Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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Il cardinale Tarcisio Bertone parla di giustizia sociale e chiede leggi precetto.
Martedì 28 luglio 2009 nella Sala Capitolare del Senato, il cardinal Bertone è stato chiamato dalla seconda carica dello Stato, l’on. Schifani, a tenere una conferenza sull’enciclica Caritas in veritate. Molti i parlamentari e i politici in sala a seguire l’articolata e dotta relazione del porporato. I media hanno dato ampio risalto ai passaggi del discorso contro le speculazioni del mercato in un’economia che non si preoccupa troppo dei poveri, soprattutto se stranieri. Ma hanno tralasciato altre pur fondamentali parti dell’intervento, su cui invece è opportuno riflettere. Se non altro per i pericoli di Stato confessionale che implicano. Carità è amore, ha precisato Tarcisio Bertone. Un amore che è tale nella Verità, come è detto nella Caritas in veritate di Benedetto XVI, che il cardinale cita spesso: «amore e verità sono la vocazione posta da Dio nel cuore e nella mente di ogni uomo, di quell'uomo che, secondo la Sacra Scrittura, è appunto creato ad immagine e somiglianza del suo Creatore». E il cardinale, citando sempre la Caritas in veritate, spiega come questa verità eterna «non nasce dal pensare e dal volere, ma in certo qual modo si impone all'essere umano ». E «può essere colta da ogni uomo di buona volontà che usa rettamente della sua ragione nel riflettere su se stesso ». La ragione umana di ciascuno sarebbe pertanto programmata in questa Verità. In ciascuno e in tutti. Comunque e sempre. E per questo, ad essa dovrebbero essere soggetti universalmente anche quanti questa Verità non condividono: «certamente, può essere negata da coloro che rifiutano di ammettere l'esistenza di un Dio personale - aggiunge il cardinale - ma rimane implicitamente presente nella ricerca della verità e del senso presente in ogni essere umano». Niente di nuovo in questa concezione cattolica (ovvero universale) dove tutti sarebbero programmati nella fede. Anche senza saperlo! Affermazioni, che senza andare troppo indietro nella storia della Chiesa, ci riportano alla memoria le parole di papa Wojtyla, che in un’altra enciclica sulla questione sociale, la Centesimus annus, assicurava che «La negazione di Dio priva la persona del suo fondamento». Ne consegue che l’essere umano “sano” coincide col credente, possibilmente cattolico apostolico romano. A questo ognuno sarebbe programmato nel mistero creazionistico. Pertanto, non c’è alcun bisogno di cercare la verità al di fuori di sé, come già s.Agostino affermava. A farlo si cade nel relativismo, nella secolarizzazione. Che è poi diritto degli individui ad autodeterminarsi responsabilmente. Dovere degli Stati laici e democratici a legiferare in autonomia dalle fedi per garantire ed estendere le libertà di ciascuno. Ma è proprio questo il male assoluto che la Chiesa vuole contrastare. E per farlo cerca di addomesticare i diritti umani, perché diventino doveri cattolici non negoziabili. Chi ad essi si sottrae è contro-natura. E il peccato deve essere sanzionato come reato. Il precetto imposto per legge! Col mistero del creazionismo, allora, si evita ogni possibilità di interpretazione storica. In una concatenazione di idee supposte come assolute ed eterne resta solo la rassegnazione dell’obbedienza all’Assoluto essere. Questo il legislatore deve imporre, a salvaguardia di una supposta identità umana. Queste nostre relativissime considerazioni trovano conferma anche nelle assolute affermazioni del discorso del cardinal Bertone che non a caso cita le parole pronunciate da papa Ratzinger alle Nazioni Unite il 18 aprile 2008: «Questi diritti (i diritti umani –ndr.) trovano il loro fondamento nella legge naturale inscritta nel cuore dell'uomo e presente nelle diverse culture e civiltà. Separare i diritti umani da tale contesto significherebbe limitare la loro portata e cedere a una concezione relativista, per la quale il senso e l'interpretazione dei diritti potrebbe variare e la loro universalità potrebbe essere negata in nome delle diverse concezioni culturali, politiche, sociali e anche religiose». Il contesto a cui Bertone ancora gli umani, allora, non è quello storico che permetterebbe di analizzare idee, azioni, leggi in base al bene che producono effettivamente per rendere più felici gli individui nell’unica vita biologica a disposizione, ma quello trascendente, che blinda il legislatore alle prescrizioni nell’Assoluto. Significativo in tal senso il richiamo di Tarcisio Bertone al discorso del cardinale Ratzinger del 13 maggio 2004, quando in occasione di un altro convegno al Senato: Europa. I suoi fondamenti spirituali ieri, oggi e domani, illustrava che i principi che animano le leggi degli Stati: «non vengono creati dal legislatore, né conferiti ai cittadini, ma piuttosto esistono per diritto proprio, sono sempre da rispettare da parte del legislatore, sono a lui previamente dati come valori di ordine superiore». E’ quanto in perfetta continuità -precisa ancora Sua Eminenza Bertone- viene espresso da papa Ratzinger nella Caritas in veritate: « i diritti umani rischiano di non essere rispettati quando vengono privati del loro fondamento trascendente». Ovvero quando si dubita che «Dio è il garante del vero sviluppo dell'uomo, in quanto, avendolo creato a sua immagine, ne fonda altresì la trascendente dignità ». Insomma, la trascendenza sarebbe preesistente all’individuo storico e fine ultraterreno. In mezzo a tutto questo la Chiesa di Roma. Depositaria della Verità. Mediatrice tra cielo e terra, perché la città celeste trovi il preannuncio in quella terrena, facendo in modo che le leggi umane siano lo specchio di quelle divine. O forse piuttosto, di quelle che la Chiesa curiale dice essere quelle Veramente Divine.
Maria Mantello | |||||||||||