Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

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RECENSIONI

Khady Koita *,  Mutilée,  Cairo Editore, 2005

 

Recensione di Maria Mantello

In Mutilée  (Mutilata), Khady Koita  testimonia la sua storia personale: escissa all’età di 7 anni, è costretta a sposare, quando ne ha appena 14, un cugino che ha venti anni più di lei. Arriva così a Parigi, dove l’uomo risiede. Ma, dal dominio del padre e dei fratelli, passa a quello del marito, da cui subisce maltrattamenti ed umiliazioni d’ogni sorta, fino a quando non trova il coraggio di sottrarsi al modello di donna madre e moglie “islamica”.  Khady Koita, lotta per riappropriarsi della vita che le è stata rubata, ma anche per sensibilizzare e sottrarre milioni di bambine ad una violenza praticata in tutto il mondo, al ritmo di una ogni quindici secondi. In questo coraggioso libro, la dolorosa vicenda di una “mutilée”, diviene allora grido di battaglia, affinché nel civile Occidente nessuno più si celi dietro le pretese multietniche e multiculturali per non intervenire. Col risultato  di permettere il perpetuarsi di “un vero sopruso”, il cui  scopo -continua l’autrice- “è soltanto la volontà degli uomini di dominare”.  

Occorre uscire dal silenzio: denunciando, parlando alle donne, affinché acquistino consapevolezza della violenza insita nelle tradizioni dell’esciscione e dei matrimoni combinati. Ma bisogna anche sostenere queste donne nel loro percorso di emancipazione, per affrontare l’emarginazione del gruppo: "Quando ho deciso di divorziare – si legge nel libro - tutti mi dicevano di tornare con mio marito, che sarebbe stata una vergogna per i miei figli (ben cinque – ndr.), mi chiedevano come mi sarei giustificata con loro quando sarebbero stati grandi, quando avrebbero capito che avevo portato il loro padre davanti alla giustizia. Quando non pensi più come loro, quando esci dai limiti che loro hanno fissato, a quel punto sei un'esclusa, non fai più parte della comunità".

Già, la paura dell’esclusione che significa solitudine e miseria.  Paradossalmente, sostiene Khady Koita “mentre in Africa le mutilazioni non sono più un tabù, se ne parla e si lotta per la loro abolizione (vedi l'entrata in vigore, nel novembre scorso, del Protocollo di Maputo, un documento ratificato finora da 17 Paesi, nel quale vengono indicate le misure relative all'eliminazione delle discriminazioni contro le donne, riaffermando il diritto alla dignità, alla vita, all'integrità e alla sicurezza della persona, all'educazione e alla formazione; o il "Comitato interafricano" che conta 28 comitati nazionali contro le mutilazioni e "diverse associazioni che lavorano sul terreno" nei diversi paesi in cui vengono praticate), in Europa dobbiamo fare un doppio lavoro perché abbiamo la disgrazia di essere donne, nere e immigrate. Una lotta su tutti i fronti, alla quale si aggiunge il timore di essere escluse, di rimanere sole e di essere accusate di rinnegare le nostre culture d'origine”. Da tutto questo si potrà uscire, scrive l’autrice, solo con una legislazione che sia intransigente, anche nella sua applicazione, contro le mutilazioni. E in parallelo attraverso una politica di liberazione delle donne che passa necessariamente attraverso l’istruzione. Perchè, come scrive Khady Koita: “L'ignoranza uccide”. Questa è la sfida che l’Occidente deve fare propria.

 

* Khady Koita, è esponente di spicco dell’ associazione Euronet, che lotta contro le mutilazioni genitali femminili.

 

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