Franco Zizola,
ROGHI,
Lunargento, € 12.00
Sarà
capitato a tutti di vedere nelle librerie
enormi pile di romanzi commerciali
confezionati forse a più mani, di opere di o
su il papa di turno, o dell’ultimo parto.
Libri magari venduti solo per il nome noto,
e che fanno cassa grazie alla soffocante
narrazione mediatica di mirabolanti successi
di pubblico e di critica.
Pile che soffocano opere magari di pregio,
che tuttavia rimangono ignote ai più, per
non possedere le caratteristiche di quelli
impilati e per essere uscite con un piccolo
editore.
Se poi affrontano argomenti ancora tabù per
l’“asinità” imperante, meglio che siano
ignorate. Situazione grave assai e che
l’inquietante fusione dei due maggiori
gruppi editoriali italiani rischia di far
peggiorare ulteriormente.
Ho avuto la fortuna di essermi imbattuta di
recente in uno di questi libri non
sponsorizzati e poiché penso che
Roghi
meriterebbe di trovare posto nelle vetrine
delle librerie desidero che lo si conosca.
La trama del romanzo è apparentemente esile:
Filippo, professore di lettere ormai in
pensione e col “cuore fiacco”, compie un
laico pellegrinaggio da una cittadina del
Veneto, che chiama Pedulka, a Nola, mosso
dal desiderio di vedere il luogo natale di
Giordano Bruno, di cui è appassionato
ammiratore. Con lui, a suo sostegno, una
donna, Lissa, compagna accorta e affettuosa
e, “interno iddio”, presenza invisibile agli
altri, il greco Momo che, beffardo e
lapidario, svela antiche ipocrisie e nuove
menzogne.
Tante presenze affollano le pagine:
in
primis Bruno, di cui l’Autore ricorda
diversi episodi della vita e cita splendidi
passi dalle opere, con la sua lucida
intelligenza, la vitalità e il coraggio; e
poi l’umile mugnaio veneto Domenico
Scandella detto Menocchio, giunto, per aver
voluto ragionare con la sua testa, a
posizioni in fatto di religione simili a
quelle del Nolano, e per questo accusato di
eresia, condannato al rogo e assassinato
dalla Chiesa misericordiosa nel 1599, l’anno
prima di Bruno. E accanto a loro, più
defilate, le ombre di quelli che nei secoli
furon “legna da ardere” per chi ne temette
il pensiero, spiriti liberi, pensatori,
artisti, streghe, Ugunotti e Albigesi,
accomunati tutti dal non aver voluto
accettare imposizioni ingiustificabili e per
questo tenacemente perseguitati.
Compagni di viaggio e pietre di paragone del
presente sono anche gli autori che Filippo
ha amato, tra cui Lucrezio, Spinoza,
Leopardi, dispensatori di saggezza, maestri
di vita (non, tra loro, altri quali
Agostino, Tasso o Manzoni), nonché le ombre
di tante povere vittime dell’ignoranza,
della superstizione e del dispotico potere
della Chiesa.
L’abile continuo intreccio tra passato e
presente cattura il lettore e lo induce a
riflettere, con Filippo, sulla stupidità, la
violenza e le contraddizioni che ancora
sopravvivono, in spregio all’esigente
chiarezza della ragione.
È un libro appassionato e coraggioso, colto
ma mai pedante, insolito nella struttura,
sorprendente nell'accostamento dei
personaggi, ammirevole nel linguaggio quasi
bruniano nei lunghi periodi che sembrano
seguire l'andamento del pensiero e le
emozioni, e sintetico al massimo là dove una
o due parole isolate riescono a condensare
efficacemente il commento. E percorso da una
forte e "sacrosanta" vena polemica e
sarcastica, ma anche da accenti dolenti e
malinconici, ad esempio là dove, a Napoli,
Filippo è rapito dall’incanto del luogo, ma
ne constata il disfacimento.
Ed è anche un invito a cogliere la vita,
l’unica vita che abbiamo, nella sua pienezza
bellezza e fecondità, contro ogni triste
mortificazione della carne, nei secoli
raccomandata come lasciapassare per
l’aldilà.
Libro insolito e di grande interesse quindi,
Roghi,
e coinvolgente, per la felicità con cui si
alternano gli argomenti, la vivacità
espositiva, l’intelligenza che lo
percorrono.
Troverà partecipi coloro che ne condividono
il pensiero, farà riflettere tutti,
scandalizzerà altri. Ma questi ultimi, non
potendo oggi destinarlo al rogo insieme
all’Autore, preferiranno che nessuno ne
parli.
Mariapiera
Marenzana