Dal porcellum all'Italicum,
incostituzionalità e inerzia
di Gianni Ferrara
Poche ore dopo la pubblicazione della sentenza
1/2014 della Corte costituzionale, la ragione per la quale era
stata dichiarata l’illegittimità costituzionale del Porcellum
era scomparsa dai media di questo paese. La propaganda dei
distruttori della democrazia mediante lo svuotamento dei suoi
fondamenti e dei suoi strumenti la aveva già occultata dietro
il fumo di parole come «premio», «soglia», «stabilità», «governabilità»
ecc. I falsari di professione della politologia assoldati dai
capi dei comitati elettorali che hanno sostituito i partiti
politici si sono buttati subito a spostare l’attenzione sui tre
sistemi elettorali proposti da Renzi dichiarando che erano
tutti coerenti con quanto aveva affermato la Corte, l’esatto
contrario della verità.
L’attenzione dell’opinione pubblica è stata così attratta dalla
proposta risultante dalla «profonda sintonia» tra Renzi e
Berlusconi, ora all’esame della Camera dei deputati. Proposta
che mira alla riviviscenza del Porcellum camuffato ma
aggravato in funzione degli interessi dei due «sintonici».
Nulla a che fare quindi con la pronunzia della Corte, nulla a che
fare con la costituzionalità di un sistema elettorale.
È diventato quindi quanto mai necessario, è doveroso,
informare, gridare la verità accertata dalla Corte. Lo avevamo
detto, ripetuto cento volte. Ora è sancito in modo univoco
dall’organo della massima garanzia costituzionale. È quindi
provato che l’Italia ha subito in sette anni tre colpi di stato.
Quelli che ha inferto il Porcellum le tre volte che è stato
applicato per le elezioni del parlamento della Repubblica.
Ben si sa che in nome della continuità dello stato, l’efficacia
delle sentenze dichiarative dell’illegittimità delle leggi
decorre dal giorno successivo al deposito della sentenza della
Corte costituzionale. Ma la decorrenza dell’efficacia non sana,
non assolve, non attenua l’illiceità della norma dichiarata
incostituzionale. L’illiceità resta, è indelebile e
imprescrittibile. Condanna per l’avvenire ogni riviviscenza. È
tale quella cui mira il sistema elettorale Berlusconi-Renzi. Se
questo progetto sarà approvato il colpo di stato sarà reiterato
tutte le volte che il corpo elettorale sarà chiamato a votare.
Perché ogni volta sarà vilipeso, truffato, ripudiato il
principio fondante della nostra Costituzione, dello stato di
diritto, della democrazia, della civiltà giuridica: il
principio di eguaglianza. Contrariamente a quel che la Corte
ha prescritto si negherà che il «principio costituzionale di
eguaglianza del voto esige che l’esercizio dell’elettorato attivo
avvenga in condizione di parità in quanto ciascun voto
contribuisce potenzialmente e con pari dignità alla
formazione degli organi elettivi …». Si negherà anche che il «…
circuito democratico definito dalla Costituzione, basato sul
principio fondamentale di uguaglianza del voto … esige
comunque che ciascun voto contribuisca potenzialmente e con
pari efficacia alla formazione degli organi elettivi …». Invece
che precluderle, si propone di riapprovare norme volte «al
legittimo obiettivo di favorire stabili maggioranze
parlamentari e quindi stabili governi …» ma che «producono …
una eccessiva divaricazione tra la composizione dell’organo
della rappresentanza politica, che è al centro del sistema
della democrazia rappresentativa e della forma di governo
parlamentare e la volontà dei cittadini attraverso il voto,
che costituisce il principale strumento di manifestazione
della sovranità popolare, secondo l’art. 1, secondo comma della
Costituzione».
Si rovescerà quindi l’affermazione della Corte secondo cui quello
della stabilità è un obiettivo legittimo ma non è né un
principio né un fondamento dello stato costituzionale. E che
perciò non permette «una illimitata compressione della
rappresentatività dell’assemblea parlamentare» che il
Porcellum commetteva e l’accoppiata Renzi-Berlusconi vuole
reintrodurre. Si vorrà continuare a coartare «la libertà di
scelta degli elettori nell’elezione dei propri rappresentanti
in parlamento, che costituisce uno delle principali
espressioni della sovranità popolare …».
La riproduzione testuale delle motivazioni salienti della
sentenza della Corte costituzionale n.1 di quest’anno
(presidente Silvestri, relatore e redattore Tesauro) è dovuta
a incontestabili esigenze. Una è quella, peraltro duplice, di
riferire quali sono le censure di incostituzionalità
dichiarate, quali sono cioè le disposizioni normative che
perdono ogni efficacia giuridica e che, per essere state
giudicate illegittime, non sono riproducibili. Si è voluto
così rispondere al dovere di informare esattamente del
contenuto e della portata della sentenza. Di quel che una legge
elettorale non deve contenere.
Da questa sentenza emerge però qualcos’altro e di più. Esplicita
infatti l’oggetto e il contenuto del colpo di stato, come
all’inizio ho chiamato il Porcellum. Una legge esemplare di quel
tipo che imporrebbe il rifiuto di promulgazione da parte del
presidente della Repubblica per violazione di un principio
inviolabile della Costituzione e fondante della Repubblica.
Rifiuto da opporre previa conferma parlamentare di tal tipo di
legge rinviata alle camere dal presidente ai sensi dell’art. 74
della Costituzione, previo successivo ed eventuale ricorso
alla Corte per carenza di potere promulgativo di leggi che
travolgono i fondamenti dell’ordinamento costituzionale.
L’inerzia del presidente allora in carica ha determinato
l’effetto di tre legislature parlamentari elette con un sistema
elettorale illegittimo. Un precedente che ha gettato l’Italia
ai livelli più bassi della civiltà giuridica e politica. La Corte
costituzionale con la prima sentenza di quest’anno ha
provveduto a risollevarla. E, contraddicendo una celebrata
dottrina, si è elevata, essa sì, a garante della Costituzione.
Ma gli effetti devastanti già prodotti non potevano essere
sanati. Non lo sono stati. Ne consegue un imperativo
indefettibile: mai più.
il manifesto, editoriale, 28 gennaio 2014
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