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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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Insegnamento Religione Cattolica, non è un lasciapassare per altre cattedre
di Alvaro Belardinelli
Una notizia incoraggiante, che dimostra come la democrazia italiana abbia ancora in sé gli anticorpi per resistere alla clericalizzazione forzata delle sue istituzioni (Scuola in primis). Il Tar Sicilia – sezione staccata di Catania (Sezione Seconda), con la sentenza n. 2772/2014, ha rigettato il ricorso presentato da un’insegnante di religione cattolica esclusa da una sessione riservata di esami (che le avrebbe valso l’abilitazione nella scuola secondaria). La sentenza riveste oggi una particolare importanza, in quanto ribadisce il seguente principio: non basta aver insegnato religione cattolica per poter insegnare qualsiasi altra materia senza averne i requisiti richiesti dalle leggi dello Stato (laico, peraltro). Esistono, infatti, precise norme secondo le quali, per essere ammessi alla sessione riservata degli esami di abilitazione in una determinata disciplina, occorre aver insegnato almeno una materia affine: intendendo per “affine” un insegnamento per il quale è necessario il medesimo titolo di studio. Invece i titoli di studio richiesti per insegnare religione, essendo stabiliti da un accordo tra la Conferenza Episcopale e le autorità scolastiche italiane, non costituiscono in sé requisito di passaggio ad altri insegnamenti. La sentenza del TAR Sicilia afferma implicitamente che al Vaticano non si può conferire anche il privilegio di far diventare automaticamente Docenti dello Stato tutti quanti a suo tempo furono nominati (da un vescovo!) insegnanti di religione. Una piccola grande sconfitta per la corte pontificia. La quale comunque sembra star vincendo la guerra. Restano intonsi, infatti, tutti i privilegi di cui essa comunque gode nella Scuola italiana. Nominati, per l’appunto, dai vescovi, gli insegnanti di religione sono pagati dallo Stato italiano (a spese del contribuente, a prescindere dalle convinzioni religiose di quest’ultimo). Godono inoltre di scatti stipendiali biennali, ottenuti dai “comuni” Docenti ogni sei-sette anni (proroghe a parte): guadagnano quindi più di loro. Hanno sempre un posto garantito, persino su gruppi classe di un unico alunno (mentre i Docenti delle altre materie si spolmonano in soffocanti aule-pollaio zeppe di trenta studenti). Se il vescovo li dichiara “decaduti” dall’insegnamento della religione, diventano automaticamente insegnanti a tempo indeterminato della materia scolastica per la quale possiedono un titolo di studio adeguato. E via salmodiando. Con buona pace di tutti quanti hanno dato la propria vita, dal Risorgimento alla Resistenza, per fare dell’Italia uno Stato giusto, unitario, indipendente, repubblicano, democratico, laico. Una volta tanto, almeno, grazie alla sentenza di Catania, possiamo prendere atto che servire il clero apre sì le porte, ma non proprio tutte. di Alvaro Belardinelli
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