Il ministero dell’Istruzione ha
diramato una circolare sulle
modalità di iscrizione per il
prossimo anno alla scuola
dell’infanzia e primaria. La
circolare elenca le tre opzioni
possibili per gli studenti che non
si avvalgano dell’insegnamento della
religione cattolica (Irc): attività
didattiche e formative; attività
individuali o di gruppo con
assistenza di personale docente;
uscita dalla scuola.
Ma nei moduli
allegati, che dovrebbero servire come ‘tracce
da contestualizzare’ per gli
istituti, ecco sparire le
attività didattiche e formative,
ossia l’opzione scelta dalla maggior
parte dei genitori dei piccoli studenti,
contrari a vederli ‘spalmati’ su altre
classi o portati per un’ora in
un’aula parcheggio.
Ma cosa dice la
normativa vigente sull’ora alternativa
all’Irc?
La circolare
ministeriale 316 del 1987, ultimo
riferimento normativo, parla chiaro: “Gli
alunni non avvalentisi dell’insegnamento
della religione cattolica – previa
richiesta del genitore o di chi esercita
la potestà o richiesta personale degli
alunni stessi, se frequentanti la scuola
secondaria superiore – hanno il
diritto di scegliere
tra le attività didattiche e formative
ed una pluralità di opportunità
qualificabili come studio o attività
individuali da svolgersi con
l’assistenza di docenti a ciò
appositamente incaricati e nell’ambito
dei locali scolastici”.
In realtà, la maggior
parte delle scuole – dell’infanzia,
primarie, secondarie di primo e secondo
grado – non prevede le attività
didattiche e formative, e non solo da
quest’anno.
Cercate su internet una scuola, di
qualsiasi ordine e grado, nel vostro
quartiere. E’ probabile che abbia un
sito internet sul quale poter
visionare il modulo di iscrizione. Le
opzioni per chi non si avvale dell’Irc,
se previste, sono quasi sempre solo due:
attività di studio individuale (in aula,
in biblioteca) e uscita dalla scuola. In
molti moduli, addirittura, il genitore
deve solo specificare se lo studente si
avvarrà o no, punto. Cosa farà in
quell’ora non è dato sapere.
L’ultima circolare
ministeriale autorizza de facto,
in barba alla normativa vigente, un
‘uso’ che si è protratto senza ostacoli
per anni, a partire proprio dalla
revisione concordataria del 1984 che ha
rivisto le regole di ‘esonero’ (così
chiamato prima di allora) dall’Irc. Uso
che, tra l’altro, ostacola ragazzi e
famiglie nella loro scelta. Sono molti i
non (o diversamente) credenti che pur di
non creare disagio ai figli, ospiti in
altre classi o, peggio, lasciati allo
stato brado nei corridoi, rinunciano
alla facoltà di non avvalersi dell’Irc,
a tutto vantaggio dei dati statistici
della Cei sulla affluenza all’ora di
religione che risulta così talmente
frequentata da tacitare ogni lecita
richiesta di abolizione.
Tra l’altro, l’onere
delle attività didattiche e formative è
delegato alle scuole, in cronica carenza
di fondi. E poche, pochissime, sono
quelle che riescono ad offrire una
alternativa didattica alla religione.
Anche su questo tema,
incombe il disarmante disinteresse della
politica nostrana. Qualche timida
interrogazione parlamentare c’è stata,
in passato, ma mai nessuna forza
politica ha portato avanti battaglie di
diritto sull’ora alternativa.
La divergenza dalla
fede cattolica non è più un problema di
pochi e il cambiamento della nostra
società lo dimostra ogni anno di più. La
ministra Gelmini ne è cosciente, visto
che ha appena stabilito ferre regole per
limitare la percentuale di alunni
stranieri nelle classi, ma nonostante
ciò continua a declamare con veemenza
l’importanza dell’insegnamento della
nostra (?) religione nelle scuole, ad
asserire che i docenti di religione
hanno pieno titolo a partecipare agli
scrutini e addirittura che siano
discriminati rispetto agli altri perchè
esprimono un giudizio e non un voto!
Ma cosa ci aspettiamo
da uno Stato che paga di tasca sua (o
meglio di tasca nostra) gli insegnanti
di religione scelti dalla Curia? Che li
fa entrare in ruolo nello Stato
assicurando loro, qualora il vescovo non
rinnovi l’incarico annuale, una
collocazione nella graduatoria di altra
disciplina di insegnamento (a scapito di
chi ha superato regolare concorso di
abilitazione)? Che elargisce loro premi
spot sullo stipendio per compiacere le
gerarchie vaticane?
C’è qualcuno, in
Parlamento, pronto ad affrontare una
battaglia di giustizia e civiltà su
questo tema? No. A Vaticalia certi
argomenti sono troppo scomodi. Fosse mai
che poi si perdano le elezioni…
Cecilia M.
Calamani (Cronachelaiche)