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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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L’ideologismo della famiglia “naturale”
di Edoardo Boncinelli
e Nuccio Ordine
Mai come in questo ultimo anno
le parole “natura” e “naturale” hanno dominato le
pagine dei giornali, i dibattiti televisivi e
finanche le piazze. Da quando si parla di “unioni
civili”, questi termini vengono spesso usati a
proposito e a sproposito. In ben due “family day”,
tra la folla e sul palco si sbracciavano i
sostenitori della cosiddetta “famiglia naturale”:
una famiglia può dirsi tale, solo quando è in grado
di garantire la riproduzione (papà, mamma,
figlio/i). Tutte le altre tipologie di famiglia
sarebbero “innaturali”, come quelle composte da una
coppia di due uomini o di due donne (e perché, tanto
per essere coerenti, non inserire in questa
categoria anche le coppie eterosessuali sterili?). Detto in
altri termini: l’idea di famiglia non esiste se non
è consentita la perpetuazione della specie. La natura, insomma, diventa
garante della legittimità di questa particolare
concezione. Non è però ammissibile sostenere
che ciò che è naturale è buono e ciò che non lo è
non è buono (gli antibiotici, per esempio, non sono
naturali né lo sono gli aghi delle siringhe, mentre
virus e batteri sono naturalissimi). Ma se proprio
lo vogliamo fare, cerchiamo almeno di parlare della
natura per quello che effettivamente è. Chi parla
tanto di natura, purtroppo, spesso non la conosce
affatto. E poi di che natura si sta
parlando? Cioè dei membri di quale specie? Sarebbe
oltremodo interessante sapere quali siano le
inclinazioni dei membri della nostra specie prima
dell’imporsi dell’evoluzione culturale – questa sì,
sarebbe “natura” - ma chi lo saprebbe fare? L’osservazione delle altre
specie ci insegna che spesso spetta al maschio più
forte fecondare le femmine del branco e che i
cuccioli deboli bisogna abbandonarli al loro
destino. E in natura i cuccioli sono
spesso fragili e sofferenti. Per non parlare degli
anziani del gruppo, stanchi e malati, che vengono di
frequente abbandonati a se stessi. Anche questo è
“naturale”. Non si capisce perché un modello di
“famiglia naturale” non debba anche tener conto di
queste implicazioni, anch’esse naturali. A questa concezione
ferina della “famiglia naturale”, si contrappone una
concezione umana, frutto di secoli
di civiltà: la famiglia si crea attraverso un legame
in cui due esseri umani esprimono liberamente il
loro reciproco amore. Non un parametro puramente
animalesco, ma una dimensione fondata esclusivamente
su un piano affettivo. All’interno di questo
orizzonte, qualsiasi tipo di coppia (etero o omo,
con o senza figli) può essere riconosciuta come
nucleo familiare. Nel dibattito sulle unioni
civili la posizione ferina si distingue per il suo
singolare dogmatismo. Senza possibilità di avere
figli non c’è famiglia. Sul fronte opposto, invece,
viene fuori un’idea aperta e inclusiva: è famiglia
tutto ciò che contempla unioni determinate
dall’amore (quindi, anche quelle formate da coppie
eterosessuali che possono avere figli). Lo stesso discorso vale
per l’uso, fatto molte volte a sproposito, del
termine “contronatura”. Ancora una volta tiriamo la
natura in ballo per attribuirle quelle che sono le
nostre consuetudini. Considerare “contronatura” due
persone dello stesso sesso che si amano è quanto di
più “innaturale” si possa dire. Già Montaigne ci
ammoniva nel ricordarci che noi spesso invochiamo la
“natura” per parlare dei nostri usi e delle nostre
convenzioni. Ecco
perché bisogna sempre diffidare quando si parla di
“natura”. E soprattutto quando la si
usa per dare alle nostre idee una parvenza di
oggettività e di persuasività. Si tratta di
posizioni strumentali che è molto facile
smascherare. Si pensi all’adesione espressa dai
vescovi italiani al “family day”: è curioso che
l’appello alla natura venga proprio dalla Chiesa.
Per secoli le gerarchie ecclesiastiche hanno opposto
i libri sacri allo studio della natura: hanno usato
la teologia per smentire la scienza (si pensi al
rigetto del copernicanesimo e alle violenze inflitte
a filosofi e scienziati o alle inspiegabili
resistenze opposte alle ricerche sulle cellule
staminali). Oggi si compie lo stesso errore,
spacciando principi morali per principi naturali. Lo scontro sulle unioni civili –
con buona pace per la natura – rivela soprattutto lo
scontro tra concezioni diametralmente opposte del
vivere insieme: quella dogmatica (che vuole imporre
agli altri il proprio modello) e quella aperta (che
riconosce una pluralità di modelli, in cui i diversi
individui possano esprimere liberamente le loro
scelte). Le conseguenze sono sotto gli occhi di
tutti: mentre i dogmatici escludono coloro che non
si conformano al loro modello unico, i fautori del
modello aperto propongono una società in cui anche i
dogmatici possono vivere in coerenza con i loro
principi morali e religiosi. Corriere della Sera,
Unioni civili, il dibattito sulla famiglia e
quell’abuso del termine “naturale” 12 febbraio 2016
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