È quanto emerge da un documento interno
della Conferenza episcopale italiana (di cui
Adista è in possesso) che analizza i dati
del 2009, non ancora resi pubblici ma già
noti alla Cei. “Purtroppo, per la prima
volta da alcuni anni a questa parte” -
scrive la Cei - si registra “una diminuzione
della percentuale delle firme a nostro
favore, che passano dall’89,82% (del 2008,
sulla base delle dichiarazioni dei redditi
del 2005, ndr) all’86% (del 2009, sulla base
delle dichiarazioni del 2006, ndr). Tale
dato non è l’effetto di una diminuzione in
valore assoluto delle firme in favore della
Chiesa cattolica (che, anzi, crescono ancora
di 38.024 unità), ma di un significativo
incremento delle scelte espresse
(equivalenti a circa 800.000 firme), quasi
tutte per l’opzione ‘Stato’, che passa in
percentuale dal 7,6% all’11% del totale”.
Questa riduzione “determinerà per il
prossimo anno un significativo calo, pari a
quasi 35 milioni di euro, delle risorse che
riceveremo dall’otto per mille. Ciò
evidenzia la necessità di continuare a
puntare sulle campagne di promozione al
sostegno economico per la Chiesa cattolica,
per tenere alta la percentuale delle firme
in nostro favore”. Alla diminuzione
dell’otto per mille, va aggiunto poi anche
il calo delle offerte deducibili per il
clero: nel 1998 esse avevano raggiunto la
cifra di oltre 21 milioni di euro; nel 2007
si sono fermate a 17 scarsi. Crescono invece
le offerte raccolte dalle diocesi per
l’Obolo di San Pietro, che finiscono
direttamente in Vaticano: nel 2006 erano
state di oltre 2,8 milioni di euro, nel 2007
sono arrivate a 3,5 milioni.
Difficile prevedere a quanto ammonterà
l’incremento delle già costosissime campagne
pubblicitarie; l’entità delle cifre dedicata
alla pubblicità e alla comunicazione -
affidate alla Saatchi&Saatchi, una delle più
importanti agenzie di comunicazioni a
livello mondiale, che anni mette ad
esclusiva disposizione della Cei un intero
gruppo di lavoro, - non compare in nessuna
voce dei bilanci della Cei, ma pare che ogni
anno la Cei versi alla Saatchi&Saatchi una
cifra che si aggira intorno ai 5 milioni di
euro. Nel documento stilato dalla Conferenza
Episcopale è previsto anche un rilancio
degli investimenti finanziari: “i nostri
uffici - si legge nel documento - hanno
predisposto un nuovo piano di allocazione e
diversificazione degli strumenti finanziari
che si intende rendere operativo nel
prossimo triennio”.
Otto per mille: solo il 20% va ai poveri
Per quanto riguarda l’otto per mille
assegnato nell’anno 2008, la Chiesa
cattolica ha incassato oltre un miliardo di
euro (1.002.513.715,31 euro): non è stato
superato il risultato record di 1.016
milioni del 2003, ma c’è un aumento di oltre
10 milioni rispetto al 2007 (dovuto alla
crescita complessiva del gettito Irpef, non
ad un maggior numero di firme che registra
solo uno 0,01% in più), quando invece la
cifra si fermò a 991 milioni. Nella
comunicazione esterna, il Servizio per la
promozione del sostegno economico alla
Chiesa dice che l’89,82% dei contribuenti ha
firmato per destinare l’otto per mille alla
Chiesa cattolica, ma in realtà la
percentuale si riferisce solo a coloro che
esprimono effettivamente una scelta: una
minoranza (poco più del 40%) rispetto alla
totalità dei contribuenti. Infatti, su oltre
40 milioni di contribuenti, solo 16 milioni
e 700mila hanno firmato per assegnare l’otto
per mille ad una confessione religiosa o
allo Stato, e fra questi quasi 15 milioni
(appunto l’89,82%) hanno optato per la
Chiesa cattolica. Pertanto solo il 37% dei
contribuenti italiani sceglie
volontariamente di destinare alla Chiesa
l’otto per mille delle proprie tasse, ma
grazie al meccanismo di ripartizione che
assegna le quote non espresse in misura
proporzionale alle preferenze dichiarate
dagli altri contribuenti, la Chiesa
cattolica incassa quasi il 90% del gettito
complessivo.
