Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

 

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEL LIBERO PENSIERO "GIORDANO BRUNO" 

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Rischia il carcere per un cartello irriverente contro "corpo politico"

di Maria Mantello

 

 

Per un manifesto satirico si può correre il rischio di finire anche in galera, soprattutto se riguarda il capo della religione cattolica.

Il fatto risale al 2009.  Il 9 febbraio la lotta civilissima intrapresa dalla famiglia Englaro per far rispettare la volontà di Eluana si conclude: aerazione e alimentazione forzate vengono finalmente interrotte. Ma le forze reazionarie e clericali non rinunciano a bloccare il diritto di ciascuno ad essere proprietario della sua vita.

Non vogliono altri casi Englaro e insistono perché il Parlamento sforni una legge che vanifichi le volontà individuali sul fine vita.

In questo contesto, il 14 febbraio a Roma si svolge la manifestazione dei NoVat dichiatamante contro contro clerico-fascismo e per l’abrogazione del Concordato.

Migliaia di persone sfilano per le strade della capitale.

Nel corteo un cartellone non passa inosservato. È su papa Ratzinger (oggi emerito, allora in soglio), raffigurato con i baffetti alla Hitler e una svastica a mo’ di aureola.

La proprietaria è una ragazza di 22 anni. A fine manifestazione, insieme ad altri suoi amici è  convocata in questura. Scagiona i suoi compagni e si assume la responsabilità del manifesto.

L’inchiesta parte. La Digos raccoglie i dati ed ecco infine  così configurata l’imputazione dal procuratore Maria Letizia Golfieri: «oltraggio a corpo politico», perché la ragazza «ha offeso onore e decoro del Capo di stato estero con un disegno raffigurante l'immagine del sommo Pontefice modificata con i baffetti tali da ricordare Hitler, con dietro alla testa una svastica nazista e uno striscione con la scritta Ratzi-Nazi».

Un’accusa per la quale l’ignara fanciulla rischia fino a 3 anni di reclusione.

La pratica è adesso nella mani del pubblico ministero Lina Corbeddu che dovrà verificare nel merito.

 

Quella raffigurazione di papa Ratzinger certamente, va inserita nel contesto della manifestazione di dura critica verso la curia vaticana e le sue coorti politiche. Nel manifesto programmatico con cui i No-Vat avevano indetto questo raduno, si biasimava con veemenza «il progetto di egemonia del Vaticano e la sua funzionalità ad un sistema sessista, fascista e razzista»  non risparmiando accuse neppure al «revisionismo di Ratzinger su Pio XI e Pio XII, complici del fascismo, del nazismo e della deportazione ed eliminazione di donne e uomini considerati “diversi”».

In quella manifestazione i cartelli e gli slogan goliardici (a mio avviso non sempre di buon gusto e addirittura controproducenti nel loro fondamentalismo speculare al clericalismo) abbondavano. Allora, perché concentrarsi solo su uno?

Sviluppando un vecchio adagio, forse l’avviso ai naviganti potrebbe suonare così: non scherzare con i santi, perché i fanti aprono inchieste!

 

Ma c’è una manifestazione, anche la più pacata e moderata senza cartelli irriverenti? E i bersagli non sono ovviamente  politici e capi di stato. Quante orecchie d’asino fanno da aureola alle loro facce, quante battute oscene contro intrighi, lobby, leggi ad personam, scambi simoniaci....

Nel paese di Aretino e di Belli, certo non si può dire che lingua e immagine tacciano.

E ciò che ai coevi può apparire scandaloso, poi capita che venga acclarato come opera d’arte. 

 

Insomma alle manifestazioni di protesta i corpi politici offesi pullulano... e minacciare con la galera ideatori, confezionatori ed espositori di carteloni e slogan non sembra proprio tanto in sintonia con la democrazia. 

O vogliamo istituire l’indice dei manifesti proibiti?

Ci vorrebbe un esercito di censori impegnati a stilare un dettagliato elenco di frasi sconvenienti per individuare gli imputabili di offesa a corpo politico. E magari necessiterebbe una commissione permanente, con volontari al seguito da sguinzagliare ad esempio nei mercati rionali dove tra i banchi i  “piove governo ladro” rimbalzano bellamente, tra mugugni e invettive -spesso irripetibili- contro i corpi politici di turno.

Su questa strada, il fervore burocratico accecherebbe, e si potrebbe anche arrivare a moltiplicare gli anni di galera  qualora si tratti di corpo politico collettivo. Se infatti l’offesa è rivolta ad esempio al Parlamento o al Governo, gli anni restano gli stessi o vanno moltiplicati per ciascun componente delle Camere o del Consiglio dei ministri?

