Ma Statuto,
l'enfant prodige dei nuovi palazzinari romani, l'unico ad
non essere sfiorato dalle disavventure giudiziarie dei
«furbetti del quartierino», in arte Stefano
Ricucci e Danilo Coppola, deve avere buoni
santi in Paradiso. Davvero: anche perché è uno dei rari
operatori del settore ad avere accesso agli affari
immobiliari della Chiesa. E così con la sua Michele Amari e
le altre controllate attive nella Capitale (Bixio 15, Diemme
Immobiliare, Derilca, Egis) in questi anni è andato
collezionando immobiili di pregio dismessi da congregazioni
religiose, ordini e confraternite.
La svolta è arrivata alla fine del 2002, con la nomina del
cardinale Attilio Nicora alla presidenza
dell'Amministrazione del patrimonio della sede apostolica (Apsa),
uno dei due pilastri economici del Vaticano, insieme
all'Istituto per le Opere di religione (Ior), la banca
pontificia. Una holding, l'Apsa, che a Roma risulta
proprietaria di beni per pochi milioni, perché iscritti a
bilancio al costo storico, e accatastati sempre come
popolari o ultrapopolari, pur situandosi in pieno centro.
Attraverso società come la Sirea, che ha intestati due
palazzi in piazza Cola di Rienzo, valutati neanche 3 milioni
e dati in affitto alla Direzione investigativa antimafia; la
Edile Leonina, con locali per altri 3 milioni, occupati dal
Viminale; e la Nicoloso da Recco, titolare di quattro
appartamenti, dal valore nominale di appena 50 mila euro. Ma
che invece ha un potere di indirizzo enorme sull'immenso
patrimonio che fa capo alla Chiesa e agli oltre 30 mila enti
religiosi che operano sul territorio.
Un patrimonio sfuggito
a ogni censimento, nei quasi ottant'anni seguiti al
Concordato che dal 1929 regola i rapporti tra Stato e
Vaticano. Come aveva sottolineato anche Francesco
Rutelli, all'indomani della revisione dei Patti
lateranensi. In un acceso dibattito parlamentare dell'aprile
1985 sulla legge che istituiva il Fondo edifici di culto,
l'allora deputato radicale aveva fatto mettere agli atti
l'interminabile elenco dei palazzi posseduti dagli enti
ecclesiastici nella sola città di Roma per dare la
consistenza reale dei beni della Curia.
E rovesciare così quella visione di una confessione
«poverella» che aveva spinto la Dc ad accollare allo Stato
mille miliardi di lire (dell'epoca) di spese l'anno, per il
mantenimento dei luoghi adibiti a culto. Poi Rutelli
è diventato sindaco, e con la pioggia di finanziamenti
pubblici arrivata con il Giubileo del 2000, 3.500 miliardi
di lire per parcheggi e sottopassi, restauri di cappelle e
palazzi, ristrutturazioni edilizie e nuovi alloggi per
pellegrini, ha dato il suo contributo all'ulteriore
espansione terrena della Chiesa.
Quattrocento istituti di suore, 300 parrocchie, 250 scuole
cattoliche, 200 chiese non parrocchiali, 200 case
generalizie, 90 istituti religiosi, 65 case di cura, 50
missioni, 43 collegi, 30 monasteri, 20 case di riposo,
altrettanti seminari, 18 ospedali, 16 conventi, 13 oratori,
10 confraternite, sei ospizi. Sono quasi 2 mila gli enti
religiosi residenti nella Capitale, e risultano proprietari
di circa 20 mila terreni e fabbricati, suddivisi tra città e
provincia.
Un quarto di Roma, a spanne, è della Curia. Partendo dalla
fine di via Nomentana, all'altezza dell'Aniene, dove le
Orsoline possiedono un palazzo di sei piani da oltre 50 mila
metri quadri di superficie, mentre le suore di Maria
Ripatrarice si accontentano di un convento di tre piani; e
scendendo a sud est per le centralissime via Sistina e via
dei Condotti, fino al Pantheon e a piazza Navona, dove
edifici barocchi e isolati di proprietà di confraternite e
congregazioni si alternano a istituzioni come la Pontificia
università della Santa Croce.
E ancora, continuando
giù per il lungotevere e l'isola Tiberina, che appartiene
interamente all'ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio.E
poi su di nuovo per il Gianicolo, costeggiando il Vaticano
fino sull'Aurelia Antica dove si innalza l'imponente Villa
Aurelia, un residence con 160 posti letto, con tanto di
cappella privata e terrazza con vista su San Pietro, che fa
capo alla casa generalizia del Sacro Cuore.
È tutto di enti religiosi. Un tesoro immenso che si è
accumulato nei decenni grazie a lasciti e donazioni: più di
8 mila l'anno scorso nella sola area di Roma città. Ma non
c’è solo la Capitale. La Curia vanta possedimenti cospicui
anche nelle roccaforti bianche del Triveneto e della
Lombardia: a Verona, Padova,Trento. Oppure a Bergamo e
Brescia, dove gli stessi nipoti di Paolo VI, i Montini, di
mestiere fanno gli immobiliaristi.
«Il 20-22% del patrimonio immobiliare nazionale è della
Chiesa», stima Franco Alemani del gruppo Re, che da sempre
assiste suore e frati nel business del mattone. Senza
contare le proprietà all’estero. «A metà degli anni ‘90 i
beni delle missioni si aggiravano intorno ai 800-900
miliardi di vecchie lire, oggi dovrebbero valere dieci volte
di più», osserva l’immobiliarista Vittorio Casale,
massone conclamato che all’epoca era stato chiamato dal
cardinale Jozef Tomko a partecipare ad un progetto di
ristrutturazione del patrimonio di Propaganda Fide, il
ministero degli Esteri del Vaticano.
