Una croce fondata sulla P2 -
Nasce un movimento per la difesa del
crocifisso: ispirato dal Venerabile
Il crocifisso di legno cade tre
volte dal trespolo di una lavagna.
Le braccia dell’emozionato Roberto
Mezzaroma che l’agitava, in quel
momento mistico e (un po’)
pacchiano, erano le protesi di Licio
Gelli, il gran maestro della P2.
Il
cosiddetto Venerabile ha ispirato il
Movimento etico per la difesa
internazionale del crocifisso (Medic),
presentato nella sala congressi del
Michelangelo di Roma, un albergo a
pochi passi dal Vaticano. La
politica è corsa a sostenere
l’iniziativa: c’era Olimpia Tarzia,
consigliere regionale Pdl, l’ex
direttore del Tg1 Nuccio Fava,
atteso invano l’ex mezzobusto del
Tg1 Francesco Pionati (Adc) e sono
stati annunciati telegrammi ricevuti
(ma non letti) dal presidente della
Camera, Gianfranco Fini, dal
presidente emerito Francesco Cossiga
e dal “divo” Giulio Andreotti.
Il disegno dell’uomo P2
Per la Chiesa è un appuntamento
imperdibile: don Walter Trovato,
cappellano della polizia di Stato, è
il primo a sedersi al tavolo degli
oratori; l’anziano monsignore
Antonio Silvestrelli è l’ultimo. Non
è facile contare i collarini bianchi
dei preti. Gelli ha scritto il
codice etico e addirittura disegnato
il simbolo dell’associazione: una
sfera tagliata da cerchi concentrici
su sfondo azzurro, una croce nera
avvolta in una stretta di mano,
quattro frecce ai bordi. Il
Venerabile è nella sua Villa Wanda
sulle colline di Arezzo: “Questa è
la mia nuova battaglia – spiega al
Fatto Quotidiano - e il colore
scelto per il simbolo rimanda al
mare, al cielo e al grembiule della
Madonna, il resto a San Francesco e
le frecce rappresentano i punti
cardinali”. L’età avanzata ha
impedito a Gelli di officiare la
cerimonia in una sala moderna,
affollata di uomini e donne vestiti
con abiti scuri da sera nel caldo di
mezzogiorno. Un amico di Gelli ha
rimpianto l’assenza del Venerabile,
criticando “la gestione troppo rude
della cerimonia del costruttore
Mezzaroma”.
Accenti che si mescolano, spillette
che si confondono. Segni, simboli,
messaggi più o meno occulti, più o
meno massonici. Il secondo capitolo
di uno Statuto suggellato da Gelli,
più che a un piano di rinascita
nazionale, somiglia a una crociata
pop: difendere, coinvolgere,
riconoscere. “Medic vuole far
emergere – declama Mezzaroma – le
radici giudaico-cristiane del mondo
occidentale e promuovere il
significato autentico del crocifisso
quale simbolo condiviso di amore
assoluto; nasce con l’ambizione di
essere un movimento trasversale, che
raccoglie non solo cattolici ma
anche ebrei, musulmani, atei,
convinti che la croce abbraccia
l’umanità intera”. Quasi un comizio,
senza leggere, e un po’ fuori dal
protocollo per un evento mondano in
pieno giorno. L’imprenditore
Mezzaroma, ex europarlamentare di
Forza Italia, è stato nominato
segretario generale del Medic in una
riunione a Villa Wanda che, diretta
come è logico da Gelli, ha indicato
presidente onoraria la duchessa
d’Aosta, Silvia Paternò, dei
marchesi di Regiovanni, dei conti di
Prades, dei baroni di Spedalotto,
appartenente al Sovrano Militare
Ordine di Malta. Una roba da far
impallidire la contessa Serbelloni
Mazzanti Viendalmare di fantozziana
memoria. Araldica pesante, insomma,
tanto che “siamo già in 500: faccio
politica per passione, sono iscritto
al Pdl; stimo tantissimo Gelli, ma
non mi confido al telefono con
nessuno” e attacca la cornetta
Mezzaroma, contattato all’ultima
forchettata di un banchetto fastoso.
Il costruttore romano è un fan della
prim’ora dei Circoli del buon
governo di quel Marcello dell’Utri
appena condannato a 7 anni in
appello per concorso esterno in
associazione mafiosa.
Ex romanista parente di Lotito
Ex europarlamentare, responsabile
del dipartimento “lotta alla
povertà” del partito ai tempi di
Forza Italia, Mezzaroma è lo zio
della moglie di Claudio Lotito. Nel
2005 diventò il secondo azionista
della Lazio vantandosi di “aver già
salvato la Roma nel 1992 assieme ai
miei fratelli, perché bisogna
costruire non demolire”. E detto da
lui vale un capitale, perché di
cemento se ne intende. L’avventura
con la Lazio è costata una condanna
a un anno e 8 mesi, per un accordo
definito “interpositorio” che
permise a Mezzaroma di acquistare il
14,61% delle azioni biancocelesti di
fatto per conto di Lotito, in modo
da nascondere la titolarità del
pacchetto completo con cui lo stesso
Lotito avrebbe poi lanciato l’Opa.
Aggiotaggio e ostacolo all’attività
degli organi di vigilanza, per
Lotito la condanna è di due anni.
Tra i padrini chiamati a battezzare
il Medic, c’era anche monsignor
Alberto Silvestrelli: un alto
prelato che risponde all’invito di
Licio Gelli. Esponente del governo
Vaticano con l’incarico di
sottosegretario alla Congregazione
per il clero, oltre ad essere
giudice di appello del Vicariato di
Roma (il tribunale dei preti) e
commissario della Congregazione per
il culto divino e la disciplina dei
sacramenti, si occupa di sociale:
alcolismo e disabili. Ai tempi della
gestione Ratzinger, monsignor
Silvestrelli ha ricoperto incarichi
anche nella Congregazione per la
dottrina della fede, la moderna
Inquisizione.
Il consigliere regionale (Lazio)
Olimpia Tarzia, altra commensale,
vanta un ampio curriculum tra fede e
politica: fondatore (e segretario
generale dal ‘97 al 2006) del
Movimento per la vita, il cui
successo più importante è stato il
fallimento del referendum sulla
fecondazione assistita nel 2005. “Il
crocifisso – ha affermato Tarzia – è
simbolo di vita: si invoca lo Stato
laico, ma lo Stato laico come
democratico difende i diritti umani
e il primo di questi diritti è
quello alla vita”. Il Medic è pronto
a difendere il crocifisso “anche con
azioni forti, a promuovere un
referendum che rimetta al popolo
italiano la decisione di continuare
a riconoscersi in quei valori che
hanno delineato i confini culturali
e spirituali dell’Italia e
dell’Europa”. A quei valori che
affascinano Licio Gelli.
Carlo Tecce e Giampiero Calapà (Il
Fatto Quotidiano, 3 luglio 2010)