ICI: esenzione per la Chiesa
una ingarbugliata questione
L’articolo
7, comma 1 del DLgs. 504/1992 elenca una serie di
ipotesi in cui gli immobili sono esenti dall’imposta
comunale per il periodo dell’anno in cui si verificano
le prescritte condizioni.
Nel novero dei fabbricati esenti previsti dal citato
comma rientrano, tra gli altri, quelli destinati
esclusivamente all’esercizio del culto e le loro
pertinenze, purché compatibili con le disposizioni degli
articoli 8 e 19 della Costituzione (lettera d del citato
comma 1), quelli di proprietà della Santa Sede (lettera
e) indicati negli articoli 13, 14, 15 e 16 del Trattato
lateranense e gli immobili utilizzati da enti pubblici e
privati diversi dalle società, residenti in Italia, che
non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio
di attività commerciali, ma che sono destinati
esclusivamente allo svolgimento, anche in forma
commerciale, di attività assistenziali, previdenziali,
sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative
e sportive, nonché delle attività di cui all’articolo
16, comma 1, lett. a) della L. 222/1985 (lettera i)
dell’articolo 7 del DLgs. n. 504 del 1992). Si tratta
delle attività di religione e di culto, per tali
intendendosi “quelle dirette all’esercizio del culto e
alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei
religiosi, a scopi missionari, alla catechesi,
all’educazione cristiana”.Proprio in relazione al regime
previsto dall’articolo 7, comma 1, lettera i) del DLgs.
n. 504, la Commissione europea, con una lettera del 12
ottobre scorso, ha avviato un’indagine formale,
conformemente all’articolo 108, paragrafo 2 del Trattato
sul funzionamento dell’Unione europea, ritenendo che le
informazioni finora raccolte sono “insufficienti” per
dimostrare che l’agevolazione ICI concessa alla Chiesa,
non soltanto quella cattolica, ed agli altri enti non
commerciali, non rappresenta un “contributo statale
illegale”.
L’Italia deve dimostrare che non è un “contributo
statale illegale”.
In merito a quali iniziative di carattere normativo il
Governo intenda assumere, al fine di risolvere la
questione, è stata presentata un’interrogazione
parlamentare, cui è stato risposto lo scorso 20 ottobre.
Nel documento, il Governo osserva che la presunta
disparità di trattamento a favore degli immobili dei
soli enti ecclesiastici si applica, in via generale, a
tutti i fabbricati che rispettano contemporaneamente i
requisiti soggettivi (l’immobile deve essere utilizzato
da un soggetto di cui all’articolo 73, comma 1, lettera
c) del TUIR) e oggettivi (gli immobili devono essere
destinati esclusivamente allo svolgimento di attività di
cui alla sopracitata lettera i) dell’articolo 7 del
decreto ICI), analizzati dalla circolare del Ministero
dell’Economia e finanze n.2/DF del 26 gennaio 2009.
Peraltro -prosegue la risposta parlamentare n.5-03613-
la Commissione non ha ben chiarito quali siano i nuovi o
ulteriori elementi di riflessione che l’hanno indotta
all’avvio del procedimento.
Soltanto dopo che la stessa avrà fornito all’Italia
“tutti gli elementi conoscitivi utili a completare il
quadro” sarà possibile fornire una risposta ed
eventualmente attuare i provvedimenti necessari per
porre fine all’annosa questione.
Arianna Zeni (Eutekne.info)