Ineffabili Pro-life

Cavalcano il coronavirus per boicottare l’aborto

 

Stefania Friggeri

 

Per sostenere la lotta al coronavirus l’associazione cattolica “Pro vita”, dimostrando una meritoria sensibilità ed un’inventiva invidiabile, è andata oltre la sottoscrizione alla Protezione civile ed ha indirizzato al Ministero della Salute una petizione in cui chiede la sospensione dell’aborto negli ospedali poiché l’Interruzione Volontaria di Gravidanza, non sarebbe né indispensabile né indifferibile e sottrae le risorse necessarie alla lotta contro la pandemia.
In verità negli ospedali molti reparti sono stati destinati alla cura dei pazienti affetti da covid 19, inoltre gli accessi sono ormai limitati alle sole urgenze.
Ma l’aborto non è differibile e prevede il rispetto di tempi precisi, ed infatti in molti paesi europei si è già provveduto a favorire quello farmacologico: la donna assume in ambulatorio o a casa entrambi i farmaci necessari, poi viene seguita attraverso la telemedicina.
Ma l’Italia è l’unico paese nel quale per procedere all’aborto farmacologico è previsto un ricovero ospedaliero di almeno tre giorni: la procedura restrittiva, antiscientifica, antieconomica ed umiliante, denuncia la cappa clericale che da sempre ammorba l’Italia, la volontà di colpevolizzare la scelta di abortire rendendola difficile, lunga e dolorosa.
E oggi Pro Vita non si fa scrupolo di strumentalizzare la pandemia per ostacolare una legge e l’esercizio di un diritto.