La Riforma secondo Gelmini, ovvero l’infeudalizzazione
della scuola
di Maria Mantello
A ridosso d’inizio anno
scolastico, il Ministro dell’Istruzione,
Università e Ricerca, Mariastella Gelmini,
propone e a volte realizza, qualche isolata
variazione nel sistema scolastico: dal
grembiulino per tutti (anche per le ragazze
delle superiori, come era una volta?),
insufficienza in condotta = bocciatura (ma
prendere 7 non era già abbastanza negativo?),
insegnamento dell’educazione civica (ma “Storia
ed educazione civica” non erano già
curricolari?); voto al posto del giudizio
(ma cambia la sostanza?), maestro unico (Ma!
Qualche nostalgia di ritorno guasta?). Piccole
cose, che a volte creano anche ingenue simpatie,
distogliendo però l’attenzione dall’obbiettivo
di fondo di questo Governo di destra: la
privatizzazione del sistema statale
d’istruzione. Un obbiettivo che il Ministro
Gelmini non tralascia mai di ribadire
menzionando sempre le tre direttive della sua
Riforma a venire: Sussidiarietà dello Stato,
Fondazioni scolastiche autonome, Merito dei
docenti.
Proviamo a correlarle. Ogni
Istituto Statale dovrebbe trasformarsi in
Fondazione per gestire autonomamente i suoi
progetti educativi col denaro erogato da uno
Stato: sussidiario economico. Un’idea di
capitalismo all’italiana dove la gestione è
privata, ma il denaro di tutti i cittadini. Con
le Fondazioni, lobby
ideologico-politico-economiche gestiranno la
politica scolastica come in un sistema
aziendalistico, dove le realtà locali avranno un
peso determinante nel definire piani e programmi
di ogni singola scuola. Libertà d'insegnamento e
d’apprendimento saranno pesantemente
condizionate, mettendo in riga i docenti con la
valutazione del merito (adesione all’ideologia
della fondazione privata? I contratti delle
scuole private già lo prevedono.). Stiano
attenti, allora, i fastidiosi docenti delle
Statali che pretendono di avere libertà
d’insegnamento ed autonomia professionale, di
assumersi (individualmente e collegialmente) la
responsabilità della progettazione didattica, di
dare valore fondamentale alla cultura, e per
giunta di insegnarlo mentre tutta la società di
contorno sembra in gara per svilirla. Per
comprendere meglio il Gelmini-pensiero, forse è
opportuno andare a rileggere un Disegno di Legge
che l’onorevole ha presentato alla Camera il 5
febbraio 2008, qualche mese prima di diventare
Ministro dell’Istruzione del nuovo Governo
Berlusconi. (cfr: http://legxv.camera.it/_dati/lavori/stampati/pdf/15pdl0040980.pdf)
Questo “Disegno Gelmini” (lo chiamiamo così per
brevità e riportiamo tra virgolette i passi che
ne citiamo) è tutto incentrato sulla
connessione: merito – mercato, che organismi
appositi valutano e giudicano sulla base di
“risultati superiori a quelli mediamente
conseguiti”. Il che significa indurre
aprioristicamente il sospetto maligno che ogni
pubblico dipendente non fa abbastanza. Come
invece avrebbe fatto in un sistema competitivo e
concorrenziale. Un sistema di mercato dominato
dall’efficienza produttiva. Rapportato alla
scuola, dove centrali sono docenti e studenti,
significa equiparare il delicatissimo processo
dell’interrelazione insegnamento-apprendimento
ad una catena di montaggio. Ignorare che
conoscenze - competenze - capacità sono il
risultato di una crescita culturale, e non un
mercato dove tutto si acquista e si consuma
tramite mercanti-docenti e studenti -clienti. Un
mercato con tanto di controllori appositi,
secondo il “Disegno Gelmini”: “Direzione di
Valutazione e monitoraggio del merito
dell’autorità garante della concorrenza e del
mercato”. Chissà quali scuole dovranno aver
frequentato? E che preparazione e meriti
superiori dovranno avere? I nostri interrogativi
diventano angosciosi, se si pensa che il
“Disegno Gelmini” prevedeva il “progressivo
ampliamento per i dirigenti con ruoli apicali
dell’istituto della chiamata nominale su base
fiduciaria e di relativi contratti di tipo
privatistico a tempo determinato”. Insomma
dirigenti al di fuori di ogni controllo, “unti”
dai politici e da questi messi e dismessi. Un
sistema di stampo feudale dove ognuno, per usare
le parole dello storico M. Bloch, è uomo di un
altro uomo. Le conseguenze nefaste sono
facilmente immaginabili: tutti i non conformi al
merito predefinito e controllato, avranno la
riduzione dello stipendio, fino al licenziamento
senza possibilità di reintegro. Per fronteggiare
le sentenze contro i licenziamenti illegittimi,
“un meccanismo di natura esclusivamente
risarcitoria”.
