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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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Catologna, patria e monete
La storia mostra che i movimenti indipendentisti hanno spesso migliorato la qualità di regimi liberticidi, ma si può dire lo stesso nell'ambito di una democrazia? Il rinfocolarsi di questioni etnico-nazionalistiche all'interno di Stati democratici, potrebbe infatti celare qualcosa di meno nobile degli ideali di terra, patria e libertà, vale a dire un braccio di ferro con il governo centrale per ottenere più soldi. E' difficile dire se il caso della Catalogna rientri in questa categoria, ma è vero che il sistema delle Comunità autonome spagnole, una via di mezzo tra regionalismo italiano e federalismo tedesco nel quale il governo regionale di Barcellona gode di ulteriore autonomia su lingua e polizia, unita ad una Costituzione garantista, dovrebbe permettere ai catalani di coltivare la loro identità. Non è dunque improbabile che il reale scopo del referendum fosse il far pesare, in termini di mobilitazione locale e solidarietà internazionale - ecco perché il continuo appello ad un'Unione Europea fino a ieri messa alla gogna per l'austerity -, la richiesta di una completa autonomia fiscale. In questo senso Puigdemont, usando magari i propri cittadini come scudi umani contro le prevedibili cariche della guardia nazionale, ha teso al Governo una trappola in cui Rajoy è cascato in pieno. Si è così dipinto un gioco di ruolo tra vittima e carnefice che fa distogliere lo sguardo dalle questioni concrete e ha sollevato lo sdegno dell'opinione pubblica mondiale. Basta fare un giro sui social per vedere come gli stessi italiani che da noi chiedono di abrogare le regioni a statuto speciale, esprimano simpatia e sostegno alla questione catalana. Basterebbe però ricordare le centinaia di milioni di Euro che il Governo spagnolo ha veicolato nelle casse del club di calcio del Barcellona, salvandolo dalla bancarotta con il plauso degli autonomisti, per comprendere che certi moti si misurano meglio in valuta corrente piuttosto che in vittime sul campo di battaglia. Marco Lombardi
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