Il papa in
Cile. La rivolta dei Mapuche
«si stanno spendendo 10
milioni di pesos per l’accoglienza del Papa,
circa 15.000 euro, il 70% dei quali messi a
disposizione dello Stato, il 30% a carico della
Chiesa. Qui in Cile ci sono miseria, pedofilia,
omicidi e nessuno fa niente, però si spendono
milioni per un personaggio religioso».
di Patrizia Larese
Il Cile accoglie il Papa nel
suo viaggio in America Latina ma gli striscioni
di “Bienvenido” hanno lasciato il posto alle
numerose manifestazioni di protesta, destando
non poche preoccupazioni.
Negli ultimi giorni a
Santiago del Cile e nei dintorni della capitale
sono state danneggiate quattro parrocchie, gli
attacchi non sono stati rivendicati
ufficialmente.
La nunziatura apostolica
della capitale, residenza del Papa dal 15 al 18
gennaio, è stata occupata per mezz’ora (poi
liberata dalla polizia) da un gruppo di
manifestanti dell’associazione di popolo Andha
Chile, la cui leader è l’ex candidata
presidenziale Roxana Miranda.
I denaro del Papa ai poveri
Al grido di “La plata del
Papa para lospobres” (il denaro del Papa per i
poveri) i manifestanti, fra cui disoccupati e
senzatetto, hanno voluto attirare l’attenzione
sulle condizioni di miseria in cui vive l’11%
del popolo cileno e contestare le spese
sostenute dal governo per organizzare la visita
del Pontefice.
Come spiega Roxana Miranda
sul suo account Twitter «si stanno spendendo 10
milioni di pesos per l’accoglienza del Papa,
circa 15.000 euro, il 70% dei quali messi a
disposizione dello Stato, il 30% a carico della
Chiesa.Qui in Cile ci sono miseria, pedofilia,
omicidi e nessuno fa niente, però si spendono
milioni per un personaggio religioso».
la repressione poliziesca
Sempre sull’account Twitter
di Andha Chile è stato pubblicato un video nel
quale si vedono agenti delle forze di sicurezza
cilene entrare nella sede della nunziatura,
mentre i manifestanti cercano di impedirne
l’accesso. Circa trenta minuti dopo, un nuovo
messaggio ha riferito che gli autori delle
proteste e dell’occupazione erano detenuti in un
ufficio dei carabinieri cileni nel quartiere di
Providencia.
I rappresentanti della
diocesi di Santiago si dicono «profondamente
addolorati per questi fatti, che contraddicono
lo spirito di pace che anima la visita del Papa
nel Paese» e chiedono agli autori «di riflettere
sulla necessità di rispetto e tolleranza tra
tutti, per costruire una patria di fratelli».
Michelle Bachelet:
accogliete il papa
Da parte sua la “presidenta”
uscente del Cile, Michelle Bachelet, ha
condannato duramente le azioni di protesta:
«Quanto accaduto è molto strano perché non è
qualcosa che si può attribuire a un gruppo
specifico» ed ha esortato ad accogliere il Papa
«e a vivere questa visita in un clima di
rispetto, solidarietà ed allegria».
Papa Bergoglio, il 17
gennaio, dalla capitale cilena, Santiago, si
trasferirà alla città di Temuco, distante poco
più di 600 km a sud, dove presso l’Aeroporto
della Base aerea Maquehue presiederà una
Celebrazione eucaristica per i popoli della
regione, in particolare “Araucani” o “Mapuche”.
In queste terre si concentra
il 35% della popolazione mapuche su un totale di
1,5 milioni di persone. Francesco troverà la
parte più povera del Cile: il 26,2 %, secondo
statistiche ufficiali, vive in situazione di
povertà, e tra questi non ci sono solo i popoli
nativi. L’emarginazione strutturale ed endemica
dell’Araucaniaha ha fatto sì che col passare
degli anni diventasse il “Cile scartato”.
Per la messa collettiva il
Pontefice ha chiesto di dare spazio a una
cerimonia mapuche e di pranzare con alcune
autorità indigene. Un gesto simile nei confronti
di queste popoli nativi lo fece già il 5 aprile
1987 Giovanni Paolo II.
Mapuche, un popolo indomito
I mapuche sono i diretti
discendenti degli aborigeni dell’America del
Sud, che vivevano in queste terre prima
dell’arrivo dei conquistatori europei. Mapuche
significa “Popolo della Terra”, è composto dalle
parole “Mapu”: Terra e “Che”: Uomo, in lingua
Mapudungun, la lingua dei Mapuche. In Cile i
Mapuche vengono chiamati anche Araucani dal nome
della regione omonima. Parte della popolazione
mapuche vive anche in Argentina.
A seguito di due campagne
militari di conquista da parte degli europei,
“la Pacificazione dell’Araucania (1860-1865 -
Cile)” e “la Conquista del Deserto(1878-1885 –
Argentina)”, queste popolazioni indigene furono
massacrate e deportate al Nord e le loro terre
confiscate a favore degli invasori.
Per decenni Mapuche è stata
una parola offensiva e dispregiativa, sinonimo
di persona analfabeta al servizio di cileni
colti e ricchi. In altri momenti diventò una
parola innominabile perché senza senso o avulsa
dalla cultura dominante. Solo negli anni recenti
l’espressione ha riacquistato una rilevante
dignità e soprattutto è diventata sinonimo di
una questione grave e importante, che la nazione
cilena non ha ancora risolto e che numerose
proteste violente hanno portato all’attenzione
dell’opinione pubblica nazionale ed
internazionale.
