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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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Liberi dalla Legge 40, ma non dall’arroganza degli ideologi della sofferenza
di Maria Mantello
Ci abbiamo messo dieci anni, ma alla fine siamo riusciti a sbarazzarci della reazionaria legge sulla fecondazione in vitro. Una legge ottusa, medievale, incardinata sul binomio: miracolo creazionista - fiat mariano. Una dommatica accoppiata per fare delle donne macchine riproduttive e per condannare ad avere figli malati, vietando l’innocuo esame preimpianto e sbattendo in faccia la porta alle coppie portatrici di malattie genetiche. Un film dell’orrore! E non è esagerato, viste le tante storie drammatiche che questa insana legge ha prodotto. Ci sono voluti dieci anni di lotte perché alla fine fosse sbriciolata dalle sentenze della Magistratura. Processata ben 29 volte dai Tar, dalla Corte Costituzionale e finanche dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che nel 2012 l’ha dichiarata “illogica e inumana”, condannando anche lo Stato italiano a risarcire la coppia che aveva chiesto giustizia a Strasburgo: con 15.000 euro per danni morali subiti, più 2.500 per le spese processuali sostenute. Adesso è caduto anche l’ultimo tabù: il divieto di fecondazione eterologa, grazie ad un altro pronunciamento della Corte Costituzionale. Una sentenza questa contro cui sono subito insorti anche questa volta i chierichetti del Governo del gioco della parti in grande intesa, cercando di inventarsi altri reazionari paletti. Ma ne sono usciti scornati visto che la sentenza della Consulta è esecutiva e non deve chiedere permessi per l’applicazione a chi, più o meno direttamente, è in servizio nelle coorti vaticane.
Ci sono voluti dieci anni di lotte, ma alla fine il principio costituzionale della laicità dello Stato ha vinto. Hanno vinto le donne. Ha vinto il diritto a diventare genitori. Hanno vinto i bambini che potranno nascere sani grazie alla fecondazione in vitro.
Solo i fideisti ideologi della sofferenza hanno nostalgia della legge 40. Ma la croce la prendano su di sé! Come diceva anche qualcuno a cui dicono di ispirarsi, ma il cui sacro nome, questi impudenti continuano a nominare invano. La prendono per sé e su di sé la croce! Se pensano così di guadagnarsi il cielo! Facciano pure! Noi laici, però, il paradiso lo vorremmo in terra. E per questo ideale combattiamo nell’unica vita storico-biologica che nessuno può negare essere vera. E allora in questa vita, operiamo per costruire sempre maggiori spazi di libertà e giustizia, nella consapevolezza –come scriveva anche E. Fromm (Dalla parte dell’uomo)- che «l’uomo soltanto può determinare il criterio della virtù e del peccato, non un’autorità che lo trascenda, e sul principio che “bene” è ciò che è bene per l’uomo, e “male” ciò che per l’uomo è nocivo; essendo il bene umano unico criterio del valore etico». Forse non sarà proprio il paradiso, ma certo possiamo contribuire almeno a far sì che la vita di ognuno sia un po’ meno inferno. E non è poco!
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