La gestione dei fondi da parte della Chiesa
cattolica contiene un altro luogo comune da
sfatare: mentre le campagne pubblicitarie
insistono a spiegare che l’otto per mille
destinato alla Chiesa viene usato per la
carità, per i poveri e per il Terzo mondo,
in realtà solo un quinto del totale – per il
2008 si tratta di 205 milioni di euro – è
impiegato per “interventi caritativi”, cioè
assegnati alle diocesi per le iniziative di
carità (90 milioni), destinati ad interventi
nei Paesi del Terzo mondo (85 milioni) e ad
esigenze caritative di rilievo nazionale (30
milioni). Quasi la metà dei soldi raccolti
dalla Chiesa cattolica viene invece
destinata alle esigenze di culto: 424
milioni di euro (160 milioni alle diocesi
"per culto e pastorale", 185 per l'edilizia,
32 al Fondo per la catechesi e l'educazione
cristiana, 38 per iniziative religiose di
rilievo nazionale e 9 ai Tribunali
ecclesiastici regionali). E oltre un terzo
dell'intero incasso, 373 milioni di euro,
viene invece destinato all'Istituto centrale
per il sostentamento del clero, che assicura
uno stipendio mensile ai 39mila sacerdoti in
servizio nelle diocesi italiane e ai 600
preti diocesani impegnati nelle missioni
all'estero: poco più di 850 euro al mese ad
"inizio carriera", che arrivano a 1.300 euro
mensili per un vescovo alle soglie della
pensione (ma va aggiunto anche che ogni
sacerdote può attingere ai cosiddetti
"diritti di stola": battesimi, matrimoni,
funerali, ecc.).
“NON ABBIATE PUDORE A CHIEDERE
SOLDI”: LETTERA DELLA CEI AI CATTOLICI PER
RILANCIARE IL SOSTEGNO ALLA CHIESA
Venti anni fa - in seguito alla revisione,
nel 1984, del Concordato tra Stato e Chiesa
- nasceva l’otto per mille, un sistema che
ha assicurato regolari e ingenti risorse
economiche alla Chiesa cattolica ma che,
negli ultimi tempi, sembra vivere un momento
di stanchezza, a causa dell’assuefazione, se
non della disaffezione, dei fedeli (vedi
notizia precedente). Eppure, poiché
diminuiscono anche le offerte deducibili ai
sacerdoti (192mila offerte per un totale di
21,4 milioni di euro nel 1998, 172mila
offerte per 16,8 milioni nel 2007), la
Chiesa punta molto sulle firme dei
contribuenti per il proprio finanziamento.
Proprio per questi motivi, e per rilanciare
il sostegno economico alla Chiesa – anche
nelle sue motivazioni teologiche,
ecclesiologiche ed etiche -, i vescovi
italiani hanno deciso di scrivere una
lettera a tutti i cattolici, laici, preti e
religiosi. Il testo - intitolato Sostenere
la Chiesa per servire tutti. A vent’anni da
Sovvenire alle necessità della Chiesa.
Lettera dell’Episcopato a vent’anni
dall’avvio del nuovo sistema di sostegno
economico alla Chiesa cattolica in Italia –
è stato elaborato ed emendato durante la
58.ma Assemblea generale della Cei svoltasi
lo scorso 26-30 maggio e dovrebbe essere
presentata ufficialmente il prossimo 14
novembre (ventesimo anniversario del primo
documento della Cei: Sovvenire alle
necessità della Chiesa, pubblicato nel
1988). Adista è venuta in possesso della
lettera ed è in grado di anticiparne i
contenuti.
