La legge 40 va in pezzi. La magistratura rimette in
discussione il divieto di fecondazione eterologa
La contestatissima legge 40 del 19 febbraio 2004 (Norme
in materia di procreazione medicalmente assistita) che
“sacralizza” il concepito e pretende di riportare le
donne a fattrici, sta cadendo a pezzi a seguito delle
sentenze dei Tribunali Regionali, che in più occasioni
hanno dichiarate illegittime le restrizioni che essa
impone, chiamando finanche in causa la stessa Corte
Costituzionale a pronunciarsi sulla sua legittimità.
Ricordiamo che le parti più contestate della legge 40
hanno riguardato in particolare il divieto di analisi
reimpianto delle cellule embrionali (aiuta a mettere al
mondo figli sani) e l’obbligo di produrre solo tre
embrioni da inserire obbligatoriamente nell’utero
dell’aspirante madre. Proprio su questo ultimo punto, la
Corte Costituzionale ad aprile del 2009 (sentenza n.
151) aveva abrogato il vincolo di «un unico e
contemporaneo impianto» dei soli tre embrioni
producibili, riaprendo così anche la possibilità della
loro crioconservazione.
Adesso anche il divieto delle coppie di accedere alla
fecondazione eterologa è posto in crisi dal
pronunciamento del Tar di Firenze (6 ottobre 2010) che
ha accolto l’istanza del diritto alla maternità e
paternità di una coppia il cui partner è affetto da
azoospermia.
Il giudice ha ritenuto infatti che l’assoluto divieto di
poter usufruire di seme esterno alla coppia non
contrasti con i diritti sanciti dalla nostra
Costituzione, chiedendo così alla suprema Corte di
pronunciarsi in merito. Ma cosa assai importante, il
magistrato ha anche sottolineato il dovere dello Stato
italiano di rispettare la sentenza della Corte Europea
dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo, che ha dichiarato
nulli i divieti di accesso alla fecondazione eterologa.
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archivio/articolo_06_2005_radiovaticana.htm
Bollettino Libero Pensiero news/news_20080124_legge40.htm
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