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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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Scuola statale,
privatizzazione avanza
di Alvaro Belardinelli
La Scuola italiana non deve più educare cittadini coscienti della propria storia e del proprio futuro: ha semmai la funzione di sfornare particelle subatomiche, preordinate per l’inserimento in un “mercato del lavoro” viepiù “flessibile” (leggi malleabile) e precario (ossia senza diritti). «Dobbiamo tendere sempre più verso un modello americano, in cui la flessibilità, che è sinonimo di precariato, è la base di tutto il sistema economico”. Parola di Stefania Giannini, Ministra dell’Istruzione (non più Pubblica), Università e Ricerca. Ecco perché il Verbo neoliberista si abbatte con sempre più forza anche sulla Scuola Statale e sui suoi Docenti, rei di avere ancora il vituperato “posto fisso”. Eppure Giannini, insigne glottologa, sa bene che la Scuola pubblica americana produce analfabeti. La renziana Legge 107/2015 (quella della cosiddetta “Buona Scuola”, invano contrastata da insegnanti, genitori e studenti prima della sua emanazione) ha di fatto introdotto la perdita di titolarità su cattedra per tutti i nuovi Docenti assunti. Grazie alla Legge 107, infatti, gli insegnanti non vengono più arruolati su cattedra, ma su “ambiti territoriali” molto estesi. In pratica, se sei un insegnante (magari con due lauree, una specializzazione, un dottorato di ricerca, un concorso vinto e undici anni di precariato alle spalle), dovrai fare domanda ai Presidi (oggi “Dirigenti Scolastici”) delle varie scuole dell’ambito territoriale cui sei stato assegnato. Se sei fortunato, un preside ti potrebbe chiamare per un colloquio, come nella scuola privata. Se sei ancora più favorito dalla sorte, otterrai un “incarico triennale”, rinnovabile (sempre che il Dirigente ti ritenga utile). Tutto ciò è riassumibile in una parola: privatizzazione. La Scuola pubblica non esiste più. I soldi sono pubblici, l’istituzione è dello Stato, ma la gestione è privatistica. Il Dirigente è un onnipotente, in grado di decidere chi lavorerà e per quanto tempo. E i Dirigenti (non dimentichiamolo) sono scelti direttamente dal Ministero; cioè dal Governo; vale a dire dal Potere partitico; e, per tramite di quest’ultimo, dai mandanti del Potere partitico. Ebbene, quanto sta avvenendo in questi primi giorni del nuovo anno scolastico supera persino i danni prodotti dalla Legge 107. Essa, infatti, aveva distinto lo stato giuridico di professori e maestri in base alle fase di assunzione, stabilendo che gli insegnanti assunti nelle fasi precedenti al 2015 sarebbero rimasti titolari su cattedra, e che sarebbero scivolati negli ambiti territoriali solo in caso di soprannumero o di mobilità volontaria (norma già di per sé iniqua e scellerata, perché capace di impedire ai Docenti persino il cambio di domicilio, pena il precariato de facto nell’inferno degli ambiti territoriali). Il Ministero, con due semplici Note ministeriali (una del dicembre 2015 e l’altra del 5 settembre scorso), giuridicamente inferiori alla Legge, sta spingendo gli insegnanti titolari su cattedra a rinunciare alle proprie ore a vantaggio dei Docenti neoassunti su “potenziamento” (ossia per progetti, supplenze, corsi di recupero e quant’altro), in nome di un egualitarismo al ribasso che non tiene conto né dei diritti acquisiti né dell’esperienza, e che mira soltanto ad appiattire la Scuola in un minestrone indistinto in cui chiunque può insegnare qualunque cosa. In pratica, dice il Ministero (contro la stessa Legge 107, che non abolisce le graduatorie!), gli insegnanti non devono più essere distinti in base a titoli ed anzianità: siamo tutti “organico dell’autonomia”, volemose bbene! Pertanto, mentre l’opinione pubblica è artatamente distratta, nelle scuole di tutta Italia sta accadendo l’inverosimile: professori di greco che insegnano alle Primarie, insegnanti di educazione fisica che insegnano educazione civica, Docenti di latino che insegnano storia al posto di quelli di filosofia, insegnanti con ventisette anni di lavoro alle spalle destinati a fantomatici “progetti” o a tappare i buchi delle assenze per malattia. Divide et impera, insomma, all’insegna del demansionamento di massa. Ai neoassunti si consente di scavalcare i veterani (soprattutto quelli meno simpatici ai Dirigenti più dispotici). Con la benedizione della Ministra e dei suoi mandanti confindustriali (e nordeuropei). Insopportabile in qualsiasi contesto lavorativo, ancor più grave in qualsiasi istituzione, questa deregulation è gravissima nella Scuola, che da comunità educante si trasforma in laboratorio del peggiore aziendalismo. I Docenti non saranno mai più liberi di dire la propria opinione sull’operato del Dirigente, sulla gestione della scuola, sull’impiego dei finanziamenti. Non solo: non saranno liberi nemmeno di decidere cosa e come insegnare. Con grave danno per la preparazione degli studenti: un professore ricattato e impaurito non può essere un bravo Docente, e non può insegnare coerenza né libertà. Ferita gravissima per la democrazia di un Paese come il nostro, a forte ingerenza pontificia e governato da politicanti che non curano gli interessi comuni, ma quelli dei poteri forti cui gli stessi politicanti devono la propria poltrona. È un colpo durissimo alla libertà d’insegnamento (affermata e tutelata dalla Costituzione all’articolo 33) ed alla Scuola Statale tutta, che nel giro di un decennio ne risulterà completamente distrutta. Con tante grazie al Governo del Partito Democratico di Renzi e dei suoi degni sodali. Niente paura, però. Privatizzata la Scuola della Stato, prospereranno quelle pontificie. Verrà così celebrato, in pompa magna, il tanto anelato matrimonio religioso tra neoliberismo e medioevo. Senza neppure bisogno di un nuovo Congresso di Vienna. Per omnia sæcula sæculorum. Amen.
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