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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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Attenti a togliere l'ergastolo ai boss
Il 22 ottobre nel Palazzo della
Consulta si deciderà se cancellare una delle norme
per il contrasto alla mafia proposte da Giovanni
Falcone quando era direttore generale degli affari
penali al ministero di via Arenula.
di Lirio Abbate
la Cedu (Corte Europea dei diritti dell'uomo)
Si discuterà nel giudizio di
legittimità costituzionale dell'articolo 4bis
dell'ordinamento penitenziario che prevede la
preclusione all'accesso dei benefici per i detenuti
che si trovano all'ergastolo ostativo, cioè per
coloro che non hanno mai collaborato con la
giustizia. La Corte Costituzionale è chiamata a
decidere se questa norma è illegittima.La legge
italiana prevede alcuni benefici per gli ergastolani
come il lavoro fuori dal carcere, permessi premio e
misure alternative alla detenzione. La legge che
comprende l'articolo 4bis, voluto da Falcone che lo
scrisse nel 1991 per rafforzare il contrasto alle
mafie e tutelare ancor di più ogni singolo giudice
di sorveglianza chiamato a decidere sui detenuti,
stabilisce che a questi benefici (dopo 10 anni si
può essere ammesso ai permessi premio, dopo 20 alla
semilibertà e dopo 26 alla libertà condizionale,
termini che possono essere diminuiti di 45 giorni
ogni semestre se il detenuto partecipa positivamente
al trattamento penitenziario), non possono accedere
gli ergastolani definitivi accusati di omicidi in
ambito mafioso, o collegati all'associazione mafiosa
o finalizzata al traffico di droga, ai reati legati
alla pornografia o alla prostituzione minorile.Il
carattere ostativo di queste condanne può essere
superato solo se l'ergastolano collabora con la
giustizia. Nel momento in cui si
dovesse decidere di abrogare questa norma si
rimetterebbe tutto nelle mani del singolo giudice di
sorveglianza che dovrebbe valutare ai fini del
trattamento di reclusione se accordare o meno il
permesso o la libertà condizionale. In questo modo
si scaricherebbe sulle carceri, sugli operatori
sociali che redigono le relazioni trattamentali in
cui descrivono il comportamento del detenuto e sul
singolo giudice di sorveglianza la responsabilità
della decisione. E li si sottoporrebbe alle
eventuali "pressioni" dei mafiosi condannati al
carcere a vita come Leoluca Bagarella, Giovanni
Riffia, Benedetto Santapaola, Salvino Madonia,
Antonino Pesce, Rocco Pesce, Domenico Gallico,
Francesco Barbaro, Giovanni Strangio, Giuseppe Nirta,
tanto per citarne alcuni tra i più efferati
criminali che si sono macchiati le mani con il
sangue di decine di vittime innocenti. In questo
modo si ritorna al regime che vigeva prima delle
stragi del 1992, quando il carcere per i mafiosi era
come una passeggiata. A più riprese diversi
politici in passato hanno tentato di cancellare,
modificare, annullare questa norma. Sarebbe un
vantaggio per i mafiosi che si sono sempre opposti
alla collaborazione e che sono stati riconosciuti
colpevoli di aver ordinato o eseguito stragi e
omicidi. La Cedu (Corte Europea dei diritti
dell'uomo) lo scorso giugno ha deciso di condannare
l'Italia a risarcire un ergastolano ostativo, per la
violazione della dignità umana, e il governo ha
appellato davanti alla Grande Camera della Corte di
Strasburgo. Queste sentenze del Consiglio
d'Europa non richiedono di modificare il nostro
ordinamento, condannano solo lo Stato a risarcire il
danno. Non si può spazzare via
uno dei punti fermi del contrasto alle mafie, e non
si può mettere sullo stesso piano il mafioso che
collabora, il boss che ha reciso ogni legame con
l'organizzazione criminale e i suoi affiliati, con
quelli invece che continuano ad aggrapparsi al
silenzio imposto dall'omertà del loro codice d'onore
senza dare alcun segno di pentimento o desistenza.
Si corre il rischio, cancellando questa norma, di
far tornare indietro di ventotto anni la lotta alla
mafia. Basti pensare a quando rivedremo circolare
per le strade di Corleone Leoluca Bagarella e
Giovanni Riina, o in quelle di Catania, Nitto
Santapaola, con in tasca il loro permesso premio o
la loro libertà condizionata. A quella vista dei
boss in giro per le strade di paesi e città cosa
dovrebbero pensare i familiari delle loro vittime
innocenti? Riflettiamoci ancora bene, con coscienza,
prima di azzoppare uno strumento fondamentale della
lotta alle mafie. L'Espresso, 6
ottobre 2019, p33
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