Appello degli economisti
progressisti: più sviluppo, occupazione, investimenti nella
scuola statale...
DOCUMENTO DEGLI ECONOMISTI
In questo difficile momento il paese ha bisogno di un governo
autorevole che agisca con determinazione sia all’interno che nel
quadro europeo e globale. Pur non nascondendo le gravi
responsabilità che competono a buona parte della classe
dirigente nazionale per non aver saputo attuare politiche che
favorissero lo sviluppo del paese, la stagnazione dell’economia
italiana nell’ultima decade trova la sua principale spiegazione
nell’ambito del contesto macroeconomico europeo, e in
particolare nell’assenza, nella costruzione dell’Unione
Monetaria, di un quadro di politiche fiscali e monetarie
coordinate volte alla crescita, alla piena occupazione,
all’equilibrio commerciale fra gli stati membri, e a una
maggiore equità distributiva nei paesi e fra i paesi.
La crisi europea e il suo aggravamento, in particolare con
l’attacco ai titoli del debito pubblico italiano, trovano la
loro origine in questa assenza e sono solo parzialmente
riconducibili alla progressiva caduta di credibilità del governo
sinora in carica. La mancata iscrizione tra i compiti della
Banca Centrale Europea del tradizionale ruolo di prestatore di
ultima istanza nei confronti dei debiti sovrani ha contribuito
ad esporre all’attacco i titoli del debito italiano e di altri
paesi europei. Le misure intraprese dai paesi dell’Eurozona per
sostenere i debiti sovrani, e in primo luogo il cosiddetto Fondo
Salva-Stati, risultano del tutto insufficienti anche per i
debiti delle economie più piccole, e a maggior ragione per
quelli dei paesi più grandi. Per di più le misure di restrizione
dei bilanci pubblici che vengono richieste in cambio di quegli
aiuti hanno aggravato la recessione e la stessa crisi
finanziaria nei paesi beneficiari. Attualmente l’Eurozona è
senza una bussola. Per l’opposizione del paese più forte,
nell’ultima riunione del G-20 essa ha persino respinto la
proposta di una emissione di Diritti Speciali di Prelievo da
parte del Fondo Monetario Internazionale a sostegno dei debiti
sovrani sotto attacco. Sono in gioco la sopravvivenza
dell’Unione Monetaria e del Mercato Unico, e la stabilità
economica europea e globale.
I firmatari di questo appello ritengono che la grave situazione
attuale nelle sue cause contingenti e di lungo periodo non possa
essere affrontata se non nel quadro di un progressivo mutamento
dell’insieme delle politiche economiche europee, fatte salve le
azioni di politica economica che l’Italia deve intraprendere al
suo interno. Siamo per un più pieno coordinamento delle
politiche fiscali, monetarie e salariali in Europa, che includa
a pieno titolo la piena occupazione fra gli obiettivi. Per
questo siamo fermamente contrari alla iscrizione nelle
Costituzioni nazionali della clausola del pareggio del bilancio
pubblico.
In queste circostanze riteniamo che il nuovo esecutivo debba
rapidamente muoversi nelle sedi europee appropriate, con la
necessaria determinazione e le necessarie alleanze politiche,
per ottenere una garanzia ferma e illimitata della BCE sul
debito sovrano italiano e degli altri paesi dell’Eurozona, volto
a ricondurre i tassi di interesse ai livelli pre-crisi
-intervento da tempo sostenuto anche dall’Amministrazione
americana e da molti autorevoli economisti di diverso
orientamento teorico. Riteniamo, anche in questo caso con il
conforto di opinioni diffuse tra gli economisti, che politiche
di riduzione dei debiti pubblici siano in questa fase
controproducenti, e reputiamo quindi che la richiesta nei
riguardi della BCE vada accompagnata da un impegno non già
all’abbattimento, ma bensì alla stabilizzazione del rapporto
debito pubblico/Pil in Italia e negli altri paesi in difficoltà.
Un nuovo esecutivo, tecnico o politico, che si configurasse
invece come mero esecutore delle richieste europee, quali
espresse nelle scorse settimane, determinerebbe un aggravamento
della crisi economica e finanziaria in Italia e in Europa, con
devastanti conseguenze sociali e l’insostenibilità degli attuali
accordi, monetari e commerciali, nell’UE. Fermo nella denuncia
di tali pericoli, il Governo italiano si dovrebbe pertanto fare
promotore in ambito europeo e del G-20 di politiche fiscali,
monetarie e salariali concertate volte al rilancio della domanda
aggregata, in particolare da parte dei paesi in forte avanzo
commerciale.
La riduzione dei tassi, accompagnata dall’impegno alla
stabilizzazione del rapporto debito/Pil, nel quadro di politiche
internazionali espansive libererebbe nel nostro paese risorse
per la crescita sia dal lato del sostegno della domanda interna
che del rilancio della competitività. Riteniamo in particolare
che tali risorse - assieme a quelle che dovranno provenire da
una seria lotta all’evasione fiscale, da un'imposta che colpisca
i patrimoni su base regolare e annua e non una tantum, e dalla
razionalizzazione della spesa pubblica (inclusi i costi della
politica) - vadano prioritariamente destinate alla riduzione del
carico fiscale sul lavoro, con un aumento dei salari netti, al
sostegno di istruzione, ricerca e cultura, all’aumento degli
investimenti per l’industria pubblica e il Mezzogiorno, alla
difesa dell’ambiente, all’efficienza della giustizia e della
pubblica amministrazione, alla difesa della legalità. Su questi
obiettivi un nuovo e più autorevole esecutivo dovrebbe
impegnarsi in Europa chiedendo e restituendo fiducia al popolo
italiano.
martedì 15 novembre 2011
documento e lista aggiornata delle adesioni