Bersani: ripartire dai
diritti umani.
Fioroni: obbedisco al papa.
di Maria Mantello
«Intollerabile che questo Parlamento
non sia riuscito a varare una legge
contro l’omofobia e la transfobia:
sarà anche su questi temi tra cui mi
permetto di aggiungere il divorzio
breve, l’introduzione del diritto di
cittadinanza per i figli degli
immigrati nati in Italia e il
testamento biologico, che nei mesi
che verranno di qui alle prossime
elezioni politiche, si giocherà la
nostra capacità di parlare al
Paese». È quanto ha dichiarato il
segretario del Pd Bersani in
occasione del gay pride nazionale di
Bologna sabato 9 giugno, offrendo la
sponda politica alle istanze di
effettiva parità democratica che
provengono dalla miglior società
civile e per le quali i movimenti
omosessuali si battono da anni.
«Nell’esprimere l’adesione del
Partito democratico al Pride
nazionale – ha detto Bersani nel suo
messaggio – desidero innanzitutto
dirvi grazie. Non è facile in una
fase politico-economica difficile
come questa lottare per rimettere al
centro della discussione politica il
tema dei diritti civili delle
persone. Movimenti come il vostro
spronano la politica italiana a
portare l’Italia, anche su questi
temi, nel novero dei principali
paesi occidentali».
Insomma i diritti umani vanno
rimessi al centro. La crisi
economica non può essere usata come
paravento per occultare il problema
delle garanzie dell’accesso ai
diritti umani. Diritti di civiltà,
diritti di laicità, diritti di
democrazia. Diritti che non si
misurano in termini di Pil.
Perché stare nel novero delle
democrazie liberali non è solo un
problema di Pil. Stare nel novero
delle democrazie liberali significa
rendere effettiva la democrazia,
come prevede la nostra Costituzione,
rimuovendo gli ostacoli alla parità,
alla giustizia.
Per questo ha aggiunto Bersani: «Non
è accettabile che in Italia non si
sia ancora introdotta una legge che
faccia uscire dal far west le
convivenze stabili tra omosessuali,
conferendo loro dignità sociale e
presidio giuridico».
Non possiamo che esprimere
soddisfazione per questa
rivendicazione di autonomia dello
stato laico dalla soggezione al
Vaticano. Una soggezione che però
attanaglia nel Partito democratico
personaggi come Fioroni, che si è
affrettato a dichiarare che per lui
conta quello che dice il papa: «Io
faccio mie le parole che Benedetto
XVI ha pronunciato nel corso di un
incontro con un milione di persone a
Milano: la politica non prometta
cose che non può mantenere. E oggi
con le famiglie che non riescono ad
andare avanti, con la povertà e la
disoccupazione, il nostro programma
deve essere quello di tentare di
risolvere la crisi. Sbagliare i
tempi in politica è come fare cose
sbagliate».
Il riferimento è all’incontro del 1
giugno a Piazza Duomo tra il sindaco
di Milano e il papa, dove a
quest’ultimo che reiterava
l’obbedienza ai precetti, Pisapia
contrapponeva il valore della
laicità dello Stato.[1] quel valore
che sta a base della nostra
Costituzione su cui pure l’onorevole
Fioroni deve aver giurato. Ma la
democrazia ha le sue fragilità, lo
sappiamo!
Però qualche fragilità, almeno
all’interno del Pd potrebbe essere
rimossa, ripartendo dal programma.
Si faccia chiarezza su quest’ultimo
e si recuperi fino in fondo la
matrice progressista. Allora, certi
personaggi vadano a fiorire da altre
parti. Averli fatti fiorire nel
proprio grembo è stata la iattura
del Pd.
Le politiche “buoniste”, false e
falsificanti, dove liberismo
selvaggio convive con socialismo,
autodeterminazione con
confessionalismo, legge democratica
con precetto, sono l’antipolitica.
Perché sono la fine dell’impegno a
parlare al Paese, a creare
consapevolezza sulle questioni e
cercare quindi consenso motivato. La
politica vuole programmi e chiarezza
nei programmi. È la politica della
ragione e non della furbizia di chi
cerca ogni volta una distrazione di
massa per bloccare a tempo
indeterminato la democrazia.