Catechismo e contraccezione
Il Vaticano ha pubblicato in diverse lingue un catechismo rivolto ai
giovani. Un sintetico prontuario domanda - risposta, che
nell’edizione italiana dovrà però essere corretto sulla questione
degli anticoncezionali.
D. «Può una coppia cristiana fare ricorso ai metodi
anticoncezionali?».
R. «Sì, una coppia cristiana può e deve essere responsabile nella
sua facoltà di poter donare la vita».
L’errore di traduzione sta nella domanda, e precisamente nella
parola contraccezione, come si sono affrettati a precisare dalle
stanze vaticane. Pertanto la casa editrice dovrà provvedere a far
inserire nelle migliaia di copie già distribuite nelle librerie un
foglietto con un’ errata corrige, dove il temine male-detto, dovrà
essere nella lettura giusta sostituito dal lettore con la frase
bene-detta: «metodi di regolazione della fecondità». Perché la
formulazione della domanda e della risposta alla fine così suoni:D.
«Può una coppia cristiana fare ricorso a metodi di regolazione della
fecondità?».
R. «Sì, una coppia cristiana può e deve essere responsabile nella
sua facoltà di poter donare la vita».
L’effetto è formidabile, perché non solo non è inficiato lo scopo
riproduttivo nel coito della tradizione dogmatica, ma anzi, per
l’accento posto sulla fecondità, ne è addirittura rafforzata la
funzione. Consolidata poi nel seguente botta e risposta che lega
«regolazione consapevole del concepimento» a «pianificazione
naturale della famiglia». Per non peccare di anticoncepimento, la
soluzione “naturale” possibile è allora solo quella di indovinare i
giorni non fecondi del ciclo di ovulazione. Certo le probabilità di
errore sono elevatissime, ma il sia-fatta-la-volontà-del-catechismo
è salva. E pure il modello di “sacra famiglia” che sulla scia del
«matrimonio-rimedio» di agostiniana memoria, perfezionato nel
«matrimonio medicina sacra» di s. Tommaso d’Aquino, arriva fino
all’attuale catechismo del 1992, che papa Wojtyla volle siglare con
queste parole di prefazione: «Si colloca mirabilmente nel solco
della tradizione della Chiesa: di essa esprime ed attualizza
catechisticamente la perenne vitalità».
Una vitalità che rispetto a questo argomento così recita: «ogni
battezzato è chiamato alla castità. […] Tutti i credenti in Cristo
sono chiamati a condurre una vita casta secondo il loro particolare
stato di vita» (canone 2348); «Il piacere sessuale è moralmente
disordinato quando è ricercato per se stesso, al di fuori delle
finalità di procreazione e di unione» (canone 2351); «È
intrinsecamente cattiva ogni azione che, o in previsione dell’atto
coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue
conseguenze naturali, si proponga, come scopo e come mezzo, di
impedire la procreazione». (canone 2370).
Non sarebbe però il caso di chiederci, se proprio in questo “solco
della tradizione della Chiesa” non siano prolificati i rapporti
malati con la sessualità? E ancora: le loro dicotomie e
dissociazioni morali da orge di potere, hanno qualcosa a che fare
con le tipologie dei casi Ruby?
Maria Mantello