Inoltre, per migliorare l’efficienza produttiva
nel mercato - scuola, ogni Istituto è in gara
con se stesso e con tutti gli altri, attraverso
“la promozione di una piena concorrenza tra le
istituzioni scolastiche, mediante l’adozione di
meccanismi di ripartizione delle risorse
pubbliche in proporzione dei risultati formativi
rilevati da un organismo terzo” (un altro
appalto a privati?). Sempre in nome
dell’efficienza produttiva, poi, il “Disegno
Gelmini” proponeva la “progressiva
liberalizzazione della professione, da attuare
attraverso la chiamata nominativa da parte delle
autonomie scolastiche su liste di idonei…”. Una
perla che può solleticare magari qualche
Preside, ma che nelle nuove scuole trasformate
in Fondazioni private, significa cancellare in
un sol colpo il sistema di accesso alla docenza
per concorsi pubblici, nonché le graduatorie per
titoli di studio, culturali, professionali ecc.,
dando la stura al più becero clientelismo. In
attesa di sbarazzarsi definitivamente di questi
criteri oggettivi (graduatorie statali) che
fanno così poco mercato, il “Disegno Gelmini”
pensava, oltre alle “liste di idonei” (una lista
non fa graduatoria) alla “possibilità di
stipulare contratti integrativi di tipo
privatistico” servendosi di non meglio precisati
“mediatori professionali pubblici o privati”.
Per l’Università e la Ricerca, la “progressiva
abolizione dei contratti a tempo indeterminato
dei docenti” e la “privatizzazione di
tutti gli istituti pubblici di ricerca”.
Come tutto questo produca merito e qualità nella
scuola rimane un mistero insolubile. L’unica
cosa certa è che una rete di clientele politiche
gestirà con i soldi della collettività tutta
l’istruzione. Una vera infeudalizzazione della
scuola, dove ognuno avrà un padrone che lo
comanda, in uno Stato espropriato di una
funzione fondamentale affidatagli dalla
Costituzione: l’istituzione di scuole statale
per tutti gli ordini e gradi (art. 33).
Occorre allora meditare seriamente su quanto sta
accadendo, e mobilitarsi per impedire la morte
della Scuola Statale. Dell'unica scuola libera
che educa alla democrazia puntando allo sviluppo
di capacità di giudizio autonomo degli studenti.
Una scuola statale, che per gli scenari che si
stanno prospettando, è forse l'ultimo baluardo
del pluralismo e della coscienza critica. Cose
assai scomode per chi vorrebbe una società tutta
asservita ad un pensiero unico, celebrante e
celebrato nei rituali della virtualità
mass-mediatica monopolizzata, con cui si forma
l’opinione pubblica. Quest’ultima, alfine, si
convincerà che una scuola statale al collasso
(sarà stata privata dei fondi a vantaggio delle
private, i docenti saranno sempre più
espropriati della indispensabile autonomia
didattica e sottopagati) la cosa migliore è
privatizzare. Così finalmente anche la cultura
finirà di infastidire quel familismo e
rampantismo italico, non disposto spesso a fare
i conti col fatto che non basta aver pagato le
rette per essere promossi! Perché nella scuola
statale, il merito, quello vero, conta e come!
Maria Mantello
Allegato:
Tutte le bugie del Ministro Gelmini