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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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Femministe rock all'attacco di Putin e della Chiesa ortodossa
Pussy Riot è il nome di una band rock femminista che si esibisce a Mosca in concerti mordi e fuggi contro il potere. Una trentina di ragazze, in prevalenza studentesse universitarie di filosofia, arte, letteratura, psicologia e sociologia. Armate di chitarre balalaika e banjo, si riconoscono per l’abbigliamento coloratissimo, compresi i passamontagna in maglia lavorata. Utilizzati sia per non farsi riconoscere dai poliziotti, sia per testimoniare la gabbia soffocante della stereotipia sessista riportata in auge nella Russia dell’era Putin. Il “neo zar” che è al comando del paese dal 2000 e a cui hanno dichiarato guerra le arrabbiate, arrabbiatissime femministe di questo gruppo rock dal nome provocatorio e irriverente. A sorpresa si esibiscono in strade e piazze di Mosca. Oppure all’entrata di licei e stazioni metro. Ma si arrampicano anche su piattaforme, impalcature e autobus. Sempre per cantare la loro sveglia contro Vladimir Putin. Contro l’arroganza del suo potere. Contro il più becero machismo da capo-clan. Esibito. Evocato. Coltivato. Proiezione di un immaginario atavico da basso ventre, che diviene inganno sublime quando la bambola scambia la sua sottomissione per libertà. Una macelleria erotico-machista che è stata il motivo guida anche della recente campagna elettorale di Putin. Ormai incollato alla Presidenza dopo la vittoria del 4 marzo Una campagna all’insegna dello “strappiamoci le vesti per Putin”. Detto e fatto! E per questo sono scese in campo le donne dell’Armia putina (Armata Putin). Più spogliate che emancipate, spalmate sugli spot e … finanche agli autolavaggi, nell’uso ammiccante di schiume e idranti …. Questo e altro per Putin! Il barbaro che reprime col pugno di ferro il dissenso, e su cui aleggiano inquietanti ombre, come la morte della coraggiosa giornalista Anna Politkovskaja, uccisa il 7 ottobre del 2006, proprio il giorno (un caso?) in cui cade il compleanno del padrone della Russia. Un Putin benedetto dalla Chiesa ortodossa, formidabile connettore di voti (soprattutto delle campagne) in cambio della riconquista al patriarcato del popolo russo. Dalla scuola alla televisione. Al patriarca Kirill, Putin avrebbe finanche promesso uno spazio fisso alle 9 di sera, per bucare lo schermo proprio quando gli indici di ascolto sono maggiori. Ma la riconquista passa anche attraverso l’incremento dei luoghi di culto, da realizzare soprattutto nelle più secolarizzate metropoli di Pietroburgo e Mosca. Così il cristianissimo Putin comincia da Mosca, dove si è impegnato per 200 parrocchie nuove di zecca. E proprio a Mosca, nella Cattedrale del Cristo Salvatore la sua campagna elettorale aveva assunto toni da Santa alleanza, quando l’8 febbraio Putin ha assicurato alla presenza del patriarca Cirillo I di farsi paladino della difesa dei cristiani nel mondo. Che forse abbia scelto questa data, per ricordare la difesa russa contro Napoleone dell’8 febbraio 1807 a Eylau (attuale regione di Kalininfrad)? Ma gli hanno detto che lì non vinsero propriamente i russi? Ma torniamo alla Cattedrale del Cristo Salvatore, dove qualche giorno successivo alla dichiarazione della putiana guerra santa, il 21 febbraio, irrompevano le Pussy Riot, che davanti all'altare - nonostante i preti cercassero di allontanarle e le suore di oscurare con le mani gli obiettivi delle telecamere - intonavano la loro dissacratoria preghiera rock, «Holy Mother, chase Putin out!», «Santa Madre, caccia via Putin». Un blitz che le ha sguinzagliato contro miriadi di poliziotti, mentre ronde di volontari cosacchi si organizzavano per turni di guardia alle cattedrali. Evidentemente le femministe rock sono considerate più pericolose della mafia e dei terroristi! Dalle notizie che arrivano da alcune agenzie stampa russe, sembra che cinque del gruppo siano state arrestate e rischino sette anni di galera. Due di loro, Nadezhda Tolokonnikova e Maria Alyokhina, hanno iniziato dal carcere lo sciopero della fame. Il patriarca Kirill lancia omelie e chiede misure forti per la salvaguardia della Santa Madre Russia, onde evitare il contagio di «deligittimazione della cristianità», e sfrutta l’occasione propizia per dimostrare quanto improcrastinabile sia l’introduzione del «reato di blasfemia». Ma c’è una Russia d’opposizione che continua a resistere coraggiosamente a Putin e lancia in rete - dove ormai spopolano i video delle Pussy Riot - appelli per la solidarietà nazionale e internazionale alle ragazze.
Le impavide femministe, dal canto loro proprio l’8 marzo sono tornate in piazza (sembra proprio davanti alla cattedrale “violata”) per chiedere la liberazione delle loro compagne. Qualche malevolo racconta, che saputa la notizia, a Putin e al caro amico Berlusconi, che brindavano sugli esclusivi e riservati campi da sci russi per festeggiare il neo zar (entrambi indossavano una giacca a vento con su ricamata l'aquila bicipite degli zar), sia andato di traverso il vin brûlé.
Maria Mantello
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