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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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Concordato e
pedofilia
proposta di legge Civati - Maestri Oggi abbiamo depositato alla Camera dei Deputati un progetto di legge costituzionale che prevede l'abrogazione dell'art. 7 del Concordato stipulato fra la Santa Sede e lo Stato italiano nel 1929. In base alla norma concordataria «Gli ecclesiastici non possono essere richiesti da magistrati o da altra autorità a dare informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del sacro ministero». La norma offre copertura alle posizioni di quella parte della Chiesa cattolica che si ritiene esentata dall'obbligo di denunciare alla magistratura i casi di pedofilia segnalati alla Curia. La tutela incondizionata dei bambini vittime dei pedofili, auspicata per la prima volta con chiarezza anche dalla stessa Pontificia Commissione istituita da Bergoglio, per essere concreta deve passare attraverso l'abrogazione di questa norma concordataria. Troppo timide, invece, le raccomandazioni della CEI, che contraddicono la nettezza della posizione espressa dalla Pontificia Commissione. La nostra proposta nasce dal senso repubblicano delle istituzioni che ci guida, insieme al principio di laicità e dall'esercizio della responsabilità di legislatori. Auspichiamo il più ampio consenso parlamentare intorno alla nostra proposta, perché è dovere morale e giuridico assicurare una tutela immediata ed effettiva a tutte le piccole vittime di abusi. On. Giuseppe Civati On. Andrea Maestri (Possibile) TESTO CAMERA DEI DEPUTATI PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE D’INIZIATIVA DEI DEPUTATI CIVATI, ANDREA MAESTRI, BRIGNONE, PASTORINO ____________________ ABROGAZIONE DELL’ARTICOLO 7 DEL CONCORDATO FRA LA SANTA SEDE E L’ITALIA ESEGUITO CON LEGGE 27 MAGGIO 1929, N. 810 ____________________ Onorevoli Colleghi! – La pedofilia rappresenta uno dei crimini più odiosi, rispetto alla quale non si dispone, naturalmente, una raccolta sistematica e precisa di dati, essendo purtroppo anche frequente la sua mancata emersione. La diffusione del fenomeno emerge, tuttavia, ad esempio, dal dossier 2016 realizzato da Telefono Azzurro sulla base delle chiamate di denuncia arrivate ai numeri 19696, 114 Emergenza infanzia e nelle chat, da cui risulta che nel 2015 i casi di abuso sessuale e pedofilia gestiti sono aumentati dal 3,4 al 5 per cento. In particolare, le telefonate arrivate al 114 sono passate dal 5,4% del 2014 al 6,7% del 2015. La maggior parte di questi crimini risultano commessi in famiglia, dove sono spesso frutto dell’abuso della fiducia del minore nelle persone che dovrebbero tutelarle, per giunta coperti da un’omertà che li rende ancora più odiosi. Oltre che in famiglia questi crimini si consumano spesso in altri ambienti “familiari”, dove il minore è circondato da persone delle quali è pronto a fidarsi, tra cui quelli della Chiesa, secondo quanto più volte emerso dalle indagini sugli episodi di pedofilia. Rispetto a questo fenomeno, le reazioni degli ambienti ecclesiastici sono state molto diverse, per quanto si debba riconoscere, negli ultimi anni, una maggiore sensibilità favorita anche dall’attenzione degli ultimi Pontefici. In particolare, Papa Francesco, nel 2014, ha istituito la Pontificia Commissione per la protezione dei minori, presieduta dal cardinale di Boston, il cappuccino Sean Patrick O’Malley, che ha precisato poche settimane fa come «I crimini e i peccati degli abusi sessuali sui bambini non devono essere tenuti segreti mai più. Garantisco la zelante vigilanza della Chiesa per proteggere i bambini e la promessa della piena responsabilità per tutti». Si precisa altresì che «Noi, il Presidente e gli altri Membri della Commissione, desideriamo affermare che i nostri obblighi ai sensi del diritto civile devono essere rispettati, certamente, ma anche al di là di tali vincoli, abbiamo tutti la responsabilità morale ed etica di denunciare gli abusi presunti alle autorità civili che hanno il compito di proteggere la nostra società». Sono dichiarazioni importanti da cui emerge con chiarezza la piena condivisione della gravità dei crimini in questione e rispetto alle quali non risultano coerenti purtroppo le posizioni assunte dalle Conferenze episcopali e in particolare da quella italiana che affermano la sottrazione del vescovo, in quanto privo della qualifica di pubblico ufficiale, all’obbligo di denuncia. Si tratta di un’impostazione che va esattamente in senso opposto a quanto affermato dalla Pontificia Commissione per la protezione dei minori anche sulla necessità di andare oltre i vincoli giuridici. Ma siccome – come ammonisce Madison nel The Federalist – gli uomini non sono angeli (evidentemente neppure quando appartengono alla Chiesa) anche le regole giuridiche sono importanti e peraltro è di quelle che ci dobbiamo occupare anzitutto come parlamentari della Repubblica. Ecco, in questo senso osta a quella piena collaborazione che richiede il perseguimento di ogni reato, da parte di tutti, senza distinzione per l’abito che portano, e in particolare dei reati più gravi e odiosi come quelli di pedofilia, l’articolo 7 del Concordato tra la Santa Sede e l’Italia, inserito nell’ambito dei Patti Lateranensi stipulati l’11 febbraio 1929, a cui è stata data esecuzione con legge 27 maggio 1929, n. 810, ai sensi del quale «Gli ecclesiastici non possono essere richiesti da magistrati o da altra autorità a dare informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del sacro ministero». Per questo riteniamo che, pur nella speranza che la sua cancellazione sia possibile in tempi brevissimi attraverso l’accordo delle Parti, questo Parlamento si attivi immediatamente per la sua abrogazione con legge costituzionale, secondo quanto previsto dall’art. 7, secondo comma, della Costituzione, sperando di trovare sul punto quell’amplissimo consenso che consenta di chiudere in pochi mesi il procedimento con il voto parlamentare. ____________________ Art. 1 L’articolo 7 del Concordato fra la Santa sede e l’Italia eseguito con legge 27 maggio 1929, n. 810 è abrogato.
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