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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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Prima la Costituzione poi il catechismo, vale anche per le scuole cattoliche
di Maria Mantello
Un ragazzo fuori dalla classe con tanto di sedia e di banco dove possa stanziare durante l’orario di lezione lontano dai compagni: in uno spazio di solitudine... perché gay dichiarato. Una umiliazione nella violazione della sua dignità di essere umano che si consuma a Monza nell’ “Ente Cattolico Formazione Professionale” (E.C.Fo.P) di Via Manara 34. La ghettizzazione inizia giovedì 24 settembre e ha termine il lunedì successivo di fronte all’intervento dei carabinieri a cui la madre del ragazzo si rivolge per denunciare quanto stava accadendo al figlio. Il Centro di formazione professionale di Via Manara 34 è annesso alla chiesa di S. Biagio, il cui parroco, don Marco Oneta è anche il presidente dell’Ecfop, che in Lombardia ha diverse altre sedi.
I centri di formazione professionale non fanno capo al Ministero dell’Istruzione, ma alle Regioni che in base all’art. 117 della Costituzione si occupano di “istruzione artigiana e professionale”. Le Regioni riconoscono gli enti privati di formazione professionale, a cui affidano la gestione dei corsi, coprendone ogni spesa: stipendi del personale, attrezzature di servizio, materiali didattici, ecc. Insomma, nel settore della formazione professionale, le Regioni hanno esclusivamente un ruolo sussidiario, ovvero di erogatrici di pubblico denaro. Un modello - per inciso- che la “buona scuola” renziana sta esportando nei cicli ordinari del sistema scolastico (dalla scuola d’infanzia ai licei).
Ma torniamo al caso dell’ Ecfop di Monza. A far conoscere l’umiliazione inflitta al ragazzo gay è stata la stampa locale, che ha riportato nel dettaglio l’accaduto, comprese le incredibili dichiarazioni rilasciate in interviste e comunicati dal direttore Adriano Corioni, che dice di aver separato l’alunno gay perché «influenza negativamente gli altri ragazzini». Ovviamente – quanta cura! – lo avrebbe fatto anche per il bene del ragazzo stesso. Tanto bene, che il ragazzino gay è tornato a casa in lacrime, e fermamente intenzionato a non tornare più in quella scuola. Di qui l’intervento della famiglia di cui abbiamo detto prima. Quando la vicenda ha cominciato a rimbalzare sui media, il direttore Corioni ha cercato di tutelarsi affermando: «Vi assicuriamo che non facciamo discriminazioni sessuali né razziali. La nostra attenzione è alla formazione professionale dei giovani, seguendo il dettame della pastorale della Chiesa cattolica».
Ecco il punto. Per una scuola cattolica il faro non è la Costituzione, ma la dogmatica curiale e il suo catechismo, che stigmatizza l’omosessualità come «oggettivo disordine morale», (canone 2357) e condanna gli omosessuali all’espiazione del “peccato” vivendo nel «sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione» (canone 2358). Così, il direttore del centro professionale cattolico, si deve essere sentito un novello S. Giorgio (come non pensare al corto di Fellini “Le tentazioni del dott. Antonio”!) nel perseguire in quel suo alunno adolescente una doppia “colpa”: essere gay e per giunta dichiarato. La dirigenza dell’Ecfop di Monza si deve essere sentita come investita da spirito militante alla diffusione della dottrina curiale cattolica. Un baluardo per non incrinare la pregiudiziale omofoba. Di qui la crociata per mettere all’indice il ragazzino gay, gettando sulle fragili spalle di quell’adolescente la croce a cui inchiodarlo: quel banco d’isolamento.
Una vergogna per ogni più elementare concezione di umana educazione, che deve porre l’attenzione sul singolo, nel diritto dovere al riconoscimento della sua dignità. Ma la direzione Ecfop preferisce la veste del medievale inquisitore per annichilire un ragazzo coraggioso. Un ragazzo che vuole essere riconosciuto per quello che è, e che sta combattendo la battaglia per il fondamentale diritto umano ad essere proprietario della sua vita.
Allora, vale appena ricordare che “formazione integrale della persona” – di cui si parla in ogni statuto di qualsivoglia scuola cattolica - non vuol dire omologazione ai precetti cattolici. Si dismettano i sogni medievali teocratici. La libertà e la democrazia sono state conquistate con lacrime e sangue... Oltre i roghi e le gogne di Santa Romana Chiesa! Sopra al catechismo e alle gerarchie vaticane c’è la Costituzione con i suoi principi fondamentali: anche contro i razzismi sessisti.
Ecco allora un buon esercizio che in un banco da solo potrebbe fare quel direttore: scrivere almeno cento volte l’art. 3 della Costituzione che vincola alla rimozione degli ostacoli – discriminazioni sessuali comprese - per promuovere la formazione del Cittadino. Del cittadino democratico, caro direttore, non del credente cattolicista!
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