Andrea Camilleri e Paolo Flores d'Arcais propongono un'alleanza col partito di Di Pietro
L’Italia è una democrazia sempre più anomala. Infatti, caso pressocchè unico in Occidente, è una democrazia senza una vera opposizione contro il governo. Anzi, l’Italia è doppiamente anomala: l’opposizione a Berlusconi esiste nel paese, è vasta, appassionata, intransigente, scende in piazza, coglie ogni occasione per autorganizzarsi, ma in parlamento l’opposizione è come se non ci fosse. Una opposizione degna del nome, intendiamo, che usi tutti i mezzi legalmente a disposizione, giorno per giorno e sistematicamente, per indebolire il governo, metterlo in difficoltà, sfruttarne debolezze e contraddizioni interne. Se possibile, per metterlo in crisi.
Il Partito democratico di Walter Veltroni, nato dalle ceneri di quelli che furono il Partito comunista più forte dell’Occidente e la sinistra della Democrazia cristiana, sembra preoccupato esclusivamente di “non demonizzare Berlusconi”, di poter dialogare con Berlusconi, di essere coinvolto nella realizzazione di leggi “bipartisan” insieme a Berlusconi. Non a caso è stata definita un’opposizione diversamente concorde.
E questo mentre Berlusconi fa a pezzi la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza antifascista, una delle costituzioni democratiche più avanzate del mondo, distruggendo l’autonomia della magistratura, rafforzando il suo monopolio personale e “bulgaro” sulla televisione (e diventando sempre più forte anche nella carta stampata), progettando radicali restrizioni del diritto di sciopero e di altri diritti sindacali, fomentando un crescendo di atteggiamenti razzisti nel paese, e assoggettando tutte le leggi in tema di diritti civili al volere oscurantista della Chiesa di Ratzinger.
Eppure una opposizione degna del nome avrebbe oggi in Italia gioco facile, tanto sono favorevoli le condizioni per mettere in crisi il governo. I salari reali della maggioranza della popolazione continuano a declinare, si diffonde la sindrome della “quarta settimana”, quando ormai il salario è stato tutto speso e non si sa come arrivare alla fine del mese, nelle code dei poveri alle mense delle organizzazioni caritatevoli non si trovano più solo gli emarginati tradizionali (che si moltiplicano) ma pensionati e ceto medio impoverito. E la corruzione dilagante del ceto politico, ormai da tutti definito “la casta” (titolo di un best seller di due giornalisti), è considerato dal cittadino comune il vero cancro del paese.
Per sconfiggere Berlusconi basterebbe un programma che articolasse il tema del “ritorno alla legalità”, poiché un tale “ritorno” risolverebbe da solo gran parte della questione sociale, dello sfruttamento del lavoro nero e precario, dell’evasione fiscale, degli spaventosi arricchimenti illeciti, di una finanza senza controllo e che rovina impunemente i piccoli risparmiatori, ecc.
In realtà una opposizione esiste, anche in Parlamento. La piccola pattuglia del partito di Di Pietro, l’ex magistrato di Mani Pulite (L’Italia dei valori).
Durante il governo Prodi c’erano forze della maggioranza che pretendevano di essere al tempo stesso partiti di governo e di opposizione, cosa che non è possibile. Mentre è possibile essere, al tempo stesso, un partito di opposizione parlamentare e di opposizione extraparlamentare, vale a dire un partito che sia a stretto contatto con la piazza. Oggi “l’Italia dei valori” interpreta esattamente questa unica forma possibile di opposizione. Chi pensa di poter fare una seria opposizione al governo Berlusconi solo all’interno del parlamento, senza avere dietro di sé la forza di una protesta di piazza, oggi è un illuso.
Benché il governo Berlusconi non riesca a fronteggiare nessuna emergenza (perfino la criminalità comune è in aumento, e gli sbarchi dei clandestini, per non parlare delle tasse, ed erano stati questi i cavalli di battaglia della campagna elettorale di Berlusconi), alle prossime elezioni europee rischia di vincere, e forse stravincere, solo per l’impopolarità ormai devastante del Partito Democratico presso il suo elettorato potenziale. Milioni di cittadini di centro-sinistra, disgustati dalla non-opposizione di Walter Veltroni (spesso chiamato ironicamente “Walterloo”) rischiano di disertare le urne.
