Silvano Fuso,
naturale =
buono?
Carocci, 2016, € 19,00
Il
punto interrogativo che insolitamente
troviamo nel titolo del libro, riappare nel
titolo di tutti gli 11 capitoli in cui esso
è suddiviso, ciascuno dei quali è dedicato
ad uno specifico argomento.
È chiara da subito l’intenzione dell’Autore,
quella di porre in discussione credenze
diffuse, acriticamente accolte, riguardanti
la vantata bontà di tutto ciò che viene
presentato come naturale.
Silvano Fuso comincia con l’esaminare il
concetto stesso di “naturale”, osservando
non solo che il termine non costituisce di
per sé garanzia di bontà, ma dimostrando
anche che assai poco di ciò che si fregia di
quel titolo si può definire tale, tanti
essendo stati nel corso dei millenni gli
interventi che l’uomo ha esercitato
nell’agricoltura, nelle specie animali,
nell’ambiente, modificandoli.
L’Autore è divulgatore attrezzato di solide
conoscenze scientifiche, per cui analizza
gli argomenti che affronta con metodo
rigoroso, senza abbandonarsi in alcun caso
alla parzialità ed emotività che troppo
spesso caratterizzano le discussioni intorno
al tema del “naturale”.
Non manca, ad esempio, di sottolineare come
molte filosofie di ispirazione ambientalista
propongano «un recupero della visione
prescientifica» della natura, e siano
esplicitamente critiche della scienza.
Scrive Fuso, nella sua esemplare
introduzione al libro: «Molti ambientalisti
hanno una visione assolutamente manichea e
sembrano credere all’idea di una morale
assoluta e universale cui ispirare il
proprio comportamento. Il concetto di natura
incontaminata che segue un percorso ordinato
e razionale in linea con una moralità
superiore è un’idea mitologica di tipo
sostanzialmente fideistico e privo di
riscontro con il reale».
Il libro è godibilissimo per le tante
istruttive informazioni che contiene, anche
di carattere storico. Scoprirete, ad
esempio, che l’agricoltura biologica, oltre
a non presentare tutti i benefici effetti
vantati, se praticata su scala mondiale,
danneggerebbe la natura «molto più di quanto
non si faccia oggi con l’agricoltura
tradizionale»; per non parlare di
agricoltura biodinamica, o di permacultura
o, in altri settori, di medicine naturali
(omeopatia, pranoterapia, iridologia,
idrocolonterapia, ecc.), prive tutte di
qualsivoglia base e valore scientifico,
destinate, al meglio, a non fare danni.
Auguro al libro la più ampia diffusione come
strumento di educazione di massa, data
l’influenza che credenze errate esercitano
su molti, perfino a livello legislativo. Il
suo primo merito, infatti, è quello di
mostrare all’opera come il corretto
ragionamento e l’evidenza sperimentale siano
l’unico strumento che ci consente di
districarci nel labirinto delle informazioni
che ci sommergono, e anche di scrollarci di
dosso antiche leggende, barbare o infantili
che siano, tramandate come nobili e sacre.
Inoltre, il testo si pregia di una scrittura
limpida, che di per sé è garanzia di valido
contenuto, ove la si confronti con le tante
roboanti e fumose descrizioni di prodotti o
comportamenti cosiddetti naturali.
Mariapiera Marenzana