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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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Charlie Hèbdo, Maometto e la dialettica hegeliana del perdono
di Maria Mantello
La vignetta con Maometto che stringe il cartello Je suis Charlie con cui è ripartito il Charlie Hèbdo il 14 gennaio, è stato l’ennesimo pretesto per la guerra alla libertà e alla laicità dei fondamentalisti islamici, che in questi giorni dalla Nigeria all’Algeria, dalla Turchia al Pakistan, dal Libano alla Siria... imperversano con la loro violenta furia. Per costoro è insopportabile che la rivista continui a pubblicare. Loro l’avrebbero voluta muta per sempre, insieme ai giornalisti assassinati il 7 gennaio dal commando jihadista. Ma così non è stato. Dopo la strage subita, la prima edizione del Charlie Hèbdo ha venduto milioni di copie e altre ristampe si attendono.
Eppure la vignetta di Luz, copertina del Charlie Hebdo su fondo verde speranza, è bellissima. Maometto che piange col quel cartello tra le mani Je suis Charlie, diventa anche egli un manifestante per la libertà di pensiero. Un manifestante della libertà per la libertà come i tanti musulmani che hanno partecipato alla Marcia della Repubblica l’11 gennaio. Di più, il titolo della vignetta, Tout est pardonné, ne fa un mediatore di pace. Maometto si apre alla dialettica del perdono che non può esserci senza il riconoscimento della libertà per ognuno, che il motto Je suis Charlie sintetizza.
In quel “Tutto è perdonato” non c’è debolezza, non c’è rassegnazione, ma la vitalità dell’intelligenza umana che depone la prepotenza della esclusività soggettiva assoluta che l’alterità schiaccia, distrugge, annichila, e sceglie il regno della libertà nel dono totale (per-dono) di un impegno: il riconoscimento dell’alterità che supera l’unicità arrogante del modulo di replicante che può inglobare a tal punto fino a scambiare terroristi assassini con testimoni della fede.
C’è filosofia alta in questa vignetta che evoca la dialettica del perdono di Hegel. Per-dono come incontro, relazione tra individui liberi che superano l’egoità assoluta, per rispecchiarsi nell’altro nel paritetico diritto alla libertà. Je suis Charlie non è forse la sintesi della razionale consapevolezza (pensiero giudicante) con la volontà (pensiero agente) di operare affinché nel riconoscimento dell’inconcusso diritto alla libertà per ciascuno, la libertà sia valore oggettivo condiviso?
Valore nel dono assoluto del superamento dell’avidità di tenere l’altro sottomesso, per sviluppare interrelazioni amicali private e sociali dove ciascuno è eguale e distinto in quanto essere umano libero. «Volontà oggettiva e volontà soggettiva sono allora conciliate, e formano un unico complesso senza turbamento» scriveva Hegel ad esempio nelle sue Lezioni sulla filosofia della storia, perché è divenuta mondo la consapevolezza che ognuno «in quanto uomo, debba essere libero, e che la libertà non sia il diritto solo di un’individualità particolare». Il Maometto di Luz non cancella la responsabilità dell’offesa e della colpa, ma prospetta un dopo, un sopravanzare, un oltrepassare, il chiudere un ciclo per aprirne un altro sul terreno comune di una garanzia comune che si chiama laicità, che nell’universalità dei diritti diviene baluardo di civile convivenza democratica. E per questo pacifica.
Laicità che non è addomesticabile, neppure con le vanesie esercitazioni semantiche di quanti che, pur non tralasciando la vibrante condanna del terrorismo per non apparire conniventi con gli assassini in nome di Dio, eruttano marmellate ammuffite di ipocriti distinguo per costruire ponti al confessionalismo.
Ed è quanto ha sottolineato Gérard Briard nel suo editoriale pubblicato sul Charlie Hèbdo del 14 gennaio che è anche un auspicio: «Noi vogliamo sperare che a partire dal 7 gennaio 2015 la ferma difesa della laicità sia evidente valore universale per tutto il mondo. (Nous allons espérer qu’à partir de ce 7 janvier 2015 la défense ferme de la laïcité va aller de soi pour tout le monde)»; «Non la laicità positiva, non la laicità inclusiva, non la laicità non-so-che-altro-ancora, la laicità punto e basta (Pas la laïcité positive, pas la laïcité inclusive, pas la laïcité-je-ne-sais-quoi, la laïcité point final)». E conclude: «”Io sono Charlie” significa anche “Io sono la laicità”. (”Je suis Charlie” ... veut aussi dire “ Je suis la laïcité”)». Sovrascriviamo!
19 gennaio 2015
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