Da qui la nostra modesta proposta: un’alleanza che veda da una parte i cittadini che non fanno politica in modo professionale, e che però nell’emergenza che vive il paese decidono di impegnarsi attivamente e in prima persona nelle elezioni per il parlamento europeo, e dall’altra il partito di Di Pietro, che sembra l’unica opposizione oggi esistente. Una sola lista, ma con due simboli appaiati, per rendere evidente l’assoluta novità. Un’alleanza tra persone che non hanno «le carte macchiate», come si diceva un tempo in Sicilia. Del resto fu Berlinguer a parlare di un “partito degli onesti”.
Una lista autonoma della società civile non è infatti tecnicamente possibile, data l’attuale legge elettorale, che prevede una raccolta di firme in tutte le regioni, con soglie raggiungibili solo se si dispone di un apparato nazionale di funzionari.
Antonio Di Pietro, discutendo con noi nella tavola rotonda appena pubblicata dalla rivista MicroMega, ha dichiarato la disponibilità di principio del suo partito, e si è spinto anzi a quantificare in un 70% la quota di candidati che dovrebbero essere scelti dalla società civile.
Le elezioni europee, oltretutto, sono l’occasione migliore per consentire ai cittadini (stanchi delle nomenklature di partito) di esprimere dei rappresentanti esterni alle burocrazie tradizionali. Con il voto europeo non si scelgono i governi, e in ogni paese si possono candidare i cittadini di qualsiasi altro Stato appartenente all’Unione. La lista che noi immaginiamo dovrebbe perciò vedere, accanto a personalità della società civile italiana in lotta contro Berlusconi, molti candidati spagnoli, francesi, tedeschi, polacchi… Perché il berlusconismo non è un fenomeno degenerativo solamente italiano, rischia anzi di contagiare l’Europa, ed è l’intera democrazia europea che dovrebbe preoccuparsene seriamente. Il modello di Berlusconi, infatti, non si chiama Obama, si chiama Putin.
La nostra proposta è l’ennesima utopia di “anime belle”, “intellettuali astratti”, “moralisti sognatori”, o peggio, come in genere ci descrivono i signori della politica ufficiale? Una cosa è certa, il vero realismo politico non sta dalla parte di quei dirigenti del Partito Democratico che in pochi mesi, grazie alla loro non-opposizione a Berlusconi (Elle Kappa, geniale e famosa vignettista, quando parla dei dirigenti del Pd non li chiama più “oppositori” ma “diversamente concordi”), sono riusciti già a dissipare, secondo tutti i sondaggi, oltre un terzo dei consensi di un anno fa.
Non avremo la prova della realizzabilità del nostro progetto fin quando non avremo sottoposto questa idea al dibattito pubblico. Le cose avvengono per gradi e noi, lanciando la proposta su MicroMega, abbiamo fatto un primo passo. Veltroni ha già obiettato: un altro Partito, non se ne sente proprio il bisogno! Non trinceriamoci dietro i nomi. Il fatto che persone indipendenti, senza partito, si costituiscono alla fine in un partito, è una contraddizione che si supera facilmente trovando un nome diverso... «gli indipendenti», tanto per fare un esempio. La nostra idea, del resto, non è affatto quella di costituire un partito tradizionale, ma solo una lista per le europee, ed eventualmente poi, se avrà successo, una organizzazione “a geometria variabile”. E proprio per evitare nuovi “professionisti della politica” pensiamo addirittura all’ipotesi che gli eletti a Strasburgo restino solo una parte della legislatura, passando poi il testimone ai primi dei non eletti.
Con la nostra proposta abbiamo stabilito solo un primo contatto. Il passo ulteriore è comunicare questo progetto, magari preparando un manifesto programmatico, anche attraverso MicroMega o via web, per iniziare a sondare il terreno, e avremmo fatto un passo ulteriore. D’altra parte, il milione di firme per un referendum sulla giustizia, raccolto da Di Pietro, dimostra che un’opposizione diffusa e latente c’è già.
Non si può essere pessimisti, altrimenti è meglio giocare alla roulette russa. E ci domandiamo anzi se questo bisogno di una politica non più monopolizzata dagli apparati non sia sentito anche in altri paesi europei.