OCSE: Occorre più giustizia sociale
La differenza tra ricchi e poveri è cresciuta negli ultimi 30
anni e in maniera generalizzata nei paesi più sviluppati. È
quanto emerge dalla recente pubblicazione dell'OCSE, Growing
Unequal? Income Distribution and Poverty in OECD Countries
(Distribuzione dei redditi e povertà nei Paesi OCSE: una
crescita diseguale? ).
In Italia la disuguaglianza dei redditi tra le persone in età
lavorativa è aumentata drasticamente nei primi anni '90. E
attualmente, lo stipendio medio del 10% più povero degli
italiani è almeno dieci volte più basso di quello del 10% più
ricco.
All’aumento dei redditi dei già ricchi, ha inoltre contribuito
una politica di tassazione d’imposta che è progressivamente
passata dal 72% nel 1981 al 43% nel 2010, mentre si sono
penalizzati in proporzione i ceti più deboli. Una tendenza che
va certamente ribaltata in una prospettiva di equità sociale,
perchè, si legge nel rapporto OCSE, bisogna che «la fiscalità
assicuri che i soggetti più abbienti contribuiscano in giusta
misura al pagamento degli oneri impositivi».
Ma secondo l'OCSE è imprescindibile lo sviluppo del Paese
attraverso investimenti in risorse umane, e politiche
occupazionali. Quindi più scuola e più lavoro per la giustizia e
la promozione sociale.
La stasi sociale, al contrario, sembra essere da noi la norma, e
passa anche attraverso scelte matrimoniali classiste: i ricchi
si sposano tra loro, e così i poveri. Perdurano così caste e
familismo.
Il tema della disuguaglianza va affrontato con rigore, sostiene
il rapporto Ocse, guardando soprattutto ai giovani: «La crisi
economica ha reso indifferibile la soluzione politica della
diseguaglianza. I giovani in particolare si sentono rifiutati
dalla società ed espropriati del futuro. Per questo manifestano
per non essere costretti a pagare loro una crisi che non hanno
certo determinato loro. Mentre i ricchi la fanno sempre franca».