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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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Terrorismo islamista avanza, Europa sulla difensiva
Il mondo brucia. Ecco perché
stiamo perdendo di Stefano Stefanini,
La Stampa, 14 marzo 2016
Una coincidenza è una spiegazione
mancante. I due attentati di ieri, in Costa d’Avorio
e in Turchia, sono quasi sicuramente opera di
terroristi non in contatto fra loro e senza alcun
coordinamento ideologico o operativo. Non sono
tuttavia una coincidenza. La spiegazione,
drammaticamente semplice, è che stiamo perdendo la
guerra contro il terrorismo. I terroristi ne
approfittano perché sanno che per continuare a
vincere - a guadagnar terreno - basta esattamente
quello che hanno fatto ieri. Colpire, fare vittime,
seminare paura, in un angolo o l’altro del pianeta.
Che noi vogliamo o meno chiamarla guerra importa
poco. Chi la conduce, in particolare lo Stato
Islamico, Al Qaeda, Boko Haram, Shabaab, taleban, ha
pochi dubbi sul dichiararla e condurla
spietatamente. Ammanta di religione la barbarie e
approfitta di qualsiasi bersaglio o punto debole a
disposizione. Ogni bersaglio è legittimo. Più di un migliaio di
chilometri separa Ankara da Grand-Bassam,
un abisso psicologico le vittime di ieri nella
capitale turca da quelle nel villaggio vacanze in
Costa d’Avorio. Il filo diretto è la stretta del
terrorismo sulla scena internazionale. Per diversa
che sia l’etichetta che ha armato i Kalashnikov e le
bombe, i due attentati rispondono ad una logica
unica. Una logica che sta destabilizzando il mondo
soprattutto intono a noi. Non facciamoci illusioni
perché non ne siamo al riparo né in Italia né in
Europa. Anche senza tirare in ballo
le tragedie di Parigi dello scorso anno, e la caccia
al terrorista nei quartieri di Bruxelles, siamo di
fronte ad una minaccia crescente e continua alla
nostra quotidianità dai viaggi agli affari, dalla
cultura al turismo. Non siamo al riparo dalla guerra
del terrorismo perché, come Europa ne siamo
circondati. La stiamo perdendo perché, malgrado
tutti i nostri sforzi, malgrado le forti
dichiarazioni di solidarietà, 15 anni dopo l’11
settembre e le code di Londra e Madrid, lo scenario
di sicurezza intorno a noi è peggiorato anziché
migliorare. Siamo sulla difensiva
mentre abbiamo permesso al nemico d’insediarsi in
Siria, in Iraq, in Libia e nel Maghreb: intorno
all’Europa. Continuiamo a dire che la sfida
dello Stato Islamico non ha soluzioni militari.
Vero, ma intanto lo Stato Islamico ci aggredisce con
le armi, per di più senza alcun scrupolo nell’usarle
contro civili. Anzi, più civili colpisce, maggiore è
il successo. Non verremo mai a capo di questa
minaccia se non uniremo a un forte impegno
diplomatico e politico anche lo strumento militare
con più determinazione e coraggio di quanto abbiamo
fatto finora. Sappiamo «dov’è» Isis.
Conosciamo la sua capitale in Siria, le città dove
esercita il suo barbaro potere con violazioni
orrende dei diritti umani, conosciamo le basi sul
litorale libico. Sono vulnerabili ai mezzi di cui
disponiamo, ma esitiamo ad usarli o li
centelliniamo. I due attentati di ieri sono lontani
dall’Italia e dall’Europa. Possiamo continuare ad
illuderci che la distanza basti a darci una certa
sicurezza. Rinunceremo a qualche viaggio e
cancelleremo i villaggi turistici in località
esotiche. Ma
non illudiamoci: così facendo il terrorismo
continuerà ad avanzare mentre noi, l’Europa, il
mondo civile, battiamo in ritirata.
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