È successo in Francia, è successo
in Afghanistan, è successo in Norvegia, ed è successo in
Italia: la paranoia della guerra e la paranoia della crisi
armano mani omicide che vanno a colpire capri espiatori
immaginari e innocenti - bambini (e un adulto) ebrei, donne
e bambini afgani, ragazzi socialisti norvegesi, ambulanti
senegalesi. E la mano che ha ucciso il rabbino e i tre
bambini a Tolosa è probabilmente la stessa - forse quella di
un ex militare neonazista - che ha ucciso in questi stessi
giorni tre soldati, neri e musulmani, colpevoli di indossare
e quindi contaminare la preziosa uniforme della patria
francese.
La paranoia razzista è
ossessionata dall'idea della purezza,
dell'identità immutabile e assoluta. L'antropologa Mary
Douglas parlava dell'ossessione dell'«impurità» come
«materia fuori posto», e materia fuori posto sembrano oggi i
migranti in Europa, e da sempre gli ebrei. Aggiungerei che
agli occhi degli armati occidentali in Afghanistan e in Iraq
(e anche il reparto da cui era stato espulso il probabile
assassino degli ebrei e dei neri di Tolosa era stato laggiù)
sono materia fuori posto i civili, materia d'intralcio
colpevole di essere lì, di non amarli, e di ingombrare le
operazioni militari (come erano materia fuori posto gli
abitanti di Civitella Val di Chiana o di Caiazzo o del
Padule di Fucecchio, massacrati dai nazisti per farsi
intorno terra bruciata).
In
Furore di
Steinbeck - romanzo di
un'altra crisi - un contadino espropriato dalle banche cerca
di capire chi è stato a portargli via la terra, e si accorge
che sono poteri impersonali, senza volto. «A chi possiamo
sparare?» si chiede, desolato. I razzisti, gli antisemiti, i
neonazisti di oggi a chi sparare lo sanno benissimo - non
alle banche senza nome, ma a persone in carne e ossa, che
inquinano la purezza etnica e religiosa e che oggi ancor più
di sempre sono additate come la causa di tutti i mali - il
«complotto ebraico», i migranti che «portano via il lavoro»,
i rom che «sono nomadi, e allora continuino a migrare e
vadano via di qui» - e nell'onda ormai lunga dei femminicidi
nostrani, ci metterei le donne che non vogliano stare «al
loro posto».
Nel caso di Tolosa, l'identità dei tre
militari uccisi - neri e musulmani - era parsa irrilevante.
È solo con la strage antisemita venuta dopo che si è colta
la dimensione razzista di quegli omicidi: prima i musulmani,
poi gli ebrei, a conferma del fatto che l'odio verso questi
ultimi è la sintesi di tutte queste paranoie, di tutte
queste ossessioni, e che non c'è razzismo che non finisca
per diventare antisemitismo. Per questo, il rabbino e i tre
bambini ebrei di Tolosa sono in primo luogo vittime che
appartengono a un popolo, a una storia, a una religione e
una discendenza specifiche e molte volte ferite; ma sono
anche la sintesi di un orrore universale, scatenato e
legittimato da opportunismi colpevoli e ormai, a quanto
pare, fuori controllo.