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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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Aborto, il Consiglio d’Europa all’Italia: prima di tutto il diritto della donna.
«Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure previste [...] e l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste [..] La regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale». È quanto stabilisce l’articolo 9 della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza. Un articolo indecentemente disatteso grazie al servilismo e/o al peloso carrierismo medico e paramedico sotto la protezione vaticana. Una situazione allarmante, visto che gli obiettori arrivano anche a punte del 91%, secondo le stime della libera associazione dei ginecologi, col risultato di ricacciare le donne nella piaga dell’aborto clandestino. dall'entrata in vigore della 194 (1978) il rapporto tra paziente e dottore è stato ribaltato: non il medico al servizio della donna, ma la donna al servizio del medico. Si tratti pure della sacra coscienza individuale, chi stabilisce che quella della donna debba essere subordinata a quella del medico obiettore? Se lo sono chiesti anche al Consiglio d’Europa che ha condannato l’Italia proprio per la mancata applicazione dell’art. 9 della 194 «a causa dell’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza». Il documento UE è una positiva novità. Proprio in virtù di questo pronunciamento europeo, le donne potranno avere la possibilità di denunciare medici obiettori e strutture ospedaliere per mancata erogazione di un servizio sanitario previsto dalla legge, quale appunto è l’ivg. Una novità assoluta che spezza la catena di quel solidarismo reazionario che regna nella maggior parte degli ospedali tra il personale sanitario, e che ne fa una zona franca per eludere la 194.
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