Antonella Cristofaro
All'altezza delle labbra
2007, Avagliano editore, pp. 150, euro 12.00
(pubblicata su L'incontro, febbraio 2008)
Ci sono momenti nella vita in cui la ricerca di
noi stessi ci induce a ripartire da zero. Ed è
quello che avviene nel romanzo All’altezza delle
labbra di Antonella Cristofaro. “Scoprii di avere
tredici anni. Forse quattordici”, dice la
protagonista, all’inizio del racconto al funerale di
un caro amico. E al dolore che squassa fa argine
tutto un vitalismo psichico che erompe. E’ lì ed
ordina. Un magma che chiama a rimettersi in gioco.
Daccapo. A rinascere. La quotidianità dei gesti
usuali e un po’ banali continua. I supermercati, le
strade del quartiere romano di s. Lorenzo, le
preoccupazioni per la casa, la famiglia... le cose
di ogni giorno… Ma quel magma è lì. Attende astuto
il suo avvento. Ed ecco il lampo: “Marsia traesti de
la vagina de le membra sue”. E’ il celebre passo di
Dante che affiora alla mente della protagonista, che
per il suo personaggio di tredicenne ha adesso
trovato anche il nome: Marsia. Per sperimentare la
vita facendosi “scorticare” nella storia che
intreccia con Giancarlo. Qui, nella leggerezza di
una adolescenza psichica, paure e desideri si
concretizzano in un gioco al rialzo fatto di
proiezioni e introiezioni: i fantasmi a cui Marsia
dà eros.
E’ una rischiosa partita a scacchi, quella che
Antonella Cristofaro fa giocare ai suoi personaggi
fino all’inatteso epilogo di questo romanzo
libertario e liberatorio. Dove la scomposizione e
ricomposizione degli scenari assume straordinaria
valenza simbolica, grazie al linguaggio scarno e
dissacrante, che sul filo di una fascinazione
prospettica intreccia corpi, parole e gesti.