Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

 

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEL LIBERO PENSIERO "GIORDANO BRUNO" 

Fondata nel 1906

Aderente all' Union Mondiale des Libres Penseurs - International Humanist and Ethical Union

Presidenza nazionale e Presidenza sezione di Roma - Coordinamento Web :

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Roma

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Presidenza Onoraria e Sezione di Torino:

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Torino

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Nucleare e energie alternative

 

L’energia da fissione nucleare

 

 La recente catastrofe della centrale di Fukushima in Giappone sembra avere fugato le remore di molti che non sapevano prendere posizione pro o contro l’utilizzo del nucleare. In questo momento, sull’onda dell’evento giapponese – è il caso di dirlo – il contro appare stravincere. Su me stesso in primo luogo, che, pur essendo un fisico - non nucleare per fortuna – in precedenza avevo sempre ritenuto i vantaggi e gli inconvenienti di una scelta nucleare sostanzialmente di confrontabile peso. Ma per quanto tempo si potrà mantenere questa posizione contraria? Alcuni insistono a dire che, alla fine dell’era dei combustibili fossili, sarà giocoforza accettare un inserimento del nucleare nella produzione di energia: potrebbe accadere che le centrali nucleari si rivelino l’unica tecnologia collaudata in grado di compensare su larga scala l’esaurimento delle fonti fossili e l’insufficienza delle fonti alternative. Non si tratterà più, come avviene mediamente oggi nel mondo consumistico, di sopperire ai fabbisogni energetici con un 20% di nucleare, ma di doverne produrre e utilizzare assai di più. Per gravi che siano i pericoli e le difficoltà che un programma nucleare porta con sé, potremmo non avere altra scelta. E certo non potremmo averla noi italiani nel caso che il resto del mondo andasse in quella direzione.

        Se tale fosse dunque la realtà cui andremo incontro nei futuri decenni, va detto subito che la soluzione nucleare non potrebbe essere definitiva per varie ragioni. Primo, c’è da chiedersi: ma c’è abbastanza uranio in circolazione – l’isotopo 235 che è fissile - da offrirsi come un rimedio duraturo? Anche se le riserve di uranio disponibili dovessero aumentare grazie a maggiori esplorazioni e migliori tecnologie di utilizzo, non è ragionevole illudersi che una sua pratica utilizzabilità vada oltre il quarto di secolo, soprattutto in vista della crescita dei consumi energetici dei paesi emergenti. Il problema è lo stesso del petrolio: se la domanda sale più in fretta della disponibilità, si raggiunge un picco – si suole parlare di picco di Hubbert - oltre il quale diventa obbligatorio tagliare drasticamente i consumi, e questo avverrebbe assai prima dell’effettivo esaurimento delle scorte. Ci sono altri minerali fissili che potrebbero venire in aiuto dell’uranio 235, come l’isotopo 239 del plutonio, che tra l’altro può essere ottenuto nei reattori cosiddetti autofertilizzanti come prodotto di conversione dell’uranio 238 (assai più abbondante dell’uranio 235). L’energia complessivamente ottenibile sarebbe alquanto maggiore, ma rendere sicuro un reattore autofertilizzante sarebbe un’impresa molto più ardua che non un reattore normale. Forse più promettente sarebbe puntare sull’isotopo 232 del torio, che può essere rigenerato nell’isotopo 233 dell’uranio, anch’esso fissile. Ma anche qui si stima che la disponibilità del torio non sia che di poco più alta di quella dell’uranio fissile.

        Il secondo punto fondamentale, che per me è ancora più importante, è quello dello smaltimento delle scorie radioattive. Soluzioni come il seppellimento a grandi profondità, che si propone per le scorie a più alto livello di radioattività, ovvero l’immagazzinaggio in bunker sotterranei profondi e schermati in modo da evitare la fuoriuscita di radioattività nell'ambiente esterno, offrono molte incognite. Ad esempio si sono dati casi di infiltrazioni d’acqua capaci di innescare processi perniciosi.