Scrivono i vescovi: “Nonostante i timori
iniziali legati all’introduzione del nuovo
sistema, che comportava la rinuncia alla
‘congrua’ e ai fondi per l’edilizia di
culto, cioè a forme di finanziamento
automatico da parte dello Stato anche a
titolo di risarcimento rispetto alle leggi
eversive del patrimonio ecclesiastico, i
frutti sono stati confortanti” e “la Chiesa
ha potuto disporre di risorse costanti”. “A
uno sguardo attento, emergono però nuovi
timori, figli in gran parte della tentazione
dell’assuefazione. Nulla, in realtà, è
definitivamente acquisito e sarebbe un grave
errore affievolire la tensione propositiva,
rinunciando a educare al dovere del
sovvenire e alla promozione di una mentalità
ecclesiale di partecipazione e
corresponsabilità” che “investe ogni
dimensione della vita cristiana, compreso il
reperimento dei beni materiali necessari per
vivere”. “Partecipare alla vita della Chiesa
vuol dire perciò condividere anche i beni
materiali e il denaro”, scrivono i vescovi.
Quindi, si legge nella lettera, sacerdoti,
religiosi e catechisti non devono
vergognarsi o avere paura di chiedere soldi:
le motivazioni del sostegno economico alla
Chiesa “devono essere costantemente
richiamate nella catechesi, negli itinerari
formativi, nell’insegnamento teologico.
Dovremmo forse superare quell’eccessivo
pudore che ci induce a tralasciarle nella
predicazione abituale: ben diverso era, su
questi temi, lo stile degli Apostoli”. Un
pudore che, aggiungono i vescovi, alimenta
l’assuefazione e la disaffezione da parte
dei fedeli: “troppo basso” è infatti “il
livello di coinvolgimento dei fedeli nel
sostentamento del clero attraverso le
apposite offerte deducibili (che sono del
tutto volontarie, a differenza dell’otto per
mille che va obbligatoriamente versato,
ndr), troppo alto il rischio
dell’assuefazione, che non favorisce la
partecipazione consapevole dei fedeli e
tende a spostare l’asse portante del sistema
verso l’otto per mille”.
La lettera si chiude con tre
“raccomandazioni specifiche ai fedeli, nelle
loro diverse condizioni di vita”: ai laici,
dopo i ringraziamenti per quanto elargito in
questi venti anni, viene chiesto di
continuare a sostenere economicamente il
clero con le offerte e la Chiesa cattolica
con la destinazione dell’otto per mille; ai
seminaristi di studiare e approfondire “le
motivazioni teologiche e pastorali che sono
alla base del sistema di sostegno economico
alla Chiesa in Italia e i concreti
meccanismi del suo funzionamento” per poter
poi essere in grado “di accompagnare con
convinzione e lealtà le comunità che vi
saranno affidate” (anche perché, presentando
il testo della lettera agli altri vescovi,
mons. Pietro Farina, vescovo di
Alife-Caiazzo e presidente del Comitato per
il sostegno economico alla Chiesa cattolica,
spiega che “solo il 22% del seminaristi
arriva al sacerdozio con una buona
conoscenza dell’attuale sostegno economico
alla Chiesa e al clero”); e ai presbiteri di
non “avere ritegno ad affrontare questi temi
con i fedeli, garantendo al contempo la
massima trasparenza nel far conoscere la
situazione economica e i conti delle nostre
parrocchie e di tutte le realtà ecclesiali”.
