Monti e la laicità dell'ICI.
Pagherà finalmente anche la Chiesa?
di Maria Mantello*
«Governo
di impegno nazionale». Così il prof. Mario Monti ha definito il
suo Esecutivo nel discorso programmatico in Parlamento, che con
schiacciante maggioranza gli ha accordato la fiducia. Il nuovo
Consiglio dei Ministri, ha detto il professore, avrà «il compito
di rinsaldare le istituzioni civili e nazionali sul senso dello
Stato», coniugando «rigore di bilancio, crescita, equità».
Abituati ad anni di occupazione della cosa pubblica a vantaggio
di consorterie familiste e di lobby di potere prolificate in
mercimoni e voti di scambio di ogni sorta, sentir nuovamente
parlare di senso dello Stato è stata una bella boccata
d’ossigeno. Un positivo segnale di discontinuità col passato.
Perché lo Stato è l’insieme dei cittadini, che devono tornare ad
aver fiducia nel governo della cosa pubblica. Avere senso dello
Stato significa allora dare senso allo Stato rimettendo al
centro il cittadino nella sua appartenenza alla cittadinanza:
garanzia di promozione e crescita per ciascuno e per tutti.
Perché non ci può essere rigore del bilancio senza crescita ed
equità. Quindi, amministrare lo Stato, significa anche lotta a
privilegi e soprusi, per garantire diritti anche a chi ancora
non li ha e neppure ha voce sociale per dirlo.
Il professor Monti ha precisato tutto questo con pacatezza
determinata, rivendicando nella forza della sua autonomia la
dignità del rigore di servizio morale, vaccino contro i ricatti
dei potentati economici, politici, ideologici. E in questa
autonomia rivendicata con forza abbiamo apprezzato il grande
valore laico di promozione della religione civile, dove i
cittadini di sentono Stato nell’essere reciprocamente portatori
di diritti e doveri. Senza zone franche. Senza immunità
strumentali. Senza arroganti impunità.
Il governo Monti è nato dalla crisi economica e morale che la
mancanza di senso dello Stato ha generato. Un Governo di
emergenza per sanare un’emergenza; ma che proprio la
drammaticità dell’essere posti davanti al baratro, può
trasformare in una preziosa occasione per rimettere al centro la
politica alta, trovando le soluzioni migliori per lo sviluppo
economico e sociale a vantaggio di ogni cittadino.
A questo signore dalla voce pacata e dai modi composti,
consapevole delle difficoltà, ma che si dichiara orgogliosamente
autonomo dalle pressioni, gli italiani guardano con fiducia. È
questa la realtà su cui far crescere il Governo di impegno
nazionale. Ed è una forza che ha fiutato finanche Berlusconi,
che si è affrettato alla Camera a complimentarsi col nuovo
presidente del Consiglio sfoderando il suo sorriso d’ordinanza,
rimangiandosi anche con la stampa quel «gli staccheremo la
spina», che nessun plauso aveva riscosso tra gli italiani, e su
cui Monti aveva ironizzato.
Non sappiamo ancora nel dettaglio quanto il nuovo Governo farà.
Ma poiché il suo compito prioritario è avviare il risanamento
del bilancio, ci aspettiamo il rigore dell’equità promessa.
Così, se come annunciato, «verrà riesaminato l’intero peso del
prelievo sugli immobili e l’ICI», coerentemente vanno rivisti
odiosi privilegi in materia. Ci riferiamo all’esenzione
dall’ICI, che attualmente oltre ai luoghi di culto è estesa a
tutte le attività vaticane "non esclusivamente commerciali".
Questo significa, che purché abbiano una qualche cappella
annessa, gli enti religiosi gestori di alberghi, ristoranti,
agenzie turistiche, società assicurative, scuole, case di cura
religiose non pagano l’ICI; e che i ricavati dalle attività che
vi si svolgono sono soggetti ad una irrisoria imposta (Ires) .
Il pubblico erario riceve da questo truffaldino espediente un
danno di centinaia di miliardi di euro ogni anno. Di contro, la
miracolata fiscale è la Chiesa cattolica, che usufruisce a piene
mani di queste regalìe per via dell’immenso patrimonio
immobiliare che le basta dichiarare non occupato in attività
"non esclusivamente commerciali".
La sperequazione che una tale norma comporta è anche stata
oggetto di diverse indagini della Commissione europea, che ha
chiesto all’Italia di fornire l’elenco degli immobili della
Santa Sede esentati dal pagamento dell'Ici, nonché il relativo
valore catastale e il calcolo di imposte che se ne dovrebbe
ricavare. Insomma un vero rendiconto per stabilire se questo
contributo statale è illegale vista la intollerabile concorrenza
sleale che determina. L’intera questione è arrivata alla Corte
di Giustizia Europea, a cui infine l’europarlamentare Maurizio
Turco ha sottoposto questa anomalia italiana.
Certamente l’esenzione dall’Ici non è l’unico privilegio di
Santa Romana Chiesa, ma visto che questa imposta avrà un peso
consistente per le tasche degli italiani, sarebbe difficile
spiegare loro il perché la debbano pagare anche sulla prima casa
-magari piccola e comprata con sacrifici-, mentre alberghi e
ristoranti super lusso di proprietà ecclesiastica continuano ad
esserne esenti.
Anche l’argomento della Carità usato spesso a panacea di ogni
beneficio accordato al Vaticano non reggerebbe.
*MicroMega 21 novembre 2011 -
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