Dicevamo del cardinale Nicora. Legatissimo
ad Angelo Caloia, il banchiere del Mediocredito centrale che
si è fatto interprete del rinnovamento dello Ior dopo il
crack dell'Ambrosiano, Nicora è stato per tutti gli anni '90
«assistente spirituale e stimolatore» di un ristretto
cenacolo milanese, il gruppo Cultura Etica e Finanza, nato
per «porre a confronto il cattolicesimo col travolgente
imporsi del primato economico-finanziario», come ha scritto
Giancarlo Galli nel suo informatissimo libro sulla Chiesa e
il capitalismo (Finanza bianca, 2004).Arrivato al vertice
dell'Apsa, Nicora ha cercato di fare ordine nel portafoglio
immobiliare della Santa Sede, con le stesse logiche dei
banchieri da lui frequentati.
(...) Scoperto con il Giubileo, il fenomeno del turismo
religioso si è conquistato l’attenzione crescente delle alte
sfere della Chiesa. Intorno a questo nuovo business si è
sviluppata l’Opera romana pellegrinaggi di monsignor Liberio
Andreatta, cui fa capo l’agenzia viaggi Quo Vadis. Insieme
al gruppo Cit la Santa Sede aveva anche messo a punto un
progetto molto ambizioso per creare a Pietrelcina, il luogo
natio di Padre Pio, un polo turistico religioso, con 76
milioni di investimenti: poi la crisi dell’operatore viaggi
ha fermato tutto. Ma che il settore sia in crescita lo
dicono le cifre: in tutto il paese si contano circa 3.300
case per ferie gestite da enti religiosi, con un giro
d'affari annuo stimato in 4,5 miliardi, e 200 mila posti
letto.
Di questi 5 mila sono a Roma, città che solo a Pasqua
registra più di 600 mila pellegrini. Oltretutto il calo
delle vocazioni ha svuotato abbazie e monasteri, che sono
più di 2 mila in tutta Italia, e questo proprio mentre gli
ordini venivano chiamati a rispondere ad una nuova
razionalità economica. È un boom che ha moltiplicato i
cantieri per trasformare antichi conventi e collegi
religiosi in case di accoglienza e veri e propri alberghi,
soprattutto nella Capitale.
E così un palazzo del
Borromini di proprietà delle suore Oblate di Santa Maria dei
Sette dolori in Trastevere si avvia a diventare un hotel con
62 camere. Sempre a Trastevere è già in funzione il San
Giuseppe di vicolo Moroni, mentre il Collegio gregoriano
di via San Teodoro, che s'affaccia sul Palatino, verrà dato
in gestione a terzi dopo la riconversione.
È una febbre edilizia che finora è stata gestita con
riservatezza da pochi intermediari di fiducia, primo tra
tutti il gruppo Re, Religiosi ed ecclesiastici, di Vincenzo
Pugliesi e Franco Alemani. Una realtà nata più di vent'anni
fa, con lo slogan «non dannatevi per vendere un convento»,
che si è specializzata nella compravendita e
ristrutturazione di beni ecclesiastici e oggi ricava
dall'attività con ordini e congregazioni una trentina di
milioni l'anno (su un fatturato complessivo di 55 milioni).
«La prima richiesta che ci arriva», spiega il vicepresidente
Alemani, «è vendere sempre dando la prelazione alla Chiesa».
È per questo che sono bandite le aste mentre a dirigere la
controllata cui fa capo il business religioso, la Re spa, è
stato chiamato di recente l'erede di una delle famiglie che
contano in Spagna, Antonio Fraga Sanchez. I
primi acquirenti di beni della Curia sono proprio loro, il
Santander e il Bilbao, da sempre a braccetto con il
potentissimo Opus Dei.
BENI IMMOBILI
All'incirca il 20-22% del patrimonio immobiliare italiano fa
capo alla Chiesa. Un quarto di Roma è intestato a diocesi,
congregazioni religiose, enti e società del Vaticano. Solo
le proprietà che fanno capo a Propaganda Fide (il «ministero
degli Esteri» del Vaticano che coordina l'attività delle
missioni nel mondo) ammontano a 8-9 miliardi.
Negli ultimi due anni il Vaticano ha cominciato a fare
trading immobiliare, vendendo beni per quasi 50 milioni. Nel
2006 a Roma si sono registrate più di 8 mila donazioni di
beni immobiliari, in provincia sono state 3.200. Il doppio
rispetto a una città come Milano. Il più grande
intermediario immobiliare che lavora con la Chiesa, il
gruppo Re spa, realizza da questa attività circa 30 milioni
di fatturato.
PATRIMONI
Il patrimonio gestito dallo Ior, la banca del Vaticano, e
l'Apsa, sfiora i 6 miliardi.
TURISMO
In tutta Italia si contano 200 mila posti letto gestiti da
religiosi, con 3.300 indirizzi, tra case per ferie, hotel,
centri di accoglienza per pellegrini. il giro d'affari è
stimato in 4,5 miliardi.
In tutto il paese si contano più di 2 mila monasteri e
abbazie. A Roma sono 5 mila i posti letto ufficialmente
disponibili in ex conventi e collegi religiosi. Il giro
d'affari del turismo religioso nella Capitale è stimato
intorno ai 150 milioni di euro.
fonte
Dagospia