Consistenza demografica
Sulla consistenza
demografica di questi popoli e le sue diverse
etnie (Picunche, Mapuche, Kunkunche o Cuncos)
non ci sono dati statistici certi. Si stima una
popolazione di circa un milione e mezzo di
individui e sembra che sia l’unico popolo
aborigeno dell’America Latina che cresce, mentre
ovunque gli altri vanno estinguendosi
gradualmente. Secondo il censimento del 1992 i
Mapuche erano 1.281.651. Nel censimento del 2002
la cifra è calata a 604.349 e si trattava di
persone concentrate in quattro aree,
Araucania-Temuco (33,6%), Santiago/Regione
metropolitana (30,3%), Biobío (8,8%), Los Lagos
y Los Ríos (16,7%).
Questa curiosa riduzione in
uno spazio di 10 anni è stata chiamata
“genocidio statistico o burocratico” e si dice
che, in quanto operazione voluta e pianificata,
avesse il preciso scopo di delegittimare le
richieste “mapuche” allo stato cileno,
presentando queste etnie quasi sulla via
definitiva dell’estinzione. Altri spiegano la
questione affermando che con il cambiamento
delle domande nell’ultimo censimento molti
interpellati si siano auto-esclusi dalla
categoria “Mapuche”.
Tra Argentina e Cile
Il “conflitto mapuche”
riguarda sia il Cile sia l’Argentina dove i
nativi sono circa 500.000 e la complessità del
problema non sfugge alle persone più consapevoli
del grave ritardo con cui si è affrontata la
questione. É un conflitto con risvolti storici,
giuridici, economici e culturali e il suo
nocciolo resta immutato dal XIX secolo: la
rivendicazione dei popoli mapuche delle loro
terre, che ritengono siano state espropriate con
la forza a seguito delle due campagne
genocidarie.
Sia il Cile sia l’Argentina
si ostinano a negare gli eventi storici ed il
loro comportamento nei confronti di queste
popolazioni native assume i toni di una vera e
propria occupazione.
I Mapuche chiedono che
vengano rispettate le leggi emanate dai governi
cileno ed argentino e dalle organizzazioni
internazionali a difesa dei popoli nativi.
La Chiesa locale
La chiesa cilena, da molti
anni e in particolare dal discorso di Giovanni
Paolo II, ha cercato di dare basi solide a
questi percorsi mancanti ma non sempre con la
continuità e l’incisività necessarie e urgenti.
In una intervista,
padre Felipe Herrera, portavoce della
Commissione nazionale della visita di Papa
Francesco in Cile ha riferito: «lo Stato e la
società cilena hanno un grande debito con tutti
i popoli indigeni e con il popolo mapuche. La
Chiesa ha sempre lottato per la loro dignità e
il loro riconoscimento come popolo diverso ma
anche integrato nella società cilena. E in
questo siamo sempre stati all’avanguardia. Una
minoranza, ridotta, di questo popolo ha scelto
la via della violenza per far valere le proprie
rivendicazioni. Ma il popolo mapuche è un popolo
bello. Che cosa ci aspettiamo dal Papa?
Francesco non è un negoziatore. Non viene qui
per dare indicazioni su cosa si deve o non si
deve fare. Il Papa viene come messaggero di
Cristo, porta una Parola. Nell’enciclica
Laudato sii parla tantissimo dei popoli
indigeni e, quindi, noi attendiamo la sua parola
che, senz’altro, ci aiuterà ad accogliere la
loro diversità e la loro ricchezza e a sostenere
i popoli indigeni nel loro riconoscimento […] La
responsabilità di quello che dirà il Papa, alla
fine ricadrà su di noi e sul modo in cui
accoglieremo la sua parola affinché porti frutti
concreti».
Dominazione spagnola e
resistenza mapuche
Enrique Antileo,
antropologo di 35 anni di origine mapuche, ad un
giornalista ha dichiarato: «Dalla visita del
Papa in Cile ci si aspetta un messaggio a favore
del riconoscimento dei Mapuche. Nella
popolazione esiste la coscienza di essere un
popolo colonizzato e questo è il debito storico
che lo Stato cileno ha nei nostri confronti. In
tutto il Sudamerica i Mapuche sono l'unico
popolo che non capitolò di fronte alla
dominazione spagnola per oltre trecento anni.
Gli spagnoli stessi rimasero impressionati e
disorientati dalla loro forza e determinazione».
Questi “selvaggi”,
così venivano chiamati dagli europei,
costrinsero i soldati della Corona di Spagna
alla firma del trattato di Quillin nel 1641 e
imposero all’invasore il riconoscimento
dell’autonomia territoriale della Nazione
Mapuche, la WallMapu, a sud del fiume Bìo-Bìo.
«L’obiettivo primario
dell’attivismo indigeno – continua Antileo - è
recuperare le terre e ricostituire la Wall-Mapu.
L’elemento in comune è il riconoscimento dei
Mapuche come nazione».
La visita di Papa
Bergoglio doveva essere un tranquillo ritorno
nella “sua” America Latina, invece il viaggio in
Cile e Perù rischia di essere
tra i più difficili e insidiosi.