E non mancherebbero quelli che vorrebbero preventivamente addomesticare le manifestazioni istituendo un qualche novello MinCulPop con una spolveratina di OVRA che fa più macchia nera.

Dittatura? Forse! Ma il corpo politico è salvo. Chissà!

 

Ma torniamo alla vicenda da cui siamo partiti.

Ecco, immaginiamo che la notizia fosse stata data con questo titolo: Una ragazza rischia 3 anni di carcere per un cartello contro capo religioso...

A chi avrebbe pensato il lettore? Certamente a qualche regime teocratico islamico.

Poi avrebbero scoperto che non è l’Iran, l’Arabia Saudita, o l’Afghanistan....

Strano paese il nostro, dove una ragazza può essere incriminata per un cartello contro l’autorità religiosa della religione privilegiata dal Concordato, ma dove non capita mai che si aprano inchieste a tutela del corpo politico del cittadino. Ad esempio, contro encicliche che caritativamente recitano: «la negazione di Dio priva la persona del suo fondamento» (Wojtyla Centesimus annus); o contro un catechismo che (al di là delle “rivoluzioni” annunciate da papa Bergoglio) continua a relegare ontologicamente le donne al ruolo di fattrici,  o che -spadone crociato sguainato - condanna l’omosessualità come «oggettivo disordine morale», (canone 2357) e gli omosessuali all’espiazione del “peccato” vivendo nel «sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione» (canone 2358).

Istigazione all’omofobia? Fate voi!

Ma si potrebbe sospettare che forse anche in omaggio a questo catechismo gli zelanti fanti del corpo politico, da Tevere e Oltre Tevere, osteggino il riconoscimento alla pari dignità per ogni cittadino! E come pietre risuonano in questi giorni le parole della destra clericale italiana in perfetta sintonia con quanto pacatamente dice sua eccellenza Enrico Solmi, presidente della commissione su famiglia e vita della Cei: «un riconoscimento delle unioni di fatto e anche delle unioni di persone omosessuali, è una deriva che non può essere accettata» (laRepubblica, 5 gennaio 2014, p.10). 

 

E a proposito di tutela dei cittadini corpo politico. Come la mettiamo con i “benedetti” cartelli che sfilano ad esempio in occasione delle “marce su Roma” dei pro-life, dove le donne vengono presentate come mangia-bambini tra litanie di orapronobis?

E come la mettiamo, ancora ad  esempio, con quella bruciante rappresentazione del sacro presepe mandata in scena a Firenze per il Natale dello scorso anno dal parroco della chiesa di San Felice in Piazza, dove un gigantesco cartello triangolare faceva da sfondo (aureola?) alla sacra famiglia con su scritto: “schiacciate l’infame” con le foto di Margherita Hack, Piergiorgio Odifreddi, Corrado Augias, Vito Mancuso? 

Pubbliche gogne. Roba da inquisizione (santa, anzi santissima, la si chiamava). Come quelle riservate a Beppino Englaro, o a Mina Welby, o al regista Castellucci per il suo Sul concetto di volto nel figlio di Dio al teatro Parenti di Milano, o quelle contro Alejandro Amenàbar per il film Agorà sulla storia di Ipazia... E l’elenco potrebbe continuare...

 

Ma mai un’indagine d’ufficio per offesa ai cittadini italiani, corpo politico anche essi?

Non vogliamo qui discutere di filosofia del diritto, ma forse vale appena ricordare  che proprio  il cittadino, ciascun cittadino, è corpo politico sopra tutti. Nel senso più profondo del termine di portatore di diritti e di pari dignità. Su questo suo essere corpo politico si misura la sua appartenenza alla cittadinanza.

 

Ma se il “corpo” di un religioso, capo della religione concordataria, lo si vuol blindare con quel  “politico” per esentarlo da qualsiasi critica, satira... significa che in Italia non è stata scritta ancora neppure la prima lettera della parola democrazia.

 

E democrazia vuol dire laicità, ovvero diritto paritetico all’accesso alla dignità alla libertà alla giustizia. Quindi garanzia di uguaglianza.

Per la democrazia, nessuno, proprio nessuno è Dio in terra. I fedeli di una religione possono anche crederlo per il loro papa, ma non è consentito allo Stato della Costituzione repubblicana, che non a caso pone la laicità a suo supremo principio.

Perché senza laicità c’è solo sopruso.

Applicare la Costituzione-come si può ben vedere- è allora la vera rivoluzione!

 

 


 

Direttore Responsabile: Maria Mantello
Webmaster: Carlo Anibaldi 

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