Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

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RECENSIONI

Daniela Danna

GINOCIDIO, La violenza contro le donne nell'era globale

Elèuthera, 2007, pgg. 154, euro 14 

 

Recensione di Maria Mantello (di Lettera Internazionale, n° 93)

 

Il libro, scritto con passione e con chiarezza divulgativa, apre uno spaccato sulla questione del ginocidio, evidenziando come la sistematica violenza sulle donne costituisca il connettore di una rinnovata discriminazione sessista, che al di là di appartenenze sociali, culturali e geografiche, sta drammaticamente ridefinendo un “sentire maschilista”: dall’ Italia ai Paesi Scandinavi, dalle Americhe all’Europa dell’Est... ai Paesi musulmani.

Il termine ginocidio, coniato dalla femminista francese Antoinette Fouquet, è ripreso da Daniela Danna  nella sua originaria accezione di profonda avversione contro le donne, che, seminata nei secoli, si rivolge contro il “genere donna” ancora una volta per affermare la supremazia maschile. Espressione del mai dismesso desiderio patriarcale di controllo sui corpi femminili, è un odio che riaffiora oggi in centellinate crudeltà psicofisiche, che nella tomba delle pareti domestiche culminano spesso nell’assassinio di una donna: “colpevole” di volersi svincolare da arcaici stereotipi femminili. L’autrice evidenzia come si tratti di un preoccupante fenomeno globale, che anche nel nostro “civilizzato occidente”, al di là dell’appartenenza sociale e dei livelli di acculturazione maschile, assume tutti i caratteri di controriforma antifemminista. Di fronte agli irreversibili processi di emancipazione delle donne, si assiste infatti ad una rivalsa maschilista, che con brutalità cerca di risarcire la sua perduta supremazia. Si sta verificando una trasversale nostalgica ripresa di modelli patriarcali, che sedimentati ed allevati all’insegna di convenzioni basate sulla supposta inferiorità  della donna, riprendono quota sulle ali dell’integralismo religioso. Così, in nome di sacralizzate famiglie, la donna viene punita per i suoi aneliti libertari. Per le sue aspirazioni ad autodeterminarsi. E viene rinserrata nel ruolo di donna fattrice, di mitico angelo del focolare. Insomma nella casa di bambola  di  memoria ibsiana, dove anche in un’aurea sottomissione emerge il primitivo desiderio maschile di controllare il corpo delle donne limitandone sessualità e la vita sociale. Insomma, dalle violenze più brutali e rozze a quelle più subdole ed ovattate, si sta riannodando tutta la rete culturale di patriarcato globale, tessuta da maschi incapaci di confrontarsi civilmente e pariteticamente con le donne.

Si tratta di un tuffo nel passato per cancellare le conquiste femminili, per riaffermare con forza il dominio del maschio, proprio bloccando il processo di emancipazione culturale e sociale delle donne. Non è affatto casuale, allora, che particolarmente dal microcosmo del matrimonio e della famiglia sia ripartita –anche in Italia- la recrudescenza controriformista contro le donne. Come scrive  Daniela Danna: “… La famiglia  anche nel nostro paese è l’ambito in cui gli uomini esercitano gran parte delle violenze sulle donne e sulle bambine. (…) Nel 2002 gli omicidi in tutta Italia sono stati 658,  e il 30% di essi è accaduto tra le mura domestiche. Sono stati cioè 201, un numero più grande di quello attribuito alla criminalità organizzata (158). Di questi 201 omicidi in famiglia i colpevoli in più di quattro casi su cinque sono maschi (Eures 2005)… Due terzi delle vittime di tutti questi omicidi sono donne”.

E ancora: “Il matrimonio è per una donna un posto assai pericoloso sia nei paesi sviluppati che in quelli sottosviluppati: il maltrattamento da parte del marito è il tipo di violenza più diffuso”.

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