Manovra lacrime e sangue, Monti dimentica la Chiesa.
Niente Ici sugli immobili del Vaticano
E' di circa 50 mila il numero degli immobili ecclesiastici
presenti in tutta Italia. Di questi almeno 30mila sono adibiti
ad attività imprenditoriali. Già nel 2005 la Cassazione stabilì
che l'esenzione dall'Ici poteva essere applicata solo quando
all'interno dell'immobile si svolgesse un'attività meritoria e
legata al culto.
La notizia è arrivata dalla conferenza stampa del premier Mario
Monti alla Sala Stampa Estera di Roma. Un giornalista straniero
ha formulato una domanda scomoda: “Avete pensato ad estendere il
pagamento dell’Ici anche alla Chiesa Cattolica?”. La risposta di
Monti, il cui volto ha improvvisamente perso l’espressione
benevola di solo pochi minuti prima, ha lasciato la platea
straniera – e subito dopo anche quella italiana – senza parole.
“E’ una questione che non ci siamo ancora posti”. E’ ragionevole
pensare che il governo non se la porrà mai. Piange Elsa Fornero
sulla deindicizzazione delle pensioni da mille euro al mese, ma
sembra non esserci proprio la volontà di operare un recupero di
un privilegio che in tempi di crisi diventa sempre più difficile
da digerire.
L’Ici – che poi si chiamerà Imu – la dovranno pagare tutti. E la
rivalutazione delle rendite catastali fino al 60% la renderà
forse la tassa più pesante che gli italiani saranno chiamati a
pagare nell’immediato. La Chiesa, ancora una volta, resta fuori
dal novero dei contribuenti dello Stato pur continuando a
percepire l’8 per mille.
Eppure, già nel 2004, una sentenza della Corte di Cassazione
stabilì che l’esenzione dall’Ici (già in vigore dal ’92, ma dal
cui pagamento erano stati esclusi luoghi considerati
“particolarmente meritevoli”) poteva essere applicata solo
quando all’interno dell’immobile si svolgesse un’attività
effettivamente meritoria e legata al culto. Per fare un esempio,
va bene l’esclusione di una chiesa o di un oratorio, ma non
quella di un immobile di proprietà vaticana affittato ad una
banca. Una sentenza “pericolosa”, a cui corse in soccorso
Berlusconi nel 2005. A pochi mesi dallo scioglimento delle
Camere, fu approvata una discussa norma che stabiliva
l’esenzione dal pagamento dell’Ici per tutti gli immobili della
Chiesa cattolica. Un anno dopo il governo Prodi limò la
normativa, prevedendo che l’esenzione si potesse applicare solo
agli immobili dalle finalità “non esclusivamente commerciali”,
ma quell’avverbio – “esclusivamente” – ha permesso alla Chiesa
di usufruire dell’esenzione anche per strutture turistiche,
alberghi, ospedali, centri vacanze, negozi: è sufficiente la
presenza di una cappella all’interno della struttura.
Il risparmio annuo per la Chiesa – e la perdita netta per il
fisco italiano – si avvicinano ai due miliardi di euro. E’ stato
stimato approssimativamente in circa 50 mila il numero degli
immobili ecclesiastici presenti in tutta Italia (in pratica 1
abitazione su 5), ma un vero e proprio censimento non è mai
stato fatto dal catasto, soprattutto sul fronte della
destinazione d’uso. Anche perché ciascun ente ecclesiastico può
essere titolare di più immobili, affittati o in uso per i motivi
più diversi (a Roma persino commissariati di Polizia e
Carabinieri sono di proprietà vaticana). Si tratta, comunque, di
una ricchezza enorme, che non ha analogie all’estero e che è
totalmente detassata. Secondo una stima fatta dai Radicali
Italiani qualche tempo fa, in tutta Italia sarebbero presenti
almeno 30 mila stabili di proprietà della Chiesa adibiti ad
attività imprenditoriali e commerciali diverse.
La quantificazione del mancato pagamento solo di questi si
aggira sui 2 miliardi e 400 mila euro. All’Ici, poi, si
dovrebbero aggiungere anche l’ammontare dovuto per altre imposte
sia statali che comunali a cui la Chiesa risulta esente (Irpef,
Iva e altro) anche questi quantificabili per circa 4 miliardi di
euro. Il tutto mentre la Chiesa risulta beneficiaria dell’8 per
mille che lo Stato le versa (anche quando il contribuente non ha
esercitato l’opzione: a meno che il contribuente non lo destini
ad altro scopo, quei soldi vanno alla Chiesa anche se non
dichiarato apertamente) e che è una cifra molto alta: dal 1990
al 2007 la Chiesa ha percepito 970 milioni circa di euro dallo
Stato Italiano per “l’esercizio del culto”.
Comunque, per il governo Monti, così attento alle direttive
europee, una riflessione sull’esenzione Ici alla Chiesa presto
si porrà lo stesso. La notizia, infatti, è che l’Unione Europea
ha annunciato (a fine settembre) l’intenzione di aprire
un’indagine formale per aiuti di Stato e incompatibilità con le
norme sulla concorrenza proprio su questo fronte. Sono tre i
punti da chiarire. Oltre all’Ici, c’è anche l’articolo 149 del
“Testo unico delle imposte sui redditi”, che “conferisce a vita
la qualifica di enti non commerciali a quelli ecclesiastici”,
garantendo loro un regime fiscale particolare e favorevole.
Infine lo sconto del 50% dell’IRES concesso agli enti
ecclesiastici che operano nella sanità e nell’istruzione.
Joaquín Almunia, il commissario europeo per la concorrenza, si è
lasciato sfuggire che la condanna dell’Italia stavolta sarà
“difficile da scampare”. Dopo l’apertura dell’istruttoria, le
parti avranno 18 mesi per presentare le proprie ragioni, poi
Bruxelles dovrà decidere. In caso di condanna, L’Italia potrebbe
chiedere il rimborso all’erario delle tasse non pagate dagli
enti ecclesiastici. Ma lo farebbe?
Sara Nicoli, ilfattoquotidiano.it, 5 dicembre 2011