di Maria Mantello*
Dopo le esternazioni sul modello scuola che dovrebbe essere
ridotta a cinghia di trasmissione di inculcamenti familisti,
dopo i tentativi di epurare i libri di testo non simpatici al
Partito della libertà, ecco adesso l’attacco diretto alla
libertà d’insegnamento e d’apprendimento. È del deputato Fabio
Garagnani (Pdl) che vorrebbe inserire nel Testo unico sulla
scuola un articoletto che così suona: «il docente dovrà
astenersi in ogni caso da qualunque atto di propaganda politica
o ideologica nell’esercizio delle attività di insegnamento».
Evitiamo i riferimenti allo Statuto dei diritti dei lavoratori,
che tutela la libertà di pensiero e di espressione del
lavoratore (e il docente anche lo è) sul posto di lavoro.
Tralasciamo pure di ricordare che informare dei risultati dei
propri studi e ricerche gli studenti e dibatterne con loro è per
un insegnante un dovere irrinunciabile, visto che la finalità
della scuola di un paese democratico è la formazione del
cittadino libero e aperto alle diverse e plurali visioni del
mondo.
Pertanto, passiamo ad analizzare il testo di Garagnani, provando
a specificarne i significati dei termini: il docente
(colui che fa sapere) dovrà astenersi (trattenersi da,
tenersi lontano da) in ogni caso da qualunque (sempre e
comunque) atto (azione, gesto, segno) di propaganda
(diffusione, ricerca di condivisione) politica
(capacità di governarsi nel privato e nel collettivo) o
ideologica (vedere concettualmente, ragionando per pensieri
e sui pensieri), nell’esercizio (pratica) delle
attività (azioni, procedimenti) di insegnamento
(seminare, porre segni, far crescere).
Allora, se chi fa sapere e deve aiutare gli studenti a costruire
sapere analitico-critico si deve tenere lontano da ogni
esercizio di diffusione del sapere, sarà inibito il suo compito
specifico. Ed è chiaro che chi vuole mettere mani al Testo unico
sulla scuola usando strumentalmente le parole ideologia e
politica, sta infangando il delicatissimo e fondamentale lavoro
dei docenti. Vuole intimorirli per tarpare libertà di pensiero e
di ricerca, perché vuole inculcatori e non educatori.
Vale appena ricordare che proprio Garagnani, tifoso dei
finanziamenti alle scuole cattoliche, è stato il primo
firmatario di una Risoluzione (7-00076) per la «Salvaguardia
della tradizione culturale e spirituale legata al Cristianesimo
nelle politiche scolastiche», approvata il 22 gennaio 2009, che
così recita: «sia reso esplicitamente obbligatorio nelle
indicazioni nazionali il preciso riferimento alla nostra
tradizione culturale e spirituale che si riconnette
esplicitamente al Cristianesimo». Insomma, altro che libertà e
coscienza critica, ma catechismo per tutti (dogmatismo
ideologico? )
Ma tornando alla proposta Garagnani di riforma del testo Unico
per la scuola, più utile per infinite gag comiche con insegnanti
spiati finanche nei gesti, nell’abbigliamento, nei toni di voce;
ma che è un mina vagante per intimidire e screditare. Perché
infine si scoraggi un insegnamento-apprendimento che sviluppa
teste pensanti. E forse è proprio questo che della scuola
disturba l’attuale compagine governativa e il ministro
dell’Istruzione Gelmini, che non a caso ha imposto i test
Invalsi anche alle superiori. Sequela di quiz tarati su
omologazioni al pensiero minimale, e che sinistramente evocano
modelli di catechistico apprendimento.
E non può essere solo un caso, se la proposta Garagnani
(n°4312), depositata alla Camera il 27 aprile, sia arrivata alla
ribalta proprio a ridosso della somministrazione (10-13 maggio)
dei quizzoni Invalsi. Contestati e boicottati da docenti,
studenti e genitori in tutta Italia. Perché la scuola pubblica
statale è una cosa seria, valutazioni comprese. Perché questa
scuola statale continua ad essere amata e scelta. Perché grazie
alla professionalità dei lavoratori della conoscenza continua ad
essere il punto di riferimento resistente della formazione
democratica, laica e quindi plurale. Per questo dà fastidio e la
si sta anemizzando a vantaggio delle scuole confessionali: in
sempre più ignominiosi scambi simoniaci. Facili lavacri di
coscienze per chi nomina dio invano ed è fuori luogo (questo il
significato letterale di metastasi) nella democrazia. E al
confronto dialettico, alla costruzione democratica preferisce
folle osannanti, a cui non predica più dal balcone di Piazza
Venezia, ma dalla piazza mediatica di cui è azionista di
maggioranza.
(*
MicroMega 16 maggio 2011)