Bagnasco senza
fondo
di Luca Kocci
Il governo prova ad introdurre il
pagamento dell’Imu anche per le scuole
cattoliche paritarie e private a partire
dal 2013, e la Conferenza episcopale
italiana si affetta ad esprimere
rumorosamente tutto il proprio
disappunto: «Le scuole cattoliche si
trovano in grandissima difficoltà.
Sarebbe molto grave se dovessero
chiudere, sia per i genitori, sia per
l’intero sistema scolastico», ha detto
ieri il presidente della Cei, il
cardinal Angelo Bagnasco, a margine
dell’avvio dell’XI Forum del progetto
culturale della Chiesa italiana,
paventando quindi che l’Imu – da cui gli
immobili non commerciali di proprietà
ecclesiastica sono esenti – possa essere
il colpo di grazia per gli istituti
scolastici cattolici.
Il ministro dell’Istruzione Profumo, che
già pochi giorni fa si era mostrato
sensibile alle rimostranze dei vertici
delle associazioni delle scuole
cattoliche («le scuole paritarie sotto
il giogo dell’Imu», aveva gridato la
Fidae; «chiuderemo e licenzieremo
200mila persone», aveva rincarato l’Agidae)
e dei genitori che mandano i figli negli
istituti dei religiosi («rimarranno
aperte solo scuole paritarie per
ricchi», profetizzata l’Agesc),
recepisce il messaggio e annuncia che si
farà paladino delle scuole cattoliche in
Consiglio dei ministri.
Eppure il regolamento attuativo per l’Imu
sugli immobili commerciali di proprietà
ecclesiastica, pubblicato in Gazzetta
Ufficiale lo scorso 23 novembre, è meno
netto di quanto appaia, tanto che lo
stesso Consiglio di Stato – a cui il
governo ha dovuto chiedere un parere non
vincolante – non esclude che possa
subire un altolà da parte dell’Unione
europea proprio perché troppo ambiguo e
“di manica larga”.
A pagare l’Imu, secondo il regolamento
del governo, saranno tutti gli immobili
tranne quelli in cui si svolgono
attività «a titolo gratuito o con
corrispettivo simbolico sottocosto».
Mentre l’Europa adotta una definizione
più rigida di attività commerciale:
«beni e servizi offerti in un mercato»,
al di là del costo elevato, irrisorio o
«simbolico». Il rischio è una multa
all’Italia di tre miliardi e mezzo di
euro per l’Ici prima e l’Imu ora non
versata dagli enti ecclesiastici dal
2006 ad oggi.
Non c’è solo l’Imu da pagare nei
pensieri di Bagnasco, ma anche nuovi
finanziamenti statali per la scuola
cattolica. «C’è preoccupazione
soprattutto – ha detto ancora il
presidente della Cei – per la mancanza
di contributi» che «lo Stato sarebbe
giusto riconoscesse non tanto agli
istituti scolastici, quanto alle
famiglie, che hanno diritto a scegliere
per i propri figli l’istruzione che
ritengono più idonea», secondo la
filosofia del “buono scuola” da anni in
vigore nella Regione Lombardia
dell’ormai ex governatore ciellino
Formigoni. «Data la mancanza di questo
contributo alle famiglie – aggiunge
Bagnasco –, le scuole cattoliche si
trovano in grandissima difficoltà» e
potrebbero chiudere. Eppure solo pochi
giorni fa, nella legge di stabilità che
ha tagliato 700 milioni alla scuola
statale, sono stati trovati 223 milioni
di euro per le scuole paritarie, in
deroga a tutte le esigenze di bilancio.
«In Italia si assiste a un oltraggio
perenne di quel “senza oneri per lo
Stato” proclamato dalla Costituzione
associato al riconoscimento della
libertà di iniziativa dei privati di
istituire scuole di tendenza che vengono
poi finanziate dallo Stato», dichiara
all’agenzia Adista Antonia Sani,
coordinatrice nazionale
dell’Associazione “Per la Scuola della
Repubblica”. «Si giunge a vette
parossistiche: con la questione Imu lo
Stato rischia di pagare una forte multa
all’Ue e a incoraggiare il lavoro nero
pur di compiacere il Vaticano. Questa
dell'attività didattica “gratuita” o con
“corrispettivo simbolico” è l'ultima
perla per sottrarlo all'Imu: significa
anche invito all'evasione, o
sfruttamento autorizzato nei confronti
dei docenti».
Il manifesto,
1 dicembre 2012