        Il problema maggiore legato alle scorie nucleari riguarda l'elevatissimo numero di anni necessari affinché si raggiunga un livello di radioattività adeguatamente basso. La radioattività decade esponenzialmente: il plutonio, con un tempo di dimezzamento della sua attività radioattiva pari a 24.000 anni, richiede un periodo di isolamento che è nell'ordine di 240 mila anni, e il combustibile scaricato da un reattore a uranio di 2a o 3a generazione mantiene una pericolosità elevata per un tempo dell'ordine del milione di anni. Il pericolo maggiore, comunque, deriva dalla possibile penetrazione nel settore di organizzazioni criminali che assumono l’impegno di eliminare le scorie con metodologie a basso costo che tutti possono figurarsi. Un giorno i nostri nipoti potrebbero fare i bagni di mare in acque radioattive, e doversi nutrire con prodotti agricoli similmente inquinati.

 

 

Le alternative

 La via della fusione nucleare, ossia la fusione di nuclei di idrogeno in nuclei di elio (come avviene nel sole e nelle altre stelle), è perseguita in varie maniere, ma credo si possa dire oggi che la probabilità che essa si realizzi in laboratorio è infima. La cosiddetta fusione fredda, che alcuni anni fa ebbe una risonanza mondiale e che pochi ottimisti si ostinano ancora a difendere, è stata con tutta probabilità una delle bufale più grandi nella scienza del Novecento.

        Grandi passi avanti ha fatto in questi ultimi anni l’impiego dell’energia solare, sia sotto forma termica, sia fotovoltaica, vale a dire per la produzione di energia elettrica con celle solari. Il nostro governo, dopo avere in un primo tempo promosso e incentivato iniziative industriali in tale direzione, nel momento in cui il progetto nucleare ha ripreso quota (prima di Fukushima), ha bloccato la spinta sul solare in maniera repentina, mandando in rovina molte attività già in corso.

        Anche l’energia di origine idroelettrica e l’energia eolica devono farsi risalire al sole. La prima, che nel mondo sopperisce ai consumi totali in misura attorno al 10%, è relativamente in saturazione, non mi sembra possibile aumentare il numero delle centrali idroelettriche esistenti. La seconda richiede una notevole manutenzione ed è assai malvista dagli ecologisti. Il fotovoltaico è alquanto costoso sia in termini finanziari, sia in termini dei consumi energetici nella fabbricazione dei pannelli di celle di silicio, le quali, nella loro vita media di circa vent’anni non rendono molto più dell’energia consumata a monte. Il giorno in cui l’energia industriale comincerà a scarseggiare, la loro produzione diverrà problematica (questo vale anche per le pale eoliche). In ogni caso, per produrre tutta l’energia generata oggi con combustibili fossili nel mondo occorrerebbe ricoprire di celle solari l’intero suolo italiano.

        Tutte soluzioni molto parziali, dunque. Ci sono altre possibilità, lo sfruttamento delle biomasse, l’utilizzazione dell’idrogeno estratto dall’acqua, ma per il momento anch’esse sembrano aprire piccoli spiragli di impiego in applicazioni specifiche. Insomma, a meno di una svolta prodigiosa che capovolga le più nere previsioni, volenti o nolenti dovremo accettare l’unica vera alternativa possibile, che è una drastica riduzione dei consumi sulla scena mondiale, ossia un sostanziale ridimensionamento del nostro standard di vita. E siccome non sapremo arrivarci con un prudente e saggio approccio politico, temo che finiremo per giungerci passando attraverso guerra e distruzione, come del resto, nei momenti di crisi, è sempre stato nella storia degli uomini.

 

Andrea Frova

(prof. Fisica, Università La Sapienza di Roma)

 

 



 

Direttore Responsabile: Maria Mantello 

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