PARROCCHIE A COTTIMO. ECCO IL NUOVO
SISTEMA DELLA CEI:
INCENTIVI A CHI RACCOGLIE PIÙ OFFERTE
Diminuisce sensibilmente la raccolta delle
offerte deducibili per il clero realizzata
attraverso i bollettini postali distribuiti
nelle parrocchie (- 23% in un anno), e così
il Comitato per la promozione del sostegno
economico alla Chiesa cattolica, presieduto
dal vescovo di Alife-Caiazzo mons. Pietro
Farina, oltre alla Lettera dell’Episcopato
per rilanciare l’otto per mille e il
sostentamento del clero, (v. notizia
precedente), ha elaborato un nuovo
meccanismo per incoraggiare le parrocchie ad
incrementare la raccolta delle offerte per i
sacerdoti: tutte le 26mila parrocchie
italiane verranno di fatto ‘schedate’ in
modo che l’Istituto centrale per il
sostentamento del clero (Icsc) possa
controllare il volume di offerte proveniente
da ogni singola parrocchia e,
successivamente, premiare le più efficienti
con cospicui incentivi economici.
In occasione della Giornata nazionale di
sensibilizzazione alle offerte per i
sacerdoti, alle parrocchie verranno inviati
dei bollettini postali – che saranno poi
distribuiti ai fedeli perché facciano la
loro offerta – dotati di un codice
identificativo della parrocchia stessa. In
questo modo, l’Icsc, a cui vanno destinati i
soldi, a fine anno potrà controllare e
calcolare le offerte pervenute da ciascuna
parrocchia grazie ai bollettini codificati.
A questo punto si inserisce il sistema degli
incentivi che premia chi ha prodotto più
offerte. Ogni comunità parrocchiale è tenuta
a versare una quota annua (la “quota
capitaria”) per il sostentamento del proprio
parroco (che si cumula con lo stipendio
mensile versato dall’Istituto centrale per
il sostentamento del clero): si va dai 211
euro l’anno per le parrocchie con meno di
500 abitanti ai 2.282 per quelle fra 2.500 e
4.000 abitanti, fino ai 7.008 euro l’anno
per le parrocchie con più di 10.000
abitanti. Il meccanismo elaborato dalla Cei
prevede che le parrocchie possano
risparmiare sulla “quota capitaria” dovuta
al loro parroco (che verrebbe versata
direttamente dall’Icsc) in proporzione alle
offerte deducibili prodotte dalla parrocchia
stessa: quanti più soldi saranno arrivati a
Roma tramite i bollettini postali
codificati, tanti più soldi della “quota
capitaria” la parrocchia potrà trattenere
nelle sue casse, senza che il parroco perda
nulla perché sarebbe l’Icsc ad integrare la
quota.
Una simulazione elaborata dall’Icsc può
aiutare a capire meglio il meccanismo: una
parrocchia di medie dimensioni (fra 1.000 e
2.500 abitanti, in Italia ce ne sono oltre
6.000) deve garantire una remunerazione
annua al proprio parroco di 1.247 euro. Se
le offerte deducibili inviate dai fedeli
della comunità tramite bollettino postale
uguagliassero tale remunerazione, la
parrocchia potrebbe trattenere per sé un
quarto della cifra (cioè 312 euro); se
invece fossero il doppio, cioè 2.494, la
parrocchia potrebbe trattenere addirittura
il 75% della “quota capitaria” dovuta al
proprio parroco, cioè 935 euro (ovviamente
le parrocchie che producessero offerte
inferiori alla “quota capitaria” non
avrebbero alcun incentivo). Una sorta di
“cottimo” da cui tutti avrebbero da
guadagnare, tranne le parrocchie poco
efficienti: tanto l’Icsc che potrebbe
aumentare il volume complessivo di offerte
deducibili raggranellate; quanto le
parrocchie che, riuscendo ad incrementare le
offerte versate dai fedeli, potrebbero
trattenere per sé cifre ragguardevoli. Si
tratta di “una modalità innovativa che
motivi e giustifichi un rinnovato impegno a
livello parrocchiale - spiega mons. Farina -
e che, si spera, faccia da volano ad un
incremento più generale delle offerte
deducibili per il clero”.
Luca Kocci, da www.adista.it