NO ALLA LAPIDAZIONE
Firma l'appello
a sostegno di Sakineh
Mohammadi-Ashtiani
IRAN ancora una donna rischia la
lapidazione
Si moltiplicano gli appelli per
salvare Sakineh, la donna di 43,
madre di due figli che la sharia
condanna alla lapidazione
«Ma
come fanno a prepararsi a mirare al
mio viso e alle mie mani, a
lanciarmi delle pietre? Perché? Sono
Sakineh Mohammadi-Ashtiani. Dite a
tutto il mondo che ho paura di
morire. Dalla prigione di Tabriz
ringrazio quelli che pensano a me».
Questo il disperato appello -
raccolto da una organizzazione
umanitaria- di questa donna iraniana
di 43 anni, madre di due figli, che
un tribunale islamico nel 2006 aveva
condannata alla lapidazione per
adulterio e per supposta complicità
nell'omicidio del marito. Una
sentenza confermata l’anno dopo
dalla Corte suprema iraniana.
Interrogata dai suoi giudici,
Sakineh aveva in un primo momento
ammesso, ma poi aveva ritrattato
questa “confessione” che secondo la
difesa è stata prodotta dalla donna
dopo un supplizio di 99 frustate. Le
“accuse” a Sakineh sono state
tuttavia confermate dai magistrati,
che anche in mancanza di prove
possono sentenziare anche solo sulla
base di quanto “il giudice conosce”.
Una disposizione questa che la dice
lunga sull’aleatorietà di simili
verdetti.
Alla donna, dichiara il suo legale,
Mohammed Mostafei si vorrebbe far
pagare di aver avuto una relazione
con un uomo per telefono. L’omicidio
quindi non c’entra. Mohammed
Mostafei, che è stato sempre a
difesa dei diritti umani, a seguito
delle minacce ricevute nel suo paese
è stato costretto a rifugiarsi in
Norvegia, da dove continua a
difendere Sakineh e a denunciarne il
caso e la violenza di cui è vittima.
Gli appelli al governo di Teheran
contro un altro barbaro assassinio
si sono moltiplicati, vedendo il
sostegno anche di quella parte
moderata del paese, che aspira alla
laicizzazione dello Stato.
Molto importante per il rilievo
internazionale è stato l’appello del
filosofo francese Bernard Henry-Levy,
a cui hanno fatto seguito quello di
altri intellettuali che chiedono a
Teheran di «mettere fine a questo
genere di metodi come a questo
castigo iniquo e barbaro», in nome
del «rispetto della dignità e della
libertà di tutte le iraniane
oppresse o minacciate ». Fra i
firmatari, il sociologo Edgar Morin,
gli storici Elisabeth Roudinesco e
Max Gallo, lo scrittore Marek Halter,
i filosofi Daniel Schiffer e Michel
Serres.
«La lapidazione –ha ricordato la
grecista Eva Cantarella sulle pagine
del Corriere della Sera (21 agosto
2010)- non è mai entrata a far parte
della nostra cultura giuridica. Nel
mondo classico, nel quale affondano
le radici del nostro diritto, «il
chitone di pietre» (come lo chiama
Ettore, nell’Iliade) era una forma
di giustizia popolare al di fuori di
ogni controllo istituzionale, che
non fu accolto nel «giardino dei
supplizi» né greco né romano. La
morte con la pietra era
un’esplosione di rabbia popolare,
veniva inflitta da gruppi spontanei,
senza accertamenti preliminari della
colpevolezza. Non era un’istituzione
giuridica: a «fare giustizia» non
erano dei terzi estranei. La
partecipazione delle parti offese
all’esecuzione era in insanabile
contrasto con l’esigenza dello Stato
nascente di superare la fase della
vendetta e di entrare in quella del
diritto. Anche per questo il
pensiero della lapidazione ci
colpisce in modo particolare. Perché
ci rimanda a una preistoria del
diritto che ci illudevamo di aver
per sempre superato».Quello di
Sakineh Mohammadi-Ashtiani non è il
primo caso in un paese dove la legge
è la sharia, e il codice penale
stabilisce finanche che «per la
lapidazione, le pietre non
dovrebbero essere tanto grosse da
uccidere il condannato al primo o
secondo colpo, né tanto piccole da
non poter esser definite vere e
proprie pietre». Sono soprattutto le
donne, su cui si abbatte con più
ferocia la logica della teocratica
sottomissione, ad essere le vittime
privilegiate, accusate di adulterio
e prostituzione. Quest’ultima
associata scambiata accumulata alla
prima in nome di atavici automatismi
che dominano l'immaginario
collettivo più reazionario,
soddisfatto e alimentato da queste
esecuzioni di donne. E stando ai
dati del Comitato internazionale
contro la lapidazione, di queste
esecuzioni, dal 1979 ce ne sarebbero
state ben 150.
Maria Mantello