un surplus di indipendenza e di
autonomia, da realizzare vivendo come se Dio non
esistesse”. Così Eugenio Lecaldano, ribaltando la famosa
scommessa di Pascal (ripresa recentemente da Papa
Ratzinger), sintetizza il suo libro. E alla morale
religiosa contrappone la libertà di scelta e di
autoderminazione laica, nella convinzione che solo
mettendo da parte Dio c’è la possibilità di una vita
autenticamente morale. Le confessioni religiose hanno
sempre cercato di imporre la loro morale affermando
l’identità tra legge di natura e legge divina. Ma
l’errore sta proprio in questa premessa, dove
l’individuo è un replicante del modello che altri hanno
preconfezianato (magari ancorandolo ad un’idea supposta
come appunto è quella di Dio). Chi pretende allora di
definire come naturale una certa condotta morale, in
effetti non fa altro che reiterare il proprio potere di
controllo assoluto sull’umanità. E per fare questo
pretende leggi in sintonia con i propri precetti
religiosi. Il pericolo teocratico è evidente. Ma ancora
più subdolo, come denuncia Lecaldano, è il fatto che ha
bisogno della deresponsabilizzazione. Di individui
eterni minori. Bisognosi di guida eterna e sempre
pronti, nel nome del padre, a fagocitare il fratello in
un inglobante assolutismo. Tutto questo nega la
specificità della morale umana che, al contrario, passa
attraverso l’empatia e si basa su riconoscimento e
condivisione del pathos di ciascun essere umano. Il che
significa, come scrive l’autore: “riconoscere la varietà
e la relatività culturale e storica delle prese di
posizione morali e di promuovere l’universalità di
alcune regole, quale ad esempio quella costitutiva della
moralità di evitare azioni che provochino a un altro
essere umano sofferenze non volute per sé”. Oggi, a
molte di queste sofferenze la scienza ha posto rimedio,
liberando l’umanità dalla credenza nel miracolo. Ma
proprio per questo assistiamo all’affanno nel presentare
la scienza come manipolatrice di una “sacra natura
umana” (si pensi solo agli anatemi contro i
contraccettivi, la fecondazione assistita, oppure a
quelli contro il diritto ad una morte dignitosa quando
più nessuna terapia ci può salvare). Il libro, che entra
nel vivo del più recente dibattito etico, si configura
come lo sviluppo di quella grande tradizione laica e
libertaria di Hume, Kant, i J. S. Mill (solo per fare
qualche nome). E non a caso, questo breve ma esaustivo
saggio, si conclude con una selezione di scritti
filosofici che hanno segnato un vero e proprio
spartiacque per un’etica senza Dio sul piano morale e
giuridico.